Il pesto peggio del McDonald’s?

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Se siete arrivati qui da Facebook vi starete chiedendo il perché di quella immagine bizzarra che non spiega nulla. Soprattutto negli ultimi giorni, un sacco di persone stanno commentando gli articoli senza averli minimamente letti. Succede spesso in verità, lo sappiamo che una dose di commenti inutili o fuori luogo fa parte del “gioco”, ma quando anche dopo le spiegazioni si rimane di coccio significa che l’articolo non lo si è nemmeno scorso, neanche un’occhiata veloce, quantomeno. 

Il meme che mettiamo a inizio articolo e che vedete su Facebook è solo un aiuto, un’anteprima dell’argomento e serve a far capire il tema – bufala, sensazionalismo, precisazioni e così via – ma se non leggete l’articolo non lo si può né capire né avere argomenti per commentarlo. Alcuni non leggono neanche il testo del meme che nel suo piccolo può già dare a volte le risposte che cercate. Certamente non possiamo farvi capire a forza e non è necessario avere la stessa opinione per costruire un dialogo, ma almeno aver letto quanto scriviamo potrebbe rendere il tutto più semplice.
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La carissima Thunderstruck, sicuramente presa da un moto di orgoglio, questa mattina condivide un link ad un articolo de Il Messaggero sul pesto che mi ha molto colpito per professionalità e pacatezza. Un pezzo di ottimo giornalismo e moderata critica:

Dopo il prosecco altre accuse dall’Inghilterra: “Pesto alla genovese più dannoso per i bambini di un hamburger di McDonald’s”

Prima di commentare ecco i punti salienti dell’articolo:

Con alto sprezzo del ridicolo, i più cinici maltrattatori della pasta, i più irrispettosi produttori di improbabili condimenti, adesso se la prendono con una delle principali salse italiane: il pesto alla genovese. L’accusa è pesantissima e punta al cuore delle mamme e dei papà: in Inghilterra, si legge nel Telegraph, una ricerca ha stabilito che per i bambini una porzione di pesto è peggio – tenetevi forte – di un hamburger di McDonald’s.

A parte l’abominio del paragone (sotto ogni punto di vista: non risulta che di queste polpette abbia mai scritto Virgilio che 2.000 anni fa già citava una leccornia come il Moretum, antenato del pesto poi decollato nel 1800 dalla Liguria per conquistare il mondo), l’affronto nasce dal presunto contenuto di sale di questa salsa.

Per rispetto della sua lunga storia, il marchio non merita di essere citato, ma nelle due versioni di pesto esaminate, che sono poi le più vendute in Inghilterra (sempre chissà perché), gli inglesi hanno trovato un eccesso di sale: addirittura, sostengono, ce n’è più del doppio che nelle noccioline. E, altra accusa, nelle etichette non ci sono chiari avvisi, previsti dalla normativa inglese, di questa abbondanza di sale e persino di grassi saturi.
Vabbé, cari inglesi, condite pure la pasta con le arachidi

Io immagino che in ogni redazione italiana esista una specie di campanello rosso come quello dei Ghostbusters: ogni volta che ci si imbatte in un articolo che “parla male della cucina italiana” una segretaria all’ingresso corre verso il pulsantone sul muro e parte l’allarme:

La Mozzarella Police entra in gioco e bisogna difendere i prodotti italiani. Poi in realtà si sta parlando di prodotti presenti solo sul mercato inglese, ma un passo alla volta. Come da tradizione – non mi stancherò mai di ripeterlo, comunque – non c’è il link a nulla, né all’articolo incriminato del Telegraph né al comunicato né ai dati. Per quello ci siamo noi. Il Telegraph non è l’unico ad aver messo in risalto il paragone con la catena di fast-food americana. Questo il loro titolo:

Pesto pasta worse for children than a McDonald’s hamburger, salt campaigners warn

Per assurdo il titolo del Telegraph è quello più preciso tra quelli che hanno deciso di inserire nel titolo il paragone con l’hamburger di McDonald’s, perché mette subito in risalto chi starebbe facendo questa affermazione. È ovviamente una furbata, un metodo che viene spesso utilizzato da parte dei giornali inglesi: usare una frase a effetto ma indicare subito chi lo ha detto, sgravandosi da eventuali colpe e contemporaneamente attirando l’attenzione del lettore. Non voglio difendere i giornali inglesi, missione impossibile, ma fare un approfondimento per capire di che cosa si sta parlando, oltre ovviamente scherzare sull’articolo de Il Messaggero.

