Scuole aperte e studi peer-reviewed

Chi sottolinea il rischio, chi sottolinea l'assenza di rischio, chi sostiene che il rischio c'è solo per gli insegnanti... chi ha ragione?

In molti ci state segnalando uno studio pubblicato su una delle tante testate del gruppo Lancet, lo studio s’intitola:

A cross-sectional and prospective cohort study of the role of schools in the SARS-CoV-2 second wave in Italy

Io non sono uno scienziato, non ho alcun titolo per poter analizzare la parte scientifica dello studio, e non ho nessuna intenzione di cimentarmi con i dati riportati dal gruppo di lavoro che ha partecipato allo studio. È uno studio come in questi mesi ne sono stati pubblicati tanti. Uno studio che viene promosso da uno dei gruppi di scienziati italiani che in questi mesi di pandemia ha cercato di dare il proprio contributo alle scelte governative su quali misure prendere contro la pandemia. Ma è uno studio, su tanti.

In rete, sui social, ho visto critiche specifiche, critiche che non posso permettermi di giudicare non essendo appunto io uno scienziato. L’unica cosa che posso dire – ma è basata sulla mia esperienza personale di genitore di studenti e marito di insegnante – è che gli screening, perlomeno nelle scuole frequentate da moglie e figli, sono stati fatti poco e male. Ma ovviamente, come ripetiamo spesso, l’esperienza personale non ha alcun valore scientifico. Mi auguro che in altre città sia stato fatto meglio che a Bologna.

Quello che mi spiace è che lo studio sia stato ripreso in pompa magna da testate italiane, che non hanno dato lo stesso risalto ad altri studi pubblicati in certi casi sulla stessa testata, The Lancet Regional Health, e che dicevano cose in parte diverse.

Su che basi si è deciso che lo studio di cui stiamo parlando sia “lo stato dell’arte” su cui basare o meno la riapertura delle scuole italiane onestamente è qualcosa che vorrei capire. Il dubbio è che nelle redazioni che spingono per la riapertura ci siano tanti genitori stufi di una didattica a distanza che in certi casi è stata fatta male, magari da insegnanti ormai in età avanzata, che non sono stati capaci di adattare il loro metodo d’insegnamento alla versione digitale. Non gliene faccio una colpa, capisco sia i genitori che gli insegnanti… Anche se dopo un anno forse ci si poteva organizzare un po’ meglio.

Chiunque, cercando con attenzione, si accorgerà che esistono studi che sottolineano la sicurezza delle scuole durante la pandemia, e altri che dicono che questa sicurezza non sia affatto provata. Alcuni dicono che ci siano rischi per tutti a riaprire le scuole, altri ancora sostengono che il rischio sia solo per gli insegnanti, altri ancora che non ci siano rischi. A oggi non mi sembra sia stato pubblicato nessuno studio veramente conclusivo. Scegliere di abbracciarne uno a discapito dei tanti altri esistenti evidenzia un pesante pregiudizio, cosa che purtroppo tra scienziati non dovrebbe esistere, ma anzi, ogni affermazione che – riportando dati – critica un altro studio andrebbe presa in seria considerazione. Non mi sembra che questo venga fatto né dalle tante testate italiane che hanno ripreso questo studio né dai tanti scienziati che ne parlano.

Qui vi linko un testo in inglese, che non è uno studio bensì una lettera all’editore del Lancet (che la redazione però ha ritenuto opportuno pubblicare) che parla della riapertura delle scuole in UK, suggerisco di leggerla, ma più che altro di leggerne le numerose fonti. Non linko invece gli attacchi italiani allo studio oggetto del nostro articolo, non li linko perché mi sono onestamente stufato di leggere certi toni da gente che si dovrebbe occupare di divulgazione, mentre tra chi sostiene lo studio e chi lo denigra sembra di assistere alla chat di mio figlio quando litiga coi compagnucci di scuola. Solo che lui è in quarta elementare, voi invece siete adulti, spero vaccinati e tronfi del vostro sentirvi i migliori. Non lo siete, anzi più dissertate sul web con quei toni infantili più polarizzerete il vostro pubblico.

La polarizzazione fatta così è il contrario di quella che dovrebbe essere la divulgazione scientifica.

A questo aggiungo che andare ospiti di una radio che conosciamo bene per il livello di disinformazione costante che propina ai propri follower non è il modo migliore per presentare uno studio scientifico. Se si vuole avere credibilità occorre anche scegliere con attenzione quali canali usare per divulgare la propria opinione scientifica.

Come demistificatore ritengo sia importante attendere i dati delle metanalisi che ci permetteranno di avere un quadro completo e sicuro di quale sia la cosa migliore da fare con le scuole. Fino a quel momento non credo sia necessario aggiungere altro.

maicolengel at butac punto it

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