La poesia di Gibran, o era Ibsen…

...no, forse è di Osho

Se non si fosse capito ogni occasione è valida per evitare di parlare di COVID-19, tanto là fuori ormai siete tutti espertissimi d’ogni cosa, a poco serve il nostro aiuto. In compenso agogniamo ogni segnalazione che ci può aiutare a trattare temi diversi. Oggi partiamo con una di quelle che ci piacciono sempre tanto, le classiche citazioni improbabili.

Manuela difatti ci manda un testo che sta venendo condiviso su svariate bacheche (anche amici miei l’hanno sfruttata) e che gira con almeno due firme diverse. La poesia è questa:

Dicono che un fiume prima di gettarsi in mare provi un tremito di paura.

Si volta indietro e vede,in un colpo d’occhio,tutto il suo cammino:
i picchi, le montagne,
il lungo percorso sinuoso attraverso la foresta,
i villaggi, le case, la gente
….e davanti a sè vede un oceano tanto grande che entrarvi non rappresenta altro che
scomparire per sempre.
Ma non c’è alternativa.
Il fiume non può più tornare indietro.
Deve rischiare ed entrare nell’oceano
Ed è solo quando entra nell’oceano che la paura scompare, solo allora si rende conto
che non si tratta di scomparire nell’oceano ma di DIVENTARE oceano
Da un lato è scomparire,dall’altro è rinascere.
Così è la vita:non si può più tornare indietro,ma solamente andare avanti ed avere il coraggio di diventare oceano.

Della stessa si trova anche la versione in inglese:

It is said that before entering the sea
a river trembles with fear.

She looks back at the path she has traveled,
from the peaks of the mountains,
the long winding road crossing forests and villages.

And in front of her,
she sees an ocean so vast,
that to enter
there seems nothing more than to disappear forever.

But there is no other way.
The river can not go back.

Nobody can go back.
To go back is impossible in existence.

The river needs to take the risk

of entering the ocean
because only then will fear disappear,
because that’s where the river will know
it’s not about disappearing into the ocean,
but of becoming the ocean.

Manuela che ce la segnala mi chiede come sia possibile capire di chi sia, visto che cercandola su Google la si trova attribuita da tantissimi, a Kahlil Gibran, ma anche Ibsen, e anche un generico “anonimo”. Il metodo che vi vado a raccontare è quello che mi sono inventato da autodidatta. Gibran oltre all’inglese ha scritto anche in arabo, e quindi ho tradotto piccoli pezzi della poesia in arabo, lo stesso ho fatto per Ibsen, traducendo in norvegese. In norvegese ho trovato altri condividere il testo attribuendolo a Gibran, quindi scarto dalla lista Ibsen. A questo punto ho cercato le parti di testo in arabo, trovando solo una citazione tra il 2000 e il 2021. Troppo poco. Oltretutto nei tantissimi luoghi in cui viene attribuita a Gibran non viene mai menzionata la raccolta al cui interno dovrebbe trovarsi, un testo, un anno, nulla.

A quel punto mi sono concentrato sulla versione inglese, che è ovviamente la più diffusa. E mi sono messo a cercare il testo anno dopo anno. Prima del 2008 della citazione in inglese non si trova traccia in rete. Il 17 dicembre 2008 la poesia viene caricata sulla pagina di Goodreads dedicata a Osho, oltretutto con un tag molto specifico: misattributed-to-kahlil-gibran. Su Goodreads a differenza delle altre attribuzioni viene anche dato il titolo di un testo: Beyond Enlightenment, testo che raccoglie alcuni dei discorsi di Osho. Non ho il libro per verificare e non ho intenzione di acquistarlo. Quello che mi viene da dire è che la poesia sicuramente non è di Ibsen, come non è di Gibran, sarebbe tutto molto più documentato.

Che sia di Osho? Possibile, ma onestamente il soggetto lo trovo talmente odioso che non m’importa.

maicolengel at butac punto it

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