Le quote latte, la frutta e la verdura

quote-latteUNIONE

“E questa da dove salta fuori? Nessuno di noi ha segnalato nulla in merito! Non è una bufala il fatto che esistano le Quote Latte nei paesi membri dell’Unione Europea! STAI TRASFORMANDO QUESTO SITO IN UN GIORNALINO POLITICO, LE BUFALE NON C’ENTRANO PIÙ NULLA!!! DIFENSORE DELLE BANCHE NAZISTE!!!”
E be’, se partite così, che ve ne parlo a fare…? Questo post non è rivolto ad alcuna bufala e vorrebbe accendere lo spirito della discussione.
In molti post bufalari e/o anti-UE mi capita spesso di vedere riferimenti alle fantomatiche quote latte. Si tratta di gente che le cita come dimostrazione di quanto l’Unione Europea faccia male all’Italia… ma siamo sicuri che questa gente abbia bene in mente il concetto di cosa siano le quote latte? Quando, da chi e perché sono state introdotte? 
Personalmente, ne ho discusso anche con gli amici, e mi sono reso conto che la disinformazione sull’argomento dilaga. Nessuno che non lavori nel settore  sa di cosa si trattino, e con questa confunsione in testa riportano le dichiarazioni dei politicanti anti-Unione Europea spacciandole per fatti.
Sia chiaro: neppure io sono un esperto, dunque potrei commettere errori nelle mie considerazioni, ma i dati e le normative sono quelle riportate qui di seguito e l’articolo viene dalla mia modestissima analisi.
Senza puntare il dito, vi riporto una frase estrapolata da una discussione avvenuta online qualche giorno fa.

MA LO CAPISCE ANCHE UN BAMBINO che quando firmi trattati che IMPONGONO PER ESEMPIO LE QUOTE LATTE poi siamo costretti il latte in eccedenza A BUTTARLO

La frase è poco concludente, come spesso capita; all’autore sono venute a mancare alcune parole, ma poco importa, perché “l’importante è capirsi” (A. Palazzeschi). Al commento era linkato un video che però non parlava precisamente di “quote latte”, ma di frutta e verdura. Ci arriveremo dopo, ma per il momento rimaniamo sul pezzo.

La storia parte da lontanissimo, come anche la ragione per cui all’inizio si fece molta cagnara in merito. Le quote latte furono istituite nell’ormai lontano 1984 – sì, avete letto bene, 1984, mica ieri l’altro. E ancora ne discutiamo. Perché quote fisse? Ogni volta che mi trovo a discutere con qualcuno, mi accorgo che la motivazione è quella d’imporre, secondo loro, importazioni dall’estero per aiutare altri paesi.
Ma stiamo scherzando?!

Milk quotas were first introduced on 2 April 1984 under the Dairy Produce Quota Regulations 1984, which reflected the then European Economic Community (now the European Community)’s Common Agricultural Policy.[Notes 1] Originally they were to run until 1989, but they have been extended several times, and now will endure until at least 31 March 2015.[1][2] Each member of the European Economic Community was allowed to produce dairy products up to a cap, which was based on each state’s 1981 production, plus 1%.[3] The cap was designated the “reference quantity”. A levy to the EEC was due on production in excess of the reference quantity.
che tradotto:
Le quote latte sono state introdotte il 2 aprile 1984 con il Regolamento sulle quote di prodotti latticini del 1984 che rifletteva la politica agricola comune dell’allora Comunità economica europea ( oggi Comunità europea). Originariamente dovevano cessare di esistere nel 1989, ma sono state estese a più riprese , il prossimo termine è il  31 marzo 2015. Ad ogni membro della Comunità economica europea è stato permesso di produrre prodotti  lattiero-caseari fino ad una quota , basata sulla produzione del 1981 più 1 % .  Il valore della quota è stato designato il ” quantitativo di riferimento ” . Un dazio alla  CEE era dovuto sulla produzione in eccesso rispetto al quantitativo di riferimento.

