Noa: eutanasia o suicidio?

A inizio settimana sono stati tantissimi i giornali che hanno riportato la notizia di una ragazza olandese di 17 anni che avrebbe fatto ricorso all’eutanasia per una incurabile depressione causata da due violenze sessuali che aveva subito in ancor più giovane età.

Non commento le parole che ho letto sui tanti giornali italiani, dove soggetti di vario genere si sono sperticati, a prescindere, in difesa della vita senza aver fatto lo sforzo di verificare alcunché.

Sempre ieri, però è uscito anche un post di Marco Cappato che racconta una storia decisamente diversa da come l’abbiamo vista riportare dai giornalisti italiani:

L’Olanda ha autorizzato #eutanasia su una 17enne? FALSO!!!
I media italiani non hanno verificato. L’Olanda aveva RIFIUTATO l’eutanasia a #Noa. Lei ha smesso di bere e mangiare e si è lasciata morire a casa, coi familiari consenzienti. Si attendono smentite e SCUSE.

La ragazza secondo tutti i giornali olandesi si è lasciata morire di fame e d’inedia a casa sua, nel salotto di casa, circondata da amici e parenti. A dicembre aveva spiegato che dopo l’ennesimo rifiuto da parte delle autorità sanitarie a concederle l’eutanasia avrebbe fatto da sola. Non si sentiva in grado di resistere fino ai 21 anni, quando avrebbe potuto fare una nuova richiesta.

Io ho due figli, un bimbo e una bimba, per ora piccoli, non so come ci si sente ad avere un figlio adolescente, non so come si possa stare all’idea che un figlio decida di porre fine alla sua vita. Certo avrei fatto di tutto per cercare di capire, per cercare di farle cambiare idea.  Se cercate le foto della povera Noa (no, io non ve le metto qui, dovreste esser capaci da soli di fare ricerche) potrete notare come la ragazza si stesse evidentemente già facendo tanto male da sola. Entrambe le sue braccia sono piene di profonde cicatrici, tagli, segni evidenti di un dolore immenso. La sua sofferenza era così tanta da spingerla a mutilarsi da sola, e non in maniera leggera.

Sono tanti quelli che, comodamente seduti di fronte ai loro computer, hanno passato le ultime 48 ore a esternare il proprio disappunto per la vicenda. Ho letto di persone che “le avrei letto poesie per farle passare la tristezza”… come se le poesie fossero una medicina contro la depressione. Ma probabilmente chi scrive cose del genere non hai mai visto un depresso in vita sua, anzi facile che sia di quelli che quando sentono qualcuno che ammette di soffrire di depressione cercano di tirarlo su con frasi del tipo: “perché sei depresso? esci suvvia che ti diverti” a dimostrazione della profonda ignoranza su una materia così delicata.

Non servono altre parole, non devono servire, servirebbero delle scuse come spiega Marco Cappato, ma sono purtroppo sicuro che non arriveranno mai: i pochi giornali che si sono resi conto d’aver sbagliato non hanno smentito i fatti, hanno solo corretto il tiro cambiando titoloni e testi degli articoli, perché ammettere l’errore non è cosa che piaccia molto ai giornalisti o ai politici italiani.

maicolengel at butac punto it
Se ti è piaciuto l’articolo, sostienici su Patreon o su Paypal! Può bastare anche il costo di un caffè!