Palù, il vino e la difesa del fatturato

Un'intervista in cui Giorgio Palù parla di scienza citando proverbi latini, detti del Cinquecento, la nostra cultura artistica, letteraria, musicale e ovviamente la fonte più inconfutabile di tutte: la Bibbia

Su Libero Quotidiano è stato pubblicato un’intervista a Giorgio Palù, presidente del CdA di AIFA, intervista in cui Palù fa specifiche affermazioni che troviamo riportate da diverse testate. Sfruttiamo i virgolettati di Palù riportati da Open visto che l’intervista da cui sono tratti non è ancora disponibile online. L’articolo di Open titola:

Giorgio Palù e il vino che provoca il cancro: «Dirlo così non è scienza. È tutta una questione di dosi»

L’articolo si limita a riportare in forma acritica alcune frasi di Palù sulla questione etichette sul vino e salute. Purtroppo le dichiarazioni di Palù sono la dimostrazione pratica che dell’argomento si parla senza aver fatto alcun approfondimento.

Vediamo insieme i vari virgolettati riportati:

Si fa un gran parlare di scienza medica senza riconoscere i limiti intrinsechi e i valori di certi studi osservazionali. Lo abbiamo visto con il Covid, con le suggestioni predicate negli ambienti no-vax e con certe affermazioni sugli effetti dannosi del vino.

La prima cosa da sottolineare è che solo in Italia si parla di studi sul vino: nel resto del mondo – e in maniera corretta – si fa riferimento a studi sull’alcol. Nessuno infatti sta demonizzando il vino, si tratta di considerazioni su qualsiasi genere di alcol, e sono decenni che sappiamo che l’etanolo che l’alcol contiene (tutto l’alcol) è una sostanza classificata nella categoria a più alto rischio cancerogeno, esattamente come non è la sigaretta a essere pericolosa ma i due elementi – nitrosonornicotine e metylnitrosamino – che contiene. Sentir parlare Palù di COVID, onestamente, è cosa che vorremmo evitare.

E con la birra Irlandese come la mettiamo? Alcol per alcol? Mi pare ci stiamo suicidando di politicamente corretto, inseguiamo totem e pregiudizi individuali che ci creiamo senza fondamenti scientifici e sui quali poi ostinatamente ci riconosciamo rinnegando perfino la nostra storia e le nostre tradizioni. Dimentichi dei doveri, sacrifichiamo diritti universali a diritti individuali, che poi diventano emblemi di discriminazioni.

Questa frase è la perfetta dimostrazione che Palù della questione alcol e etichette è assolutamente a digiuno, e che parla perché gli fa piacere vedersi citato sui giornali. La birra irlandese avrà l’etichetta, esattamente come ce l’avranno i whisky irlandesi e inglesi, la birra tedesca e la vodka russa, perlomeno finché questi acolici sono quelli per il mercato interno dell’Irlanda. La questione etichette non parte dal vino, ma dalla richiesta dell’Irlanda all’UE di poter apporre su tutti gli alcolici degli avvertimenti che spieghino i pericoli dell’alcol – tutti i pericoli, che non sono solo quelli legati ai tumori – su tutti gli alcolici.

L’Irlanda ha deciso di fare questa richiesta perché ha ritenuto preoccupante l’aumento del consumo di alcol visto durante la pandemia in un Paese dove già ci sono svariati problemi legati all’alcolismo. Il governo irlandese ha deciso che era venuto il momento perlomeno di fornire capillarmente alla popolazione quelle informazioni già note da anni alla comunità scientifica, che però per difesa del fatturato del settore si evitava di diffondere nella maniera corretta.

Dice ancora Palù:

…combattere il vino è un po’ come disconoscere la nostra storia, le basi della nostra cultura artistica, letteraria, musicale perfino quell’identità religiosa per cui il vino si trasforma in momento di comunanza umana e in simbolo di trascendenza divina.

Disconoscere la nostra storia? Le basi della nostra cultura artistica? Dottor Palù, ma è sicuro che stiamo ancora parlando di questioni scientifiche? Il dubbio aumenta quando leggiamo l’altro virgolettato:

Noè sul monte Ararat piantò le viti; con le barbatelle i romani hanno civilizzato il mondo, visto che i campi dove coltivarle erano il premio ai legionari valorosi. Che il vino possa nuocere alla salute è una questione di dosi. Esso contiene, oltre all’alcol, alcuni preziosi elementi nutrizionali dotati di effetti farmaceutici benefici per esempio anti-ossidanti, antonciani, fenoli, resveratrolo, vitamine che proteggono dai radicali liberi, le molecole che generano infiammazione e a lungo termine il cancro.