L’idea delle quote latte è dunque antecedente all’Unione Europea ed è in uso da allora. La ragione delle quote era finalizzata a evitare una sovrapproduzione con conseguente abbassamento del prezzo sul mercato del prodotto stesso.
Una delle motivazioni di lamentela – corretta, aggiungerei – è che le quote hanno assunto un valore economico: un pezzo di terra che ha delle quote da produrre può rivenderle ad altri, di altro stato, che produrranno quelle quote che non vuole o non può produrre lui. Questa situazione è probabilmente dovuta a una lacuna legislativa, ma ai fini del prodotto e del calmieramento del prezzo cambia poco o nulla. Il problema è che chi produce troppo latte deve pagare dazio all’Unione Europea, e anche qui c’è qualcosa che non va. Il dazio da pagare sulle quote in eccesso era introdotto all’inizio in un ottica di controllo prezzi – “tu produci di più e rischi di far abbassare il prezzo, quindi io ti obbligo ad un dazio perché il latte che hai prodotto in eccesso costi sul mercato come l’altro, non di meno: ho alzato artificiosamente i tuoi costi”.
In realtà questo dazio non è stato applicato fino al 2002 ed è allora che il produttore italico ha iniziato a lamentarsi. In 18 anni, dal 1984 al 2002, i produttori di latte italiani hanno avuto la possibilità di ridurre la loro eventuale sovraproduzione fino ad inserirsi nelle quote latte previste per il nostro paese senza costo alcuno. E stiamo parlando di NOSTRE dichiarazioni, non su fantasie malate dell’EEC. Non lo hanno fatto, continuando a produrre in eccesso; quando si è trattato finalmente di pagare il dazio, hanno inscenato proteste assurde. In quei 18 anni avrebbero tranquillamente potuto fare di tutto: diversificare la loro eventuale produzione, ridurre l’organico in maniera lenta permettendo alla struttura di adattarsi e non subire drastici cambiamenti. Invece, loro hanno continuato a infischiarsene bellamente. Fino alla scure. E da lì, giù lacrime.
L’Italia è uno dei maggiori produttori mondiali di formaggi D.O.P. nonché leader nelle esportazioni. C’è però qualcosa che non quadra: tanti sostengono che SIAMO COSTRETTI DALL’UNIONE a cacciare il latte, lo buttiamo via per comperare latte tedesco.
Siamo sicuri? Guardiamo qualche dato:
La produzione di latte in Italia 2008-13
Latte ad uso alimentare, totale prodotto nel 2013,  2.497.000 tonnellate circa. Vediamo quanto ne consumiamo.
Il consumo di latte in Italia 2008-2013
 
Tre milioni e sessantuno mila tonnellate? Scusatemi, c’è qualcosa che non quadra – mi manca circa mezzo milione di tonnellate di latte! Non è vero che ne produciamo più di quanto ce ne serva, anzi; se guardiamo tutte le categorie, in tutte si nota che ne consumiamo ben di più di quanto ne produciamo. E questo non da ieri, ma almeno dal 2008. La produzione è lievemente diminuita in questi anni, ma lo stesso è accaduto anche il consumo.
Il problema è alla fonte: nel 1984, le quote per l’Italia furono sottostimate e via via aumentarono. Ovvio che l’imprenditore abituato alla sovrapproduzione, ammazzando il prezzo sul mercato, si sia lamentato; certo che la cosa non gli sia andata bene, ma quel produttore non dovrebbe essere il nostro punto di riferimento, né ieri, né oggi più che mai con i mercati allargati.
Mantenere le produzioni sotto controllo aiuta a mantenere certi prezzi SOPRA un limite, per cui non è più conveniente per tanti produrre. Non capirlo è a mio parere uTonto.
E adesso veniamo al video di cui vi ho accennato, che trovate qui.
 

