Parente asintomatica che occupa posto letto

Giornalismo, social network e verifiche

Mi avete segnalato un articolo apparso su una testata cartacea, credo – ma non ne sono sicuro – si tratti de La Prealpina, testata storica di Varese e dintorni. Nella versione online non ho trovato traccia dello stesso articolo.

Titolo:

Mia parente positiva e asintomatica ma le fanno occupare un posto letto

L’articolo ci racconta questa storia tramite le parole di Matteo Sabba, che riporta senza fare nomi questa vicenda surreale. Io ovviamente senza nomi di parenti e strutture ospedaliere coinvolte non posso fare molto per verificare i fatti. Ma ci sono alcuni elementi della storia che la rendono decisamente ambigua, il più importante è la frase finale con cui si conclude l’articolo:

Gli ospedali prendono soldi per ogni paziente COVID ricoverato e se li tengono stretti

Frase che a detta del giornalista che firma l’articolo viene in seguito alle dichiarazioni (non verificate e senza fonti, come già dicevamo ieri) di Bertolaso in un intervista a Libero Quotidiano. Nell’articolo viene detto:

Guai a chiamarlo negazionista ma Matteo Sabba getta un’ombra scurissima su quella che sarebbe la gestione dell’emergenza.

Il racconto riportato nell’articolo è facile da riassumere. Sabba sostiene che una sua parente senza alcun sintomo (e che non presentava stati febbrili) sarebbe ricoverata in reparto COVID in quanto positiva al tampone. Sabba sostiene che un medico gli avrebbe detto che la parente ha difficoltà respiratorie, ma la parente al telefono avrebbe negato questo elemento. Sabba insinua quindi che la parente sia trattenuta per i soldi di cui sopra, i famosi duemila euro a paziente di Bertolaso. Fermiamoci un secondo. Io giornalista che ricevo una testimonianza del genere, pur rispettando la privacy, dovrei chiedere un qualche modo per fare le mie verifiche. Anche soltanto un telefono della parente con cui parlare. E invece appare chiaro che nulla è stato chiesto.

Io come vi ho detto non posso fare altro che rilevare un’assoluta mancanza di dati, e una bufala che è quella dei duemila euro per ogni ricoverato per COVID, per il resto fosse vera una storia del genere andrebbe denunciata facendo nomi e cognomi di struttura e medici. Ma quello che vorrei evidenziare è che in realtà gli ospedali non sono le patrie galere.

Come spiega la Legge per Tutti:

E’ sempre cosa buona e giusta seguire il consigli del medico, ma quando – per qualsiasi motivo – si vuole tornare a casa o andare in un’altra struttura ospedaliera, chi è ricoverato in ospedale ed è in grado di intendere e di volere ha il diritto di chiedere e di ottenere le dimissioni. Dovrà, comunque, firmare una dichiarazione in cui:

motivi la sua decisione;

si prenda eventuali responsabilità derivanti dal suo gesto contrario a quanto disposto dal personale sanitario.

In questa dichiarazione ci dovrà essere anche il parere contrario del primario alle dimissioni.

Tuttavia, anche se non d’accordo, il primario non può trattenere chi è ricoverato in ospedale contro la sua volontà: rischia un illecito penale che va dal reato di minaccia a quello di sequestro di persona.

Quindi la parente di Sabba e la sua compagna di stanza basta che chiedano le dimissioni, firmino il foglio che solleva i medici e se ne vadano dalla struttura. Tutte cose che un giornalista dovrebbe sapere prima di riportare un’intervista/denuncia come quella di cui stiamo parlando.

Ma è evidente che qui nessuno ha fatto la benché minima domanda, nessuno ha tentato di approfondire, si è solo pubblicato quanto ricevuto. Onestamente non è questo il giornalismo che mi piace. Ma evidentemente dalle parti di Busto Arsizio sono di bocca buona.

Non credo di poter aggiungere altro.

maicolengel at butac punto it

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