Trump e la privacy online

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Tutte le testate italiane stanno riportando una notizia di queste ore, ma alcuni nei titoli lo fanno decisamente male:

Trump cancella la privacy online: “I provider raccoglieranno dati personali e li venderanno senza consenso degli utenti”

Per ora Trump non ha cancellato nulla, al massimo il Congresso ha votato il respingimento di una regola che era stata presentata ad ottobre e contro cui si era già espresso anche il Senato. Quindi nel caso che Trump confermi l’iniziativa siamo di fronte all’abrogazione di una proposta che aveva sei mesi di vita, e che ancora non era appunto stata implementata. Non un cambiamento epocale.

Ma di cosa stiamo parlando?

The regulation in question was one of the last moves of the Federal Communication Commission under President Obama. The rule, “Protecting the Privacy of Customers of Broadband and Other Telecommunication Services,” requires that Internet Service Providers (ISPs) and other carriers get your permission to share your information. This information includes your app usage and browser history.

Il regolamento in questione era una delle ultime mosse della Federal Communications Commission sotto il presidente Obama. La regola, “Proteggere la privacy dei clienti della banda larga e altri servizi di telecomunicazione”, richiede che gli Internet Service Provider (ISP) e di altri vettori debbano ottenere da noi il permesso di condividere le nostre informazioni. Queste informazioni includono l’utilizzo della app e cronologia del browser.

Secondo i Repubblicani la proposta era malfatta visto che aziende come Google già accedono ai nostri dati senza che si debba ogni volta dare il permesso, questo è un vantaggio per Google (e le altre aziende del settore) ma uno svantaggio per chi è nel settore e deve sottostare alla regola proposta a ottobre dall’amministrazione Obama.

But proponents of the privacy measure argued that the company that sells you your internet connection can see even more about consumers, such as every website they visit and whom they exchange emails with. That information would be particularly useful for advertisers and marketers.

I proponenti della regola sulla privacy spiegano che le due cose non sono simili: chi ci fornisce il contratto d’accesso alla rete ha infatti accesso a molte più informazioni di quante ne possa vedere Google, tutto il nostro traffico passa da loro, e vedono molto più facilmente la nostra mail anche se non appoggiata su provider gratuiti come la grande G.

Non è intenzione di BUTAC prendere parte alla discussione sull’argomento privacy, ma solo cercare di spiegare a chi legge le testate italiane che in questo caso Trump non è il protagonista dei fatti (per ora), chi ha votato sono Senato e Congresso, ed entrambi si sono schierati contro la proposta di legge presentata a ottobre. Trump ratificherà il tutto con la sua firma? Può essere, ma l’eventuale rifiuto non nasce da una sua decisione, bensì da quello che hanno deciso i rappresentanti del popolo americano, far passare la questione come una sua colpa è fare cattivo giornalismo.

Sia chiaro, questo non significa che le posizioni di Trump sulla privacy ci vedano concordi, ma BUTAC si occupa come sempre di fare il più possibile corretta informazione, anche quando per farlo sembriamo difendere qualcuno che non stimiamo tanto.

Per approfondire, qui un articolo del Washington Post. Altri approfondimenti su EFF. E qui qualche indicazione da The Daily Dot.

maicolengel at butac punto it

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