Il video è tragico – come non potrebbe esserlo? – a me la gente che parla di lavoro perso e minacce fa sempre tristezza. Ma ai fatti? In Europa possiamo importare dall’estero molte cose, e tutte pagano dazi in entrata. Questi sono strutturati in maniera tale che, in base al tipo di merce, a un minore prezzo dichiarato in entrata corrisponda una maggiore percentuale di dazio che dovrai pagare! Potete verificare quali e quanti sono i dazi da qui, sul sito dell’Unione Europea.
 
dazi-pomodorini
 
Non metto in dubbio che ci siano aziende costrette a buttare via la merce. Succede in tutte le industrie produttive: si butta, o la si usa per fare altro. Addirittura, in periodi di crisi come quello attuale succede sempre più spesso. L’idea giusta è diventare veri imprenditori, studiare cosa vuole il mercato e prevedere. Ad esempio, nel video qui sopra si parla di pomodori, melanzane, peperoni verdi…
Ma le principali esportazioni europee sono queste per le verdure
exports-veggies-2E queste per la frutta

export-fruits2
 
Sicuramente nel segmento OTHERS ci saranno pure le melanzane, ma perché non puntare su altro? Guardando le tabelle ci si può studiare un settore interessante; coprire le aree scoperte, studiare una politica d’esportazione invece di vendita sul territorio. Il succo è questo: è vero che al supermercato troviamo prodotti d’importazione, ma la loro raison d’être sussiste finché si avrà gente disposta a comprarli.
Io faccio la spesa in un supermercato della grande distribuzione; la faccio anche online. La provenienza di ogni prodotto è riportata sulla scheda: a titolo d’esempio, troviamo limoni italiani e stranieri e questi ultimi sono venduti a prezzi simili, a volte più bassi a volte più alti. Le vere differenze sta nel bio/non bio. Se questi prodotti si trovano lì, è perché hanno un mercato, perciò coprono una richiesta; la cifra di vendita è quasi sempre simile a quella degli italiani. Sicuramente il costo di produzione iniziale sarà minore, ma alla fine si livellano tra costi di viaggio e dazi. Il fatto che oggi il pubblico acquirente voglia tutto e sempre porta a stringere accordi commerciali con paesi che abbiano frutta di stagione anche quando da noi è fuori stagione.
Tutto questo non vuol dire che non ci sia crisi nell’agricoltura, ma i dati parlano chiaro. Guardate qui sotto.
frutta e vegetali importazioni ed espeortazioni
Pur considerando gli anni di crisi precedenti a questo, si importa di meno e si produce un po’ di più. L’agricoltore italiano probabilmente sta trovando qualche stimolo: vedremo dove andrà. Ma di nuovo, non trovo una grande colpa nell’Unione Europea.
I dazi in entrata ci sono, e sono uguali in tutta l’Unione. Che arrivi frutta e verdura di straforo importata illegalmente, è tutta un’altra storia: quella legale c’è oggi e c’era anche 30 anni fa, trasportarla è diventato meno costoso e i paesi che producono per l’esportazione sono aumentati. Da un lato, ci si lamenta che non si è tutelati con l’imposizione delle quote latte; dall’altro, si vorrebbe avere un trattamento da protezionisti per quanto riguarda frutta e verdura. Personalmente, mi sento perso.
Credo che in pochi siate arrivati fin qui – complimenti a chi è sopravvissuto. So che non sarete d’accordo con quella che vuol esser una mia modesta analisi dei fatti. Se desideraste spiegarmi il vostro punto di vista, fatelo in maniera civile nei commenti. Conto su uno scambio d’opinioni e pareri.
Come ho già scritto, questo post non è rivolto ad alcuna bufala e vorrebbe accendere lo spirito della discussione. Non deludetemi.
maicolengel @ butac punto it
Se ti è piaciuto l’articolo, sostienici su Patreon! Può bastare anche il costo di un caffè!