Nessuno nega che nel vino siano contenuti anche gli elementi citati da Palù, ma anche su questo sono anni che la scienza si è espressa, spiegando che nelle dosi in cui si consuma il vino quegli elementi hanno scarsi effetti benefici sul corpo.

Spiegava a gennaio la dottoressa Mariann Piano al New York Times:

L’idea che una bassa dose di alcol fosse salutare per il cuore probabilmente è nata dal fatto che le persone che bevono piccole quantità tendono ad avere altre abitudini sane, come fare esercizio fisico, mangiare molta frutta e verdura e non fumare.

Il problema sono i tanti effetti negativi che invece l’etanolo ha sul nostro corpo, effetti di gran lunga superiori a quelli positivi, come riportato dalla stessa dottoressa Piano in uno studio del 2017.

E arriviamo all’ultimo virgolettato riportato da Open:

…alcuni studi sostengono che dopo i trent’anni un paio di bicchieri di rosso al giorno fanno bene: guardiamo al paradosso francese, bevono e mangiano formaggi eppure campano a lungo. Paracelso (Teofrasto von Hohenheim), ai primi del 500, diceva che tutte le cose contengono veleno, l’effetto nocivo dipende solo dalla quantità. Il vivere sano impone moderazione in tutte le nostre azioni. In medio stat virtus. Gli studi che attaccano il vino, giudicandolo letale anche in piccole quantità, sono osservazionali, non hanno la dignità scientifica di studi controllati, prescindono, causa pregiudizi di selezione, da elementi cruciali come lo stile di vita, l’alimentazione, il fumo, la massa corporea, la predisposizione genetica. Necessitano anni perché il cancro insorga. Stiamo attenti quando lanciamo strali in nome della scienza, la battaglia al vino mi ricorda quella ai vaccini.

Citare detti del Cinquecento, modi di dire latini, “alcuni studi”: tutto questo non è scienza, ma storytelling in difesa del fatturato del settore enologico. Appare evidente a noi che parliamo della materia da mesi come tutti questi interventi siano frutto della specifica richiesta della lobby che difende gli interessi dei produttori di vino. Appare triste che a fare questa difesa siano soggetti che dovrebbero essere votati alla scienza, quella fatta non di opinioni e citazioni semicolte, ma di dati replicabili e studi approfonditi. Palù nell’intervista parla più volte di “studi osservazionali” perché evidentemente ha scelto di non voler approfondire la materia, ma noi ci teniamo a ripetere per l’ennesima volta che non sono studi osservazionali a certificare che non esiste dose sicura per il consumo di alcolici. Sono tantissimi, e di tanti tipi, gli studi che spiegano la pericolosità dell’alcol in tutte le sue forme, e a spiegare perché sarebbe giusto che il consumatore avesse tutte le informazioni necessarie a fare scelte consapevoli su quanto consumarne e quando consumarlo.

Invece interviste come quella di Palù a Libero Quotidiano suonano ogni giorno di più come gli spazi redazionali comprati sui giornali negli anni Sessanta per difendere le sigarette da quell’alone di “prodotto pericoloso” con cui i cattivoni della FDA volevano marchiarle, anche all’epoca per colpa degli ancor più cattivi studi scientifici.

Vorrei che fosse chiaro a tutti: le sigarette sappiamo con certezza che sono pericolose da molti decenni eppure non sono state vietate, si è scelta la strada del consumo informato. Perché non si può fare lo stesso con gli alcolici? Fatevele due domande, e magari sulla base delle risposte che vi date deciderete il livello di affidabilità di persone come Palù.

In chiusura voglio condividere un video con voi, video che io ho apprezzato molto, ma che mi è stato segnalato invitandomi a trattarne i contenuti: chi l’ha fatto non si è reso conto che il video riporta le cose esattamente come da mesi le stiamo spiegando anche noi.

 

Nel caso il dottor Palù ci legga e sia interessato ad approfondire la materia riportiamo alcuni testi sul tema:

Abbiamo evitato la pagina dell’OMS che certifica che non esiste livello sicuro di consumo alcolico perché immaginiamo che Palù la conosca.

redazione at butac punto it

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