L’Ucraina se l’è comprata l’America?

Approfondiamo e verifichiamo le affermazioni dell'ultimo post diventato virale su Facebook

Ci hanno segnalato questo testo che sta girando su internet, quindi ho pensato che potesse essere utile cercare di approfondire insieme a voi alcuni di questi temi, anche sfatando dei miti che piacciono molto in alcuni ambienti, ma di cui purtroppo si parla poco. Il post è stato pubblicato da una pagina anonima su Facebook, poi ripreso da svariati blog e anche da alcuni “giornalisti”, ma evidentemente nessuno ha colto l’occasione per approfondire un tema che invece lo meriterebbe.

Il testo che circola è il seguente:

L’Ucraina se l’è comprata l’America

Sapete perché gli Usa mandano tante armi alla Ucraina? Non per carità cristiana, siatene certi. Semplicemente perché 3 grandi multinazionali statunitensi hanno comprato da Zelensky 17 milioni di ettari di ottima terra.
Si tratta di CArgill, Dupont e Monsanto (la quale è formalmente germano-australiana ma di capitale statunitense). Il 5 per cento del terreno agricolo Ucraino è stato poi acquistato dallo stato cinese.
Per capire quanto siano 17 milioni di ettari, basti pensare che tutta l’Italia ha 16,7 milioni di ettari di terra agricola.
Insomma, tre compagnie americane si sono comprate in ucraina una superficie agraria utile più vasta dell’intera italia.
E chi sono gli azionisti di queste tre compagnie?
Sempre loro: Vanguard, Blackrock, Blackstone. Cioè le stesse tre società finanziarie che controllano anche tutte le banche al mondo e tutte le maggiori industrie belliche dell’universo.
Insomma, se la suonano e se la cantano.
Ecco perché mangimi (cargill e Du pont) e concimi (Monsanto-Bayer) hanno subito aumenti clamorosi sin da prima della guerra: perché sapevano già tutto, erano informati di tutto.
E sapete quando finirà la guerra? Quando le grandi compagnie finanziarie avranno smaltito il loro stock di armi facendole pagare a noi, europei idioti, già spremuti dalla stessa combriccola che nel frattempo specula su grano, riso, mangimi, concimi.
Gli organi di informazione pompano la guerra. Per forza, sono sempre di proprietà di Vanguard, Blackrock e Blackstone. E Biden vuole la guerra. Per forza: è stato eletto dai magnifici tre.
Aveva ragione Battiato: abbocchi sempre all’amo.
Ma poi, mi chiedo io, di tutti questi soldi che se ne faranno i soliti noti – Buffet, Soros, Gates – che delle tre grandi compagnie finanziarie sono i soci palesi e occulti? Mangiano forse bank’s guarantee ed hedge founds? Boh
Dal Giardiniere.

La versione breve:

“3 grandi multinazionali statunitensi hanno comprato da Zelensky 17 milioni di ettari di ottima terra”.

I numeri non tornano. Dei 31 milioni di ettari di terra coltivabile ucraina, solo 10 sono in mano allo Stato e 21 milioni sono in mani private (vedi sotto). Inoltre l’apertura dei mercati – riforma del governo Zelensky entrata in vigore a luglio 2021 – ha portato il governo a “festeggiare” la vendita (solo sul mercato interno) di 155.000 ettari (venduti tra privati). Anche ammettendo che siano stati tutti comprati da prestanome delle multinazionali, stiamo parlando di almeno due zeri in meno.

Le tre multinazionali che vengono citate (anche se Monsanto non esiste più ed è stata acquistata da Bayer nel 2018 viene ancora chiamata col suo vecchio nome, associato a tanta disinformazione nel corso degli ultimi anni e che, già da solo, è in grado di attivare i bias di molti dei lettori di chi diffonde questi post) sono presenti in Ucraina da anni, hanno investito capitali enormi, come hanno fatto anche in Russia e altrove. Stiamo parlando di colossi che investono centinaia di milioni di dollari su moltissimi mercati, continuamente. Non necessariamente per comprare terreni: i loro investimenti sono focalizzati principalmente su quasi tutto quello che ci sta intorno (semi, principalmente, ma anche impianti di stoccaggio, logistica, eccetera). Sembra molto difficile che entità di questo tipo possano beneficiare di una guerra (o della sua continuazione) e della distruzione che porta, se vogliono fare affari.

