L’ordine dei giornalisti e gli esposti

LOCATISENTENZA

Tanto tempo fa in una galassia lontana… no scusate questo è l’incipit della mia nuova sceneggiatura. Ricominciamo.

Qualche tempo fa su Butac avevo portato alla vostra attenzione alcuni articoli di una giornalista/blogger del Giornale: Gioia Locati. La prima volta che parlammo di lei era il 2013, Butac aveva aperto i battenti da pochissimo tempo e subito mi veniva segnalato un articolo che mi fece venire i capelli bianchi.

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L’articolo a cui facevo riferimento era del 2012, ma poco importava, nel complesso diceva solenni sciocchezze, e l’intervistato era un furbacchione di quelli pericolosi. Giusto per capirci, la signora Locati intervistava un signore che si definiva medico e che sosteneva di curare con il Metodo di bella sia in Africa che in Italia. Una veloce ricerca sul signore in questione (tal Domenico Biscardi) mi portava alle conclusioni che non fosse proprio un medico iscritto all’ordine. E difatti in Italia il caro Biscardi medico non è.

Non ero proprio l’unico ad essersi accorto della cosa, e difatti La Stampa ad Aprile 2014 (sei mesi dopo il mio primo articolo) pubblicava un pezzo dove evidenziava che:

Domenico Biscardi, 46 anni, di Caserta. Si laurea a stento in farmacia a quasi quarant’anni ma nel suo curriculum si spaccia per medico anatomo patologo, nonché internista, con studi condotti alla seconda Università di Bologna e a New York. Titoli che affianca a quelli di ispettore di Polizia e istruttore di arti marziali. Nel 2005 viene arrestato per associazione a delinquere e riciclaggio e sempre in quegli anni sbarca a Capoverde, dove sposa l’avvenente Dilma Dos Santos. Parte vendendo acque minerali, poi mette piede nella clinica di Murdeira dell’isola di Sal, dove inizia a dispensare a piene mani la «cura Di Bella». Biscardi esercita abusivamente la professione anche in Italia, prima che i Carabinieri facciano irruzione nel suo studio di patologia anatomica a Caserta, sequestrando pacchi di ricette fotocopia della fantomatica cura anticancro.”
Un giornalista, Ilario D’Amato si era anche lui accorto di queste incongruenze, e si era mosso su Twitter chiedendo lumi alla diretta interessata e all’Ordine presso cui la stessa era iscritta. I fatti erano chiari a tutti eccetto alla Locati, che insisteva nell’esser stata corretta nei suoi articoli, peccato non avesse fatto la benché minima verifica su quanto aveva pubblicato. D’Amato dopo qualche botta e risposta su Twitter proseguiva il suo percorso verso la verità e la verifica dei fatti con un esposto nei confronti della signora Locati che veniva presentato all’ordine presso cui lei è iscritta. Questo a Giugno 2014.
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Nel frattempo il mio articolo su Biscardi veniva letto, e lui molto carinamente mi faceva notare che questo danneggiava la sua immagine, come spiegavo a Settembre 2014. Svariate mail, qualche commento su Facebook, Biscardi m’intimava a rimuovere tutto quanto riguardasse la sua persona da Butac:
mi rivolgo ai gestori del sito .. dato che ci son o ingiurie , nei miei confronti … , enormi falsita’ riportate , critiche gratuite senza alcun riscontro .. uso improprio di mie foto , vignettaggio con scritte denigratorie sulla mia immagine .. e chiare allusioni offensive e violazione della privacy ed indaggine su dati personali .. per altro sbagliati.. vi consiglio di darmi il nome di chi ha posato l’articolo la fine di agire legalmente contro di lui e comunque contro di voi perche’ corresponsabili con il soggetto .. ribatto solo su una cosa in italia ci vengo in vacanza non ci lavoro ne mi interessa lavorarci .. .. mi occupo di ricerca e sviluppo medico scientifico .. e non ho nessuna rendita , ne prendo soldi .. quindi non ho il dovere di essere iscritto a nessun albo malgrado le mie due lauree e le specializzazioni ..
Oltre alle mail arrivano anche affettuosi messaggi su Facebook:
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Le minacce sono velate, ma non poi così tanto:
Tu non sai con chi hai a che fare .. stai molto attento a quel che dici .. io ti ribasico che non gradisco tuoi apprezzamenti, tuoi vignettaggi, tuoi post che mi riguardano ..
Tutti i nodi vengono al pettine.. e tu ci sei vicino .. io non sono vannoni ne di bella ne simoncini .. … afferra il concetto .. ti saluto con tanto affetto ….
Questo il soggetto che la Locati difendeva a spada tratta, un personaggio che non disdegna la minaccia, quasi fisica. Complimenti, questo si che è un soggetto da usare per dare suggerimenti medici ai propri lettori.
Ma per fortuna alla lunga, per merito di Ilario D’Amato e del suo esposto è arrivato almeno a dire qualcosa in via ufficiale alla cara Locati. Almeno per farle capire che se vuole usare organi d’informazione per spacciare fuffa è il caso che stia attenta.
Si ci sono voluti quasi due anni, ma l’esposto di Ilario è arrivato finalmente al traguardo e una sentenza è stata emessa.
La sentenza che potete trovare sulla pagina FB di Ilario è la seguente:
La giornalista Locati ha sottolineato che l’articolo segnalato dall’esponente si inserisce in un lavoro molto più ampio da lei realizzato avente ad oggetto la cura Di Bella. Questa circostanza non costituisce a parere di questo Consiglio una giustificazione. Va innanzitutto rilevato che il giornalista deve rispondere del contenuto di ogni articolo singolarmente preso perché il lettore non è tenuto a conoscere altri articoli scritti dal giornalista sul medesimo argomento, ma può formare la propria opinione anche solo attraverso la lettura di un singolo pezzo.
