L’Ordine dei Biologi e il glifokiller

Con questo nome, Glifokiller, la rivista mensile dell’Ordine dei Biologi parla di glifosato nel numero di luglio. La copertina è tutta un programma:

Glifokiller dell’erba o dell’uomo?

Alterazioni significative dello sviluppo sessuale e del microbioma intestinale: uno studio “pilota” dell’Istituto Ramazzini rilancia l’allarme sull’uso del glifosato. Ed è ora che il governo prenda contromisure.

Se un giornale normale avesse fatto quel titolone mi sarei detto “Eh vabbè, l’Istituto Ramazzini non è nuovo ad allarmismi, avrà mandato un comunicato stampa che i giornali hanno ripreso tale e quale”. Ma questo non è un normale giornale, è il mensile edito dall’Ordine nazionale dei Biologi, deve essere una testata che si occupa di corretta informazione scientifica, quel titolo è una bestemmia. Ma poi mi fermo un secondo, guardo anche il resto di quella copertina e mi accorgo che oltre al Glifokiller in copertina c’è un’altra perla non da poco:

Vaccini

Il mio dubbio

di  Luc Montagnier

Quello stesso Luc Montagnier che dopo aver vinto il Nobel e superato gli ottant’anni ha deciso di prendere una deriva antiscientifica, appoggiando omeopatia e altre amenità. Quello stesso Luc Montagnier sfruttato dalle comunità antivacciniste di mezzo mondo.

Che le sue parole trovino spazio su blog dediti alla pseudomedicina è un conto, ma che siano sulla copertina della rivista ufficiale dell’Ordine dei Biologi onestamente mi lascia allibito. La divulgazione scientifica è una cosa seria, che va fatta con criterio. Io non sono davvero nessuno per parlare di scienza, e come spiego sempre cerco di attenermi a quelle che sono le indicazioni dell’Organizzazione Mondiale della Sanità. Posso capire che testate scientifiche si rifacciano a studi magari nuovi, non ancora presi in considerazione dalla comunità scientifica nella sua interezza. Ma sui vaccini il dubbio di Montagnier è già stato trattato più volte, e sul glifosato, fino a oggi, non esistono studi confermati che ne certifichino la pericolosità. In quarant’anni di uso del prodotto studi che ne abbiano dimostrato la tossicità non sono arrivati, mentre invece da quando è scaduto il brevetto, di colpo, si è cominciato a parlare della sua tossicità e di come sarebbe sensato metterlo al bando. A nessuno viene in mente che forse qualcuno ha interesse che ciò accada? Mettere al bando un prodotto che oggi può essere usato nei composti preparati da qualsiasi azienda senza dover più pagare royalties e diritti (cosa che, quindi, rende di fatto il prodotto finale economico) per sostituirlo con qualcos’altro.

Ma sono io che sono molto malizioso.

Per completezza vi rimando a una lunga intervista al divulgatore scientifico dott. Donatello Sandroni, apparsa su TPI, di cui vi riporto solo una piccola parte:

Ci sono davvero delle controversie riguardo al fatto che il glifosato causi o meno il cancro all’interno della comunità scientifica?

La IARC classifica gli agenti fisici e le sostanze in quattro gruppi distinti in base alla probabilità intrinseca di portare a un tumore.

Il gruppo 2B mostra che magari ci sono risultati nelle cavie ma non nell’uomo. Finisci nel gruppo 2A, che contiene il glifosato ma anche le carni rosse, se ci sono alcune timide evidenze epidemiologiche.

Quando le evidenze epidemiologiche sono solide l’agente finisce nel gruppo 1: sicuramente cancerogene. È lì che stanno l’alcool, il fumo, i raggi UV, i raggi gamma, l’amianto.

Il glifosato è finito nel gruppo 2A per via di alcuni studi ampiamente criticati dal resto della comunità scientifica.

Uno studio epidemiologico contava sette persone: quattro esposte al glifosato e tre no. Metti che a uno di questi quattro viene un linfoma non Hodgkin [un tumore maligno che origina dai linfociti]. Il 25 per cento del tuo campione statistico ora ha il linfoma non Hodgkin.

C’erano studi con venti persone, altri con quindici persone… o altri erano indagini su agricoltori che usavano una dozzina di prodotti attivi e sostanze diverse. Come fai a dire che è colpa del glifosato se a uno viene la leucemia?

Il lavoro più grosso che è stato fatto dal punto di vista epidemiologico l’ha fatto il National Cancer Institute americano che peraltro è l’istituzione in cui lavora anche Aaron Blair, che è anche il chairman del gruppo di lavoro della IARC che ha lavorato sul glifosato.

Lì hanno valutato 55mila agricoltori, il loro stato sanitario rispetto a una dozzina di tumori diversi focalizzandosi soprattutto sul linfoma non Hodgkin, che è quello che la IARC avrebbe individuato come rilevante. Ma non è emerso nulla.

Hanno passato a setaccio 55mila agricoltori americani e non esiste tra loro un’incidenza diversa da quella nazionale. Quindi il glifosato non è incidente né sul linfoma non Hodgkin né su un’altra decina di tumori.

Ma questo studio, ahimé, è rimasto nel cassetto e non si è mai capito perché. Essendo Aaron Blair del National Cancer Institute e avendo in mano quello studio da due anni, perché non l’ha sottoposto all’attenzione del resto del gruppo della IARC? Era il chairman!

L’ha tenuto lì, ed è venuto fuori solo quando, durante un processo a Monsanto, lui sotto giuramento ha dovuto dire come testimone “è vero, ce l’avevo nel cassetto da due anni e non l’ho mai pubblicato”. Però non si è mai capito perché. Non si capisce perché lo studio più robusto, solido e innocentista non è stato tirato fuori.

Non credo sia necessario aggiungere altro.

Off Topic: titolare in copertina “la SEXI tartaruga” è dimostrazione pratica che la testata non fa neppure una revisione delle bozze di quanto mandano in stampa…

maicolengel at butac punto it
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