L’Unione Sovietica e Muhammad Ali

Il fact-checking di un post virale sui social

Sono svariate le pagine e i profili social che, nell’ultimo periodo, hanno rilanciato in rete un testo che parla di Russia e porta la firma di Mohamed Alì.

In italiano il testo che ci è stato segnalato nei giorni scorsi è questo:

“Non ho visto neanche un mendicante per le strade dell’Unione Sovietica. Non mi sono mai sentito così sicuro senza il rischio di essere derubato.

Mi è stato detto che non c’era libertà di religione nell’Unione Sovietica, ma in realtà i musulmani, cristiani ed ebrei pregano liberamente.
Credo che le relazioni tra la nostra gente siano cattive a causa della propaganda bugiarda…, ho corso di mattina in luoghi sconosciuti dove la gente non aveva mai visto un uomo nero.
Sono passato di corsa con due donne russe che stavano andando a lavorare. Non si sono guardate intorno e non hanno chiesto cosa stessi facendo.
Non posso correre la mattina in alcuni quartieri bianchi americani. Se mi vedono correre, si chiedono chi voglio rubare.
In Unione Sovietica correvo fino a sera, passavo tra i russi e non mi guardavano nemmeno, non si chiedevano perché ci fosse un uomo nero che correva lì.”
Mohamed Ali

Il nome

La prima cosa che alcuni segnalano è che (a dire loro) il nome del campione di boxe sarebbe scritto nella maniera sbagliata, ma in realtà MohammedMohamedMuhammad sono tre trascrizioni diverse dello stesso nome, che si può scrivere in svariate altre maniere, ma resta sempre lo stesso nome d’origine araba.

La verità storica

A noi, però, quello che interessa di più è sapere se il campione di pugilato abbia per davvero pronunciato quella frase. Per scoprirlo dobbiamo tornare indietro al 1978, quando si stava preparando per le olimpiadi estive del 1980.

A maggio del 1978 l’ambasciatore sovietico negli Stati Uniti propose di invitarlo in Unione Sovietica, poiché Alì, da convertito alla religione musulmana, aveva espresso la curiosità di visitare l’Uzbekistan, regione perlopiù popolata appunto da musulmani. Alì visitò Tashkent, Samarcanda e Bukhara, dove fu accolto in maniera ospitale dagli abitanti. Infine tornò a Mosca dove ebbe un incontro amichevole con i pesi massimi sovietici (un incontro a porte chiuse, solo su invito), e infine fu ricevuto al Cremlino dove ebbe un incontro della durata di circa venti minuti con Leonid Breznev. Al suo ritorno in patria, queste sono le parole che usò nel raccontare la sua esperienza:

I’m very impressed by a meeting with Leonid Brezhnev. I find it hard to find the words… I am a simple American boxer, but I was honored to meet Mr. Brezhnev. I used to hear that the Russians are always threatening Americans, but I am convinced that this is not true. Brezhnev is a supporter of world peace.

Che tradotto:

Sono molto colpito dall’incontro con Leonid Brezhnev. Trovo difficile trovare le parole. Sono un semplice pugile americano, ma sono stato onorato di incontrare il signor Brezhnev. Ho sentito dire che i russi minacciano sempre gli americani, ma sono convinto che non sia vero. Breznev è un sostenitore della pace nel mondo.

Le sue parole, quelle vere

E durante la conferenza stampa nel giugno del 1978, subito dopo il suo ritorno in patria, queste furono le parole di Alì, da cui evidentemente deriva quel testo che tanti stanno facendo circolare oggi:

It’s hard to believe, that such a peaceful country wants war. And Brezhnev, I never thought he was such a quiet and calm person. It is difficult to imagine that he can be the person who would start a war. I have not seen a hitchhiker on the road, and I have not seen a single beggar on the streets of Soviet Russia. I had never felt so safe: no risk of being robbed. I was told that there is no freedom of religion in the Soviet Union, but Muslims, Christians and Jews worship freely here. I think the relationship between our people is bad just because of false propaganda. I was a little nervous when I landed in Russia. I thought I’d see the country in ruins, with a crowd of gloomy people who think like robots, and intelligence agents, who would follow my every step. Instead, I saw a country populated by a hundred nationalities, who are living together in harmony. I saw only one policeman, who was carrying no weapons. There is no crime, no prostitutes and no homosexuals.