Al di là di questa considerazione, nel momento in cui Gioia Locati scriveva i numerosi articoli dedicati alla cura Di Bella, la cura Di Bella era già stata definitivamente bollata come non valida dall’Istituto superiore della sanità dopo una attenta sperimentazione. Il semplice fatto di avere deciso di dedicare a tale terapia un così ampio lavoro, dando visibilità ad alcuni pareri medici contrari alla cura, ma anche ad alcune opinioni favorevoli, costituisce a parere di questo Consiglio un modo discutibile di fare giornalismo.
Il lettore, specialmente se malato e quindi maggiormente disposto a credere a qualunque prospettiva di guarigione, viene indotto a ritenere che la cura Di Bella possa essere efficace – anche se categoricamente bocciata a seguito della sperimentazione – e, in ipotesi, persino ad affidarsi ad essa piuttosto che a cure effettivamente valide.
Pertanto, nel momento in cui il giornalista vuole tornare a parlare di una cura dichiarata non efficace dall’Istituto superiore della sanità ha il dovere di ricordare al lettore tale bocciatura. Diversamente il semplice fatto che la cura trovi ancora spazio sui giornali induce il pubblico ad attribuirle credibilità. Dunque, già l’intero lavoro della giornalista Locati sulla cura Di Bella è tale da suscitare più di una perplessità.
Quanto all’articolo oggetto del presente procedimento esso presenta più di un aspetto critico.
Nel dare la notizia che la cura Di Bella è utilizzata con successo si sceglie di intervistare il dottor Domenico Biscardi che nell’articolo viene definito medico e che medico, invece, non è. Domenico Biscardi, infatti, è laureato in farmacia. Nell’articolo, tuttavia, egli viene definito come “medico e farmacista”. Sul punto la giornalista Locati si è difesa dicendo che Domenico Biscardi è comunque abilitato a svolgere la professione sanitaria a Capo Verde perché in tale Paese vigono regole diverse rispetto a quelle italiane. Anche ammesso che Biscardi possa esercitare la professione medica a Capo Verde, va rilevato che l’articolo si apre con la seguente frase: “Sei mesi l’anno fa il medico volontario a Capo Verde, a Mundeira. Gli altri sei lavora a Caserta”. Il lettore non può che capire che Biscardi fa il medico per sei mesi a Capo Verde e per sei mesi in Italia e che, dunque, egli è abilitato all’esercizio della professione medica nel nostro Paese. Nel resto dell’articolo si possono leggere, ancora, frasi come “medici che come lui hanno scelto di andare a lavorare dove ci sono più malattie che cure”, “Ho fatto per anni il volontario in Kenya, affiancando i veterani bravi chirurghi come Roberto Faccin” inoltre alla domanda “Anche a Caserta lei applica il metodo Di Bella?” Biscardi risponde “Sì, lì ho tutti i documenti clinici che provano la regressione del cancro”. Dunque Gioia Locati presenta Domenico Biscardi come medico che lavora “sia in Africa, sia in Italia”. Egli, però, medico non è. Il fatto che egli non abbia neppure i titoli per esercitare la professione mina alle basi la scelta di intervistare proprio lui per riabilitare un metodo di cura che l’Istituto superiore della sanità ha clamorosamente bocciato.
Di fronte alla ufficiale dichiarazione di infondatezza della cura operata dal più alto organo competente in materia sanitaria del nostro Paese non può essere certo un farmacista a sostenere che si tratta, invece, di un metodo efficace.
L’articolo, inoltre, non ricorda in alcun modo che la terapia Di Bella è stata bocciata, ma ne parla come si trattasse di una cura normalmente praticata, non solo a Capo Verde, ma anche in Italia (“Anche a Caserta lei applica il metodo Di Bella? Sì”).
Il lettore è, dunque, indotto a ritenere che la cura Di Bella venga ordinariamente praticata sia in Italia, sia all’estero con grande successo anche in casi gravi e quasi incurabili come il cancro al fegato delle dimensioni di tre centimetri per due e mezzo, come si legge nell’intervista e che essa costituisca validissima alternativa alla chirurgia, come nel caso della giovane donna con tumore all’utero al terzo stadio.
Non solo, l’articolo cita anche il nome di uno specifico complesso, lo iodopovidone (comunemente commercializzato come Betadine) affermando che con esso si ottengano ottimi risultati nell’uccidere le cellule maligne. Dunque l’articolo descrive come ottima, ed in alcuni casi quasi miracolosa, una cura bocciata dalla sperimentazione e dall’Istituto superiore della sanità affidandosi alle dichiarazioni di un farmacista che dice di utilizzare il Betadine per combattere le cellule tumorali. Appare evidente il rischio che l’articolo faccia sorgere speranze infondate nei malati inducendoli a rifiutare la soluzione chirurgica o le più pesanti cure offerte dal servizio sanitario nazionale per cercare effetti miracolosi nei disinfettanti sulla base delle dichiarazioni di Domenico Biscardi, il quale non può essere considerato una autorevole fonte scientifica.
P.Q.M. il Consiglio ravvisa la responsabilità di Gioia Locati per i fatti a lei contestati e, tenuto conto delle ragioni che hanno indotto la giornalista ad affrontare le tematiche delle malattie oncologiche, ritiene sanzione adeguata l’avvertimento.

