Operazioni con la luce del telefono

SCIALITICA

Il 22 agosto il Corriere del Mezzogiorno pubblica un articolo su alcune foto scattate in una sala operatoria dell’ospedale “Santa Caterina Novella” di Galatina. Il personale sanitario denuncia infatti la mancanza della lampada scialitica della sala operatoria in questione, guasta da quattro anni e mai sostituita, che li costringe a operare i pazienti utilizzando la torcia del telefonino per illuminare le aree su cui stanno lavorando. La notizia fa il giro del web, viene ripresa da numerosissime testate online e, mi dicono, approda anche a Studio Aperto.
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Il problema è che, ovviamente, la notizia per come è stata riportata è un gravissimo caso di disinformazione. Già il Corriere scrive:

non è dato sapere se i pazienti finiti sotto i ferri siano stati informati preventivamente del fatto che la grande lampada fissa che serve ai chirurghi per operare nelle migliori condizioni possibili era guasta e che, di conseguenza, gli interventi si sarebbero svolti con l’illuminazione, per così dire, di riserva, irraggiata da una scialitica portatile, l’unica fornita dall’ospedale in sostituzione di quella guasta.

Si parla quindi di una scialitica portatile, che per quanto per l’appunto non fissa risponde a precisi criteri sanitari:

L’illuminazione prevista dalla normativa per il campo operatorio – prosegue la nota – è ricompresa tra i 10mila e i 100mila lux, valori rispettati dai controlli recenti anche dalla scialitica mobile che, fra l’altro, è certificata dal costruttore per 105mila lux.

La nota di cui si parla è quella diffusa da Giovanni Gorgoni, responsabile della Asl in questione, pubblicata da LeccePrima lo stesso giorno, 22 agosto:

“Dagli ultimi rapporti di ingegneria clinica (maggio 2015) l’illuminazione del campo operatorio nelle tre sale dell’ospedale di Galatina risulta abbondantemente nella norma. Due delle tre sale sono dotate di scialitica fissa a soffitto e una terza sala di scialitica mobile in sostituzione di quella fissa guasta da tempo.”

Questo ovviamente non migliora la situazione della lampada rotta da quattro anni e mai sostituita, ma i controlli e le indagini che vengono auspicati (non che si voglia sospettare una strumentalizzazione, ma guarda caso c’è già una parte politica che attacca l’altra, che dovrebbe essere responsabile della scandalosa situazione…) ci sono già stati pochissimi giorni fa, come sottolinea lo stesso Gorgoni e come riporta anche il Corriere:

Nelle scorse settimane la Asl ha disposto una verifica straordinaria delle sale operatorie di tutti gli ospedali della provincia di Lecce. I controlli sono stati affidati al Servizio di igiene pubblica «per garantire la sicurezza dei pazienti e degli operatori, indipendentemente dagli investimenti che dovessero eventualmente rendersi necessari», aveva spiegato la direzione generale dell’Asl per bocca del manager Giovanni Gorgoni, annunciando l’iniziativa. Le ispezioni dell’Asl sono scattate in seguito alla richiesta di intervento dei carabinieri dei Nuclei antisofisticazione e sanità (Nas) di Lecce avanzata dalle organizzazioni sindacali preoccupate per le condizioni di sicurezza nelle sale operatorie salentine.

Quello che però il Corriere dimentica di riportare, pur citando Gorgoni, è che questi controlli hanno portato a evidenziare “modeste criticità”, come riportato invece da TGcom24; considerando il taglio dell’articolo, immagino che la considerassero una prova a sostegno della loro tesi, ma dubito fortemente che tra esse possa essere compresa la necessità di operare facendosi luce con la torcia di un telefonino. Come sottolineato da tutte le testate, infatti, questa situazione sarebbe eccezionalmente grave, altro che modesta!
E per ultimo, veniamo alle foto:
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Dice il Corriere:

Le foto scattate in sala operatoria durante un’operazione sono eloquenti. La mano di un assistente dell’équipe chirurgica sostiene un apparecchio telefonico portatile che proietta un fascio luminoso sul paziente. Sul fatto che il telefonino venga utilizzato per illuminare la zona del corpo su cui si esegue l’intervento non ci sono dubbi, tant’è che sul display del cellulare è bene evidente il simbolo della torcia attivata.

Le foto scattate sono talmente eloquenti da risultare assurde. Sul display del cellulare è ben evidente il simbolo della torcia, solo che l’angolazione e la distanza dalla sede dell’operazione sono tali da impedire un’illuminazione davvero utile al chirurgo (la luce partirebbe addirittura da dietro la spalla di chi sta operando), ma non lo sono affatto per mostrare all’obiettivo della macchina fotografica (o di un secondo telefono) appunto la torcia accesa sul display del cellulare. Mi pare ben più grave che i chirurghi ritengano di poter lavorare efficacemente con una strumentazione del genere; perché da quattro anni non si rifiutano di operare a tali condizioni e preferiscono invece introdurre oggetti del genere in una sala sterile, mettendo a repentaglio la salute dei pazienti? La prassi e la deontologia professionale vogliono che un’operazione chirurgica non cominci nemmeno, se non vengono ravvisate le condizioni necessarie per operare in sicurezza.
Gorgoni, dunque, ipotizza una provocazione:

“Quello che invece mi preoccupa e su cui ho chiesto una inchiesta rapida è la presenza di telefonini in sala operatoria ma soprattutto la riportata consuetudine di condurre interventi chirurgici con la luce dei cellulari, tanto più che l’ospedale dispone di altre due sale sottoutilizzate. Legge e deontologia professionale esigono che l’intervento chirurgico neanche inizi se qualunque operatore ravvisi o sospetti che il paziente non sia in sicurezza, anche contro i rapporti ufficiali. Andremo a fondo ma vorrei sperare che si sia trattato di una irresponsabile provocazione.”

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So già quello che state per dire: il responsabile della Asl ammetterebbe un torto del genere, se davvero una lampada fosse guasta da quattro anni e i chirurghi fossero costretti ad operare con un oggetto non sterile a pochissima distanza dalla sede di un’operazione chirurgica? Probabilmente no, ma il personale sanitario davvero opererebbe con un oggetto non sterile a pochissima distanza dalla sede di un’operazione chirurgica? Io credo di no, e difatti il cellulare nelle foto è a enorme distanza dal paziente, considerando che dovrebbe illuminare efficacemente il bisturi e le mani del chirurgo. È più probabile invece che il personale sanitario abbia deciso di scatenare un putiferio che avrebbe attirato l’attenzione della stampa sulla loro situazione, per quanto ancora legale, tutt’altro che ideale: immagino che usare una lampada di emergenza per quattro anni non sia il massimo della comodità, ma a quanto pare non è a rischio l’incolumità dei pazienti e, oltretutto, a quanto riporta la Asl all’interno dell’ospedale di Galatina ci sono altre due sale operatorie attive e corredate di tutta l’attrezzatura standard: voglio quindi augurarmi che se davvero la situazione nella sala operatoria incriminata fosse stata così grave il personale sanitario si sarebbe rifiutato di utilizzarla, dirottando le operazioni sulle altre sale.
noemi at butac.it