Silenzio, (si) parla (della) Agnesi (a sproposito)

agnesi

Quasi 8000 condivisioni del meme qui a lato a mezzanotte di ieri sera, evidente sintomo di un’Italia che gode nel poter criticare il governo di turno ma non ha voglia di approfondire nemmeno due righe quello che legge.

Partiamo dalla base: il Governo non aiuta lo stabilimento della Agnesi perché lo stabilimento stesso non chiude, ma si trasferisce. La Agnesi ha scelto come locazione per il nuovo stabilimento Fossano (CN), semplicemente perché il luogo dove ad Imperia sorgeva il vecchio stabilimento non permetteva ulteriori ampliamenti della struttura, e soprattutto non aveva una logistica ottimale per l’aumento del flusso di volume degli affari. Ai dipendenti è stato prospettato il trasferimento a Cuneo o la mobilità, ed alcuni di loro hanno scelto di fare parte della nuova realtà produttiva, trasferendosi in Piemonte, altri hanno scelto la mobilità. Dispiace che un impianto storico come quello di Imperia chiuda? Sicuramente, ma non si tratta di licenziamenti, o di fallimento, anzi l’azienda ha avuto la necessità di ampliarsi e per quanto i lavoratori di Imperia possano protestare per difendere i propri interessi ce ne sarà un numero più alto a Cuneo che verrà invece assunto grazie ai nuovi investimenti; come si legge inoltre nella nota diffusa dal Gruppo Colussi:

L’azienda ha messo in atto tutte le mosse per facilitare il reimpiego e limitare l’impatto sociale sul personale, anche tramite l’accordo firmato con le rappresentanze sindacali.

Realtà virtuose come la pasta Agnesi, un brand che è stato acquistato una ventina di anni fa dalla famiglia Colussi, mentre prima era di proprietà dei francesi della Danone e stava davvero rischiando di chiudere, non hanno bisogno dell’intervento dello Stato, perché per l’appunto producono fusilli e non obbligazioni, e quindi sono in attivo senza pesare sulle tasche dei contribuenti. Per quanto possano essere opinabili certe scelte, sapersi adattare al mercato e ai suoi cambiamenti a volte è necessario per sopravvivere, e di certo uno stabilimento che ha 200 anni, per quanto storico e sicuramente di valore, non può reggere la concorrenza con i moderni impianti produttivi. Sempre le solite cattive multinazionali? O magari tra qualche anno, volendo mantenere in piedi lo stabilimento di Imperia a tutti i costi, la Agnesi avrebbe dichiarato direttamente il fallimento? Non possiamo saperlo, sono scelte aziendali, ma di certo il solito becero populismo non aiuta nessuno e anzi, non fa altro che creare confusione.

È proprio il caso di dirlo: silenzio, parla Agnesi.

Jasper W. Hanner

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