Sanna Marin, la settimana corta e le 6 ore di lavoro

Ormai questa storia è passata su tutti i media nazionali, credo ne abbiano parlato anche in televisione, ma per fortuna, tra gli altri, gli amici de Il Post (che da sempre vi suggerisco di seguire) l’hanno già sbufalata a sufficienza. Vi riporto solo il loro titolo del 7 gennaio 2019:

No, la prima ministra finlandese non vuole ridurre la settimana lavorativa a quattro giorni

Contrariamente a quanto avete letto negli ultimi giorni sui giornali: era solo un’idea avanzata prima che entrasse in carica

Quello che trovo interessante nell’analisi di come una non-notizia risalente ad agosto 2019 sia arrivata sui media mondiali a cavallo tra dicembre e gennaio 2020, è verificare il percorso in rete che la stessa ha fatto nelle ultime settimane.

A dicembre molte testate europee riportavano di come il Ministro degli Interni dell’Estonia avesse offeso Sanna Marin definendola la commessa/cassiera/addetta alle vendite (visto che questo è stato uno dei lavori fatti dalla giovane finlandese prima di approdare al Parlamento). Lo stesso presidente dell’Estonia si è sentito in dovere di porgere le sue scuse a Marin. Il nome di Sanna Marin pertanto, tra la sua nomina e questa storia, era automaticamente più virale, normale che qualche testata cercasse di cavalcare il fatto.

Chi per primo l’ha ripresa in dicembre è la testata austriaca Kontrast di proprietà del gruppo parlamentare social-democratico austriaco (SPO). La testata fa “giornalismo collaborativo”, o meglio pubblica notizie che siano state portate all’attenzione della redazione da qualche lettore/collaboratore, evidentemente senza verifiche sufficienti.

Kontrast è una testata nata nel 2016, l’autore dell’articolo sulla ministra finlandese è Patricia Huber, caporedattrice della testata. L’articolo non riporta nessun riferimento temporale a quando Sanna Marin avesse detto la frase riportata nel titolo, e non spiega in alcuna maniera che non si trattava di una promessa politica, ma solo di una personale opinione rilasciata nel corso di un’intervista.

Da Kontrast austriaco si passa a Scoop Me, che rilancia la storia in inglese copiandola pari pari da Kontrast. ScoopMe è un sito che raccoglie notizie, le traduce in inglese e le rilancia, sulla loro pagina Chi siamo si descrivono così:

Scoop.me is run by the Austrian non-profit “Association for the Democratization of Information”, that needs your help for further developement.

Scoop.me invites progressive media platforms around the world to share their publications for translation and republishing. You are warmly invited to share contribution!

Non fanno altro che ribloggare tradotte in inglese news di ogni genere, senza alcuna verifica. Da lì il passo è stato breve, la notizia è arrivata su NewEurope, che il 2 gennaio l’ha ripresa tale e quale, e a seguire la stessa è finita su svariate testate britanniche a più larga diffusione, ed è stata ripresa anche da noi in Italia.

Questo per farvi capire il processo con cui una notizia arriva nelle vostre case, processo evidentemente fallace vista la scarsa verifica dei fatti che viene fatta via via. La cosa che a me lascia sempre un filo sconcertato è che le persone che hanno passato la notizia in tutti i suoi passaggi sono pagate per informarci, non per fare da meri traduttori. E invece su una singola storia, non verificata, ci hanno mangiato in tanti, in tanti Paesi europei (e probabilmente non solo). Certo non si tratterà di grandi cifre, ma la notizia ha avuto una sua viralità, quindi perlomeno in termini di click pubblicitari le varie testate hanno avuto tutto l’interesse a far sì che girasse.

Poco importava che fosse o meno una notizia verificata.

maicolengel at butac punto it
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