Che tradotto:

È difficile credere che un paese così pacifico voglia la guerra. E Breznev, non avrei mai pensato che fosse una persona così tranquilla e calma. È difficile immaginare che possa essere la persona che potrebbe iniziare una guerra. Non ho visto un autostoppista per strada e non ho visto un solo mendicante per le strade della Russia sovietica. Non mi ero mai sentito così al sicuro: nessun rischio di essere derubato. Mi è stato detto che non c’è libertà di religione in Unione Sovietica, ma qui musulmani, cristiani ed ebrei praticano la propria religione liberamente. Penso che il rapporto tra la nostra gente sia pessimo solo a causa della falsa propaganda. Ero un po’ nervoso quando sono atterrato in Russia. Pensavo di vedere il paese in rovina, con una folla di persone cupe che pensano come robot e agenti dei servizi segreti, che avrebbero seguito ogni mio passo. Invece ho visto un paese popolato da cento nazionalità, che convivono in armonia. Ho visto un solo poliziotto, che non portava armi. Non c’è criminalità, né prostitute né omosessuali.

In grassetto la parte che è effettivamente riportata, un pelo parafrasata, nel testo che viene fatto circolare ora. Il resto è invenzione dei giorni nostri. Curioso che sia stato rimosso quell’ultimo particolare, quello sugli omossessuali. E che sia stata aggiunta tutta quella parte sul fatto che non si sia sentito vittima di razzismo. Alì era in visita ufficiale, accompagnato dal suo entourage in un Paese che all’epoca viveva di questo tipo di propaganda.

Il turismo

Il turismo in Unione Sovietica viene promosso da tempo, il governo aveva anche aperto una sua specifica agenzia turistica, chiamata Intourist, tuttora operativa. E tramite la stessa agenzia ben 170 milioni di turisti hanno potuto vedere l’Unione Sovietica tra il 1956 e il 1985. Ma non si era liberi di girare come faremmo oggi andando in vacanza in un Paese libero, no, si doveva accettare di essere sempre accompagnati da una guida/traduttore. Guida/traduttore che come succede in Corea del Nord aveva il compito di mostrare solo quello che il governo voleva che i turisti vedessero. Come appunto le strade pulite, senza code nei negozi, esistono svariate fonti che raccontano di come fossero le cose, anche in italiano.

Purtroppo anche oggi si fa propaganda, per cui negli ultimi anni alcune fonti sono state rimosse, ma ne ho trovata una che racconta nel dettaglio del turismo in Lettonia.

Libertà religiosa

Sulla religione, invece, basterebbe cercare di fare un minimo di approfondimento storico per scoprire che, fino a Breznev, in Unione Sovietica la situazione non era delle migliori per nessuno dei movimenti religiosi citati. Guarda caso è considerato il primo Paese a professare l’ateismo di stato. Dall’avvento dell’Unione Sovietica fino all’inizio della Seconda Guerra Mondiale chiese, moschee e sinagoghe vennero distrutte o adibite ad altro uso. Su Wikipedia è possibile trovare più pagine dedicate al tema:

La scelta di usare Wikipedia non è stata fatta perché la riteniamo a prescindere una fonte sempre affidabile, ma semplicemente perché in queste tre pagine la raccolta delle fonti è esaustiva per chi volesse approfondire ulteriormente.

La polizia

Difficile vedere poliziotti (politsiya) in un Paese che ha ricominciato a usare quel termine solo nel 2011, mentre dal 1917 si è sempre usato il termine militsiyaE la militsyia era la parte ufficiale della Polizia di stato, quella che si usava negli uffici passaporti o per regolamentare il traffico, le liti e poco più. In caso servissero forze speciali si usava il KGB, la polizia segreta dell’Unione Sovietica, di cui ha fatto parte anche Vladimir Putin. In un Paese dove se osavi dire qualcosa di diverso dalla linea ufficiale del governo rischiavi il carcere o, peggio, i lavori forzati in posti ameni come la Siberia, non serviva che tutte le forze dell’ordine fossero armate.