Differentemente da quanto scritto dal giornalista italiano non si tratta né di un “abominio” né di un “affronto”, bensì di un confronto tra pesto di varie marche, e non tra la cucina italiana e i panini americani. Chi ha fornito i dati è la Consensus Action on Salt and Healthgruppo supportato da 25 specialisti che si batte per la riduzione dell’assunzione di sale nella dieta degli inglesi. Il focus dello studio, condotto confrontando 75 diversi prodotti in vendita in Gran Bretagna, era di verificare quanto sale fosse presente nei condimenti e confrontarli con le rilevazioni del 2009. A quanto pare in UK il consumo di sale è un problema, e spero che tutti i lettori sappiano che assumerne troppo nella dieta può portare a seri problemi di salute; ma molte aziende non stanno rispettando i parametri fissati per il 2017.

A popular choice among parents, pesto is often given to young children – making it an even bigger contribution towards their salt intakes as the maximum daily recommended intake is much lower for children. In the long term, this could increase a child’s risk of developing high blood pressure, strokes and heart attacks later in life.

Pesto is often added to sandwiches, pizzas, meat, fish and pasta dishes alongside other salty ingredients, which can push up the total salt content of meals to over 50% of your maximum daily recommended intake. For example, a pesto, ham and cheese toastie could provide you with over 3g salt.

Hanno deciso di concentrarsi sul pesto perché è un condimento molto popolare, piace molto ai bambini e viene usato molto come condimento anche in pietanze già ricche di sale, aggravando quindi la situazione. Lo studio non ha lo scopo di mettere a confronto il pesto con i panini dei fast-food, ma usa il paragone con l’hamburger del McDonald’s per far risaltare ancora di più il dato:

Top of the list is Sacla, the current bestselling pesto brand, with their Italia Organic Vegetarian Pesto No.5 Basil and Italia Pesto No.1 Classic Basil. Both contain an alarming 3.30g salt per 100g, which is 30% saltier than seawater, and contain 2.5 times more salt per 100g than salted peanuts! What’s even more disappointing is the salt levels in both of these pesto products have actually INCREASED since last surveyed in 2009 and now contain over 1.5g of salt per serve – more than a McDonald’s Hamburger.

I pesti della Sacla – il marchio lo diciamo senza problemi, questi prodotti NON sono venduti in Italia, i dati sono pubblici e non sono gli unici additati – contengono fino a 3.3g di sale per 100g, risultando il 3% più salato dell’acqua di mare e più del doppio delle arachidi salate. Rispetto ai dati del 2009 la quantità è addirittura aumentata e contengono più sale per porzione di un hamburger.

Il confronto con l’hamburger è fatto apposta per dare risalto alla quantità di sale che secondo loro risulta essere eccessiva, e un modo per far passare il messaggio è confrontarlo con prodotti che sono famosi per contenerne troppo, come arachidi e hamburger, prodotti considerati non ideali per una dieta equilibrata.

Alcuni giornali inglesi hanno fatto quello che, purtroppo, fanno anche i giornali da noi: estrapolato la parte che serviva ad attirare i lettori e costruire uno “scandalo” per gonfiare la storia. La cosa comica è che il Telegraph usa due titoli sulla carta stampata con tenore completamente diverso: “Pesto pasta saltier than McDonald’s” e “Healthy pesto pasta can have more salt than a hamburger”mentre per la versione online ha usato il titolo che abbiamo visto sopra. Non so dirvi poi cosa ci sia scritto, magari l’articolo è uguale, ma è la dimostrazione che il trucco del titolo a effetto funziona in tutti i paesi per attirare i click. Come spesso accade buona parte del giornalismo inglese non ne esce benissimo, ma non è che quello italiano possa proprio dare lezioni a qualcuno.

Per riassumere trovate qui la pagina dello studio col comunicato, qui i dati e qui i titoli della stampa inglese con tutti i link.

I giornali inglesi sono famosi per cercare il vespaio, di fare polemica anche dove non dovrebbe esserci, ma lo scopo dello studio non è di criminalizzare il pesto o la cucina italiana, bensì di informare i consumatori e soprattutto di tirare le orecchie all’industria alimentare. Quello che riesce a fare l’articolo italiano invece è di risultare quasi comico, intraprendendo una crociata a difesa della cucina italiana, crociata inutile e inefficace ma tutto sommato divertente. Per quanto poi Virgilio possa aver cantato le lodi del Moretum, questo non conteneva basilico, nel passato considerato pianta pericolosa e negativa, e non penso venisse acquistato al supermercato nei barattoli.

Riassumendo possiamo dedurre che si può copiare tranquillamente dai tabloid inglesi tranne quando gli articoli parlano di prodotti di tradizione italiana e che se non mangi la pasta non capisci niente, ma se la mangi e la condisci come ti pare non capisci niente lo stesso.

Ricordatevi di amare col cuore, ma per tutto il pesto di usare la testa.

neilperri @ butac.it
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