La sindrome da rassegnazione

E il giornalismo un tanto al chilo...

Una volta leggere i quotidiani era un piacere, le fonti erano in bella vista, venivano citate, spesso intervistate. Oggi sono tantissime le testate che riprendono notizie già scritte da altri e che lo fanno in forma acritica, senza approfondire in alcuna maniera.

Oggi parliamo di una supposta patologia di cui sui giornali italiani, scopiazzando da una testata britannica, si sta parlando molto in questi giorni. Titola La Stampa:

Svezia e il mistero della sindrome che addormenta i bambini per sempre

L’articolo del quotidiano torinese usa come fonti un documentario di Netflix e il Daily Mail, oltre che le parole di una neurologa irlandese, Suzanne O’Sullivan, che ha dedicato a questa sindrome un libro: The sleeping beauties, citato anche dal Guardian.

Avevo già letto anni fa di questa sindrome in seguito alla segnalazione di uno di voi lettori di BUTAC, ma non ci avevo dedicato un articolo perché c’erano altre materie più urgenti da trattare. Oggi la situazione sarebbe simile, non fosse che la pandemia mi esce dagli occhi, non ne posso più di parlare di Pfizer, AstraZeneca, India, trombosi, terapie domiciliari ecc… Oltretutto il titolo scelto da La Stampa è uno strafalcione talmente grosso che ho pensato fosse giunto il momento di dedicare un piccolo approfondimento a una questione che vedo raccontata, come spesso accade, solo in parte.

La primissima cosa da dire è che non è affatto vero che i bambini che soffrono di questa supposta sindrome si addormentano per sempre. Lo diciamo da subito, ma per trovare fonti di questo dovrete attendere un momento un po’ più avanti nel testo.

Riporta La Stampa:

In Svezia 169 bambini figli di immigrati yazidi si sono addormentati e non si svegliano più. Il loro cervello funziona regolarmente, ma non parlano, non si muovono e devono essere alimentati attraverso sonde. I bambini colpiti da quella che è stata battezzata la “sindrome della rassegnazione” provengono tutti da un’area della Siria tormentata dalla guerra e appartengono alla minoranza religiosa curda degli yazidi.

Partiamo dall’inizio: è vero, in Svezia fin dagli anni Novanta è stata descritta una sindrome, definita da “rassegnazione”. Gli studi, quelli seri, sostengono che non è una nuova sindrome, bensì l’evoluzione di disturbi già noti e abbondantemente studiati. Ad esempio su Frontiers nel 2016 le conclusioni di uno studio molto completo, tra le altre cose, riportavano:

…abbiamo cercato di stabilire che la Sindrome da Rassegnazione rappresenta un disturbo descritto in precedenza. I resoconti storici dimostrano che è così. Non troviamo alcuna ragione per attribuire a questo fenomeno una nuova entità diagnostica.

Quel numero citato dalla stampa è lo stesso citato dal Daily Mail e pure da Primato Nazionale, ma non è il numero dei casi attualmente osservati, bensì un numero citato da Suzanne O’Sullivan e ripreso da un articolo della BBC nel 2017:

Over the last decade, the number of children reported to be suffering from Resignation Syndrome has decreased. Sweden’s National Board of Health recently stated there were 169 cases in 2015 and 2016.

Anche l’affermazione che provengano tutti dalla Siria e siano tutti yazidi è errata: gli ultimi casi si sono osservati in quella popolazione, ma sempre in Svezia all’inizio degli anni Duemila la condizione era stata osservata in bambini Rom, dall’ex URSS e dai Balcani, oltre che appunto in bambini yazidi. Non si tratta di una condizione permanente, e non sono 169 in questo stato comatoso: solo pochi di loro sono in una situazione di tale apatia. L’osservazione riportata nei casi che sono stati seguiti anche dopo la risoluzione della condizione è che la maggior parte dei soggetti ricordi tutto quanto avveniva loro intorno, quindi definirne lo stato come “comatoso” è probabilmente errato, anche negli individui che sono stati nutriti per un certo periodo col sondino. Io ovviamente non sono stato in Svezia a osservarli, come non ci sono stati il giornalista della Stampa o quello di Primato Nazionale. Mi sono documentato, per quanto possibile, su siti svedesi che parlano del fenomeno, cercando di non limitare i fatti solo a quanto ripreso dal Daily Mail dal libro di O’Sullivan.

I dubbi che vengono espressi in Svezia su questa sindrome sono svariati, quello che è certo è che chi ne soffre è vittima di grandi livelli di stress, dovuti all’incertezza di quel che sarà di sé nel futuro prossimo. La maggior parte dei casi ha esito positivo una volta che lo stress cala grazie all’accettazione della richiesta di asilo. Sempre dall’articolo della BBC del 2017:

… l’opinione comune tra i medici che curano i bambini con sindrome da rassegnazione è che il recupero dipenda dal fatto che si sentano sicuri ed è un permesso di soggiorno permanente che avvia quel processo. “In qualche modo il bambino dovrà sentire che c’è speranza, qualcosa per cui vivere … Solo così posso spiegare perché avere il diritto di restare cambierebbe, in tutti i casi che ho visto finora, la situazione.” Fino a poco tempo, le famiglie con un bambino malato potevano restare. Ma l’arrivo di circa 300.000 migranti negli ultimi tre anni ha cambiato idea.

In Svezia ci sono due distinte scuole di pensiero: quelli che ritengono che i bambini siano in questo stato poiché manipolati dai genitori per cercare di avere un permesso di soggiorno, e quelli che invece ritengono che la sindrome sia reale. Quello che però pare certo è che sintomi e progresso della malattia siano tutte cose già osservate in casi legati all’apatia e alla depressione, quindi non saremmo di fronte a qualcosa di nuovo. Casi simili, riportava la BBC, si sono avuti – dalle descrizioni lette in alcuni diari – nei campi di concentramento nazisti e in altri rari casi. Persino Dostoevskij nel suo libro Russia e Oriente, diario di uno scrittore descrisse un caso simile.

Io non so come stiano le cose, so che gli articoli che ho letto qui in Italia sono approssimativi, si fidano esclusivamente del testo del Daily Mail e del libro di una neurologa irlandese che non ho trovato citata in nessuno dei tanti articoli che – grazie a Google Translator – ho potuto leggere dallo svedese. Non è così che credo si possa fare giornalismo. So che alcuni di quelli che ci leggono risiedono in Svezia, quindi chiedo anche il vostro aiuto nei commenti per aggiungere dettagli.

Mi limito a riportarvi un’ultima fonte che ho trovato interessante, un articolo firmato da una pediatra svedese risalente a febbraio 2020:

I bambini apatici possono riprendersi senza un permesso di soggiorno

Lo trovate qui, e per leggerlo e comprenderlo basta davvero usare Translator.

Sarebbe bello vedere degli aggiornamenti ai pezzi già scritti, con tutte le info che vi ho aggiunto qui sopra, ma ci conto poco.

Non credo di poter aggiungere altro.

maicolengel at butac punto it

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