I mendicanti per strada

Come spiega Elena Zubjova nel suo saggio del 2013:

At first glance, begging would appear to have been a minor aspect of everyday life in the Soviet Union, but close examination of this phenomenon uncovers the nature of relations between individuals and the mechanisms of social engineering.

In pratica, come spiega Zubjova, i mendicanti esistevano ma erano invisibili, per molteplici ragioni. I senzatetto e i mendicanti venivano accusati di essere parassiti per la società e venivano spediti in regioni impervie e remote dove erano obbligati a soggiornare per cinque anni. Questo perché dal 1951 è stato emanato un decreto chiamato in inglese da Zubjova “On the Means of Combatting Anti-Social Elements and Parasites”. Insomma è abbastanza normale quanto (non) visto da Muhammad Alì. Ma non significa che non ci fossero mendicanti, bensì che venivano regolarmente nascosti, come la polvere sotto al tappeto.

Disabili

I disabili, come i mendicanti, non venivano lasciati liberi di circolare nell’Unione Sovietica di Breznev, spero possa bastare l’introduzione al saggio di Sarah D. Philips del dipartimento di Antropologia dell’Università dell’Indiana, dal titolo:

“There Are No Invalids in the USSR!”: A Missing Soviet Chapter in the New Disability History

Che comincia con questo aneddoto documentato:

During the 1980 Olympic games in Moscow, a Western journalist inquired whether the Soviet Union would participate in the first Paralympic games, scheduled to take place in Great Britain later that year. The reply from a Soviet representative was swift, firm, and puzzling: “There are no invalids in the USSR!” (Fefelov 1986).

Che tradotto:

Durante i giochi olimpici del 1980 a Mosca, un giornalista occidentale chiese se l’Unione Sovietica avrebbe partecipato ai primi giochi paraolimpici, programmati per svolgersi in Gran Bretagna nello stesso anno. La risposta di un rappresentante sovietico fu rapida, ferma e sconcertante: “Non ci sono invalidi in URSS!”

Per chi volesse, su Russia Beyond trovate altro materiale.

Omosessuali

È vero che nel 1917 l’omosessualità, che in Unione Sovietica fino a quel momento era considerata un crimine, veniva decriminalizzata. Ma dal 1933, sotto Stalin, le cose cambiavano di nuovo, con una nuova criminalizzazione, durata tra alti e bassi fino al 1993. Quindi è abbastanza normale che Alì, musulmano contrario ai diritti LGBT, non vedesse omosessuali per strada: quelli che lo erano si nascondevano e mimetizzavano tra gli altri per paura di finire in galera, o peggio in Siberia.

Le olimpiadi di Mosca del 1980

La cosa che manca al racconto ripetutamente condiviso è che nel 1979 Muhammad Alì tornò a parlare di USSR, stavolta i toni però non erano gli stessi dell’anno prima. Perché Alì fu ingaggiato dall’allora presidente degli Stati Uniti Jimmy Carter per una campagna che aveva lo scopo di boicottare le olimpiadi di Mosca del 1980, a seguito dell’invasione dell’Afghanistan da parte dell’esercito sovietico.

Concludendo

Il post che viene fatto circolare è un abile mix di parole realmente pronunciate da Alì e di altre aggiunte, non è ben chiaro da chi, allo scopo evidente di rendere l’Unione Sovietica un luogo ancor più paradisiaco di quanto Alì avesse fatto con la sua reale testimonianza, già condizionata dalle varie montature che lo aspettavano durante la sua visita. Quello che è interessante è notare come quel testo circoli almeno dal 2020, in più lingue, come se tante pagine social diverse zone del mondo si fossero messe d’accordo per lanciare un post di malinformazione.

maicolengel at butac punto it

Se ti è piaciuto l’articolo, sostienici su Patreon o su PayPal! Può bastare anche il costo di un caffè!
Un altro modo per sostenerci è acquistare uno dei libri consigliati sulla nostra pagina Amazon, la trovi qui.