Ticket, visite dal privato e poca informazione

Purtroppo sono tante le pagine social che stanno rilanciando una notizia che circola fin dal 2016 e su cui evidentemente bisogna fare un filo di chiarezza. L’errore è piccolo, ma cambia decisamente l’ottica delle cose: vediamolo insieme.

Sostenitori delle Forze dell’ordine titola:

Sanità. Lista d’attesa troppo lunga? Puoi andare dal privato pagando solo il ticket

L’articolo riporta molte cose corrette, incluso l’attacco a quella malasanità che costringe a liste d’attesa interminabili. Per fortuna non tutto il Paese è nelle stesse condizioni, sarebbe da chiedersi se il problema sia a livello nazionale o meno. Ma non è questo che c’interessa. L’articolo ci spiega:

In pratica la legge stabilisce il diritto del cittadino a conoscere la data entro cui avverrà la visita medica o l’esame diagnostico nonché il tempo massimo di attesa.

Se la prestazione non può essere garantita entro i tempi massimi garantiti per legge (che – come detto – sono di 30 giorni per le visite specialistiche e di 60 giorni per gli esami diagnostici), il malato può pretendere che la medesima prestazione sia fornita dal medico privatamente, in intramoenia, senza costi aggiuntivi rispetto al ticket già pagato.

Il problema è che manca una parolina magica: sospetto diagnostico. Sì, perché se il medico che vi fa la ricetta non indica un sospetto diagnostico o non compila la classe di priorità, automaticamente la vostra ricetta per un esame sarà inserito nella classe con priorità nulla. Come spiegava AltroConsumo a settembre 2016:

Se nella ricetta non sono indicati il sospetto diagnostico o la classe di priorità, la richiesta è collocata in classe P. Tra tutte le prestazioni che il Servizio Sanitario Nazionale offre, ne sono state individuate 58 (43 a livello ambulatoriale e 15 in regime di ricovero) il cui tempo massimo d’attesa deve essere garantito al 90% dei cittadini che le richiedono.

Curioso notare che quella sul sospetto diagnostico è una battaglia portata avanti da tanti, persino da Zaia, governatore del Veneto, che nel 2015 spiegava:

sarà proprio il medico, primo e unico titolato a diagnosticare una patologia, ad indicare con quale classe di priorità andrà effettuata ad esempio una tac o una ecografia utile a confermare o smentire una diagnosi, che pure andrà indicata in ricetta. Una decisione, questa, operativa in Veneto dal 1. ottobre – ha concluso Zaia –  che vedrà protagonisti i medici di base anche nella definizione dell’appropriatezza della diagnosi indicata per ogni paziente prima dello screening.

Non credo serva aggiungere altro. Spero che la cosa sia chiarita per bene, perché il rischio è contribuire all’intasamento degli uffici delle Aziende sanitarie regionali, non proprio una grande mossa.

maicolengel at butac punto it
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