Ilario è felicissimo soddisfatto per la sentenza, io avrei sperato in qualcosa di più, ma è un segnale, un segnale che se questa gente la si denuncia ai rispettivi ordini forse prima o poi anche le redazioni saranno obbligate a stare più attente a quanti pubblicano semplificando il nostro lavoro di verifica dei fatti.

La cosa che mi lascia lievemente scosso è che la cara Locati, invece che fare “mea culpa” dalle stesse pagine del Giornale, il giorno dopo il giorno prima la sentenza in essere pubblicava quest’articolo qui:

Gli studi che danno ragione a Di Bella

Dove continua il panegirico sul Metodo Di Bella. Non una parola su quanto le è stato notificato, Non una riga che almeno spieghi d’aver raccontato roba infondata quando parlava del “dott” Biscardi. NULLA, lei va avanti come se nulla fosse.

Io fossi un lettore del Giornale davvero mi arrabbierei, e invece evidentemente sono tutti così assuefatti da non dire nulla. Ma il direttore sa bene della sentenza, e speriamo prima o poi decida di prendere i dovuti provvedimenti.

Un suggerimento in chiusura. Se state male, se avete bisogno di consigli medici, rivolgetevi ad uno specialista in un ospedale pubblico, se un parere non vi basta sentite un altro specialista, ma sempre prima di aver verificato le sue credenziali. Se chi vi sta dando suggerimenti non è iscritto all’albo allontanatevi subito. E magari denunciatelo.

Se invece è iscritto ma i suoi pareri vanno contro tutto quello che sapevate della vostra malattia, beh prima di procedere in qualsiasi terapia alternativa sentirei il parere di altri ancora.

Ma una cosa da tenere bene a mente, i giornalisti nel 99% nella stragrande maggioranza dei casi non sono medici, non capiscono nulla di medicina, sono interessati solo a tirare su lettori, poco conta la fondatezza di quanto riportino. Poi ci sono persone come Ilario, che mi fanno tornare la passione per quello che era il mio sogno di bambino!

Ocio alla penna!

maicolengel at butac.it

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