Il 5 per cento del terreno agricolo Ucraino è stato poi acquistato dallo stato cinese.

Anche la Cina è interessatissima a questo mercato, ma difficilmente si può pensare che da luglio a febbraio abbia comprato 1,5 milioni di ettari di terra. Gli accordi sono per accaparrarsi le materie prime, cioè fondamentalmente per nutrire i cinesi.

Vanguard, Blackrock, Blackstone. Cioè le stesse tre società finanziarie che controllano anche tutte le banche al mondo e tutte le maggiori industrie belliche dell’universo.

BlackRock e Vanguard non “possiedono” le più grandi corporation del mondo. Sono fondi che investono miliardi di dollari in società leader (è vero) per conto dei loro clienti. Sono i clienti infatti a possedere le azioni. Ne avevamo già accennato qui.

Ecco perché mangimi (cargill e Du pont) e concimi (Monsanto-Bayer) hanno subito aumenti clamorosi sin da prima della guerra: perché sapevano già tutto, erano informati di tutto.

Aumenti nei prezzi dei mangimi e fertilizzanti non vengono “calati dell’alto” ma seguono i mercati. Già durante l’autunno 2021 eravamo in “crisi”. Molti prezzi erano già in salita (in Italia) per molteplici fattori (Covid, aumento materie prime e aumento costi di trasporto).

E sapete quando finirà la guerra? Quando le grandi compagnie finanziarie avranno smaltito il loro stock di armi facendole pagare a noi, europei idioti, già spremuti dalla stessa combriccola che nel frattempo specula su grano, riso, mangimi, concimi.

È vero, naturalmente, che non solo la guerra ma anche la conseguente corsa agli armamenti sta facendo la fortuna dei produttori di armi. Difficilmente, però, la guerra finirà quando saranno “smaltiti gli stock”, visto che si possono produrre armi all’infinito, se c’è qualcuno disposto a comprarle.

Non è affatto semplice intravedere vie di uscita pacifiche, se escludiamo l’idea che gli ucraini si arrendano o che vengano massacrati. A oggi la Russia, nonostante la richiesta di molti leader politici “terzi”, non ha dato segni credibili di volersi sedere al tavolo delle trattative.

Gli europei “spremuti” stanno fornendo a loro volta armamenti all’Ucraina perché si difenda da un’invasione che sta mietendo vittime, portando distruzione e creando 8 milioni di sfollati interni e 6 milioni di profughi (dati di oggi). A discapito di parallelismi con le precedenti guerre in Europa, dalla Seconda guerra mondiale numeri di questo tipo, con questa rapidità, non si erano mai visti.

Gli organi di informazione pompano la guerra. Per forza, sono sempre di proprietà di Vanguard, Blackrock e Blackstone.(…)

Se i media fossero “controllati” da queste enormi società di investimenti, probabilmente non ne parlerebbero, oppure ne parlerebbero benissimo. Eppure il NYT, per fare un esempio, ne parla in modo molto critico, dice che sono dannose per l’economia e per una sana concorrenza.

Gli organi di informazione stanno cercando soprattutto di raccontare una guerra decisamente insensata. Molte persone, tentando di comprendere una scelta irrazionale come quella di Putin, cercano di trovarci così spasmodicamente un senso da dare credito a teorie di ogni tipo, magari alle prime teorie che capitano a tiro. È un procedimento umano: cerchiamo un senso anche dove non c’è o non ci è dato di vederlo.

di tutti questi soldi che se ne faranno i soliti noti – Buffet, Soros, Gates (…)?

Soros, Gates, Buffet… in modo diverso, sono miliardari che vogliono usare il proprio potere economico per incidere sul mondo (come anche, ad esempio, Elon Musk). Avendo accumulato ricchezze stratosferiche, si sono dati da soli delle mission (ognuno ha sposato le sue “nobili cause”: combattere la fame nel mondo e le diseguaglianze, diffondere idee democratiche, colonizzare Marte…) perché pensano – e si raccontano – di farlo per il bene per tutti.

Potremmo discutere all’infinito sul fatto che sia possibile, nel nostro sistema, per un imprenditore, arrivare a possedere capitali da capogiro fino ad accentrare un potere simile. Concentrarsi però sull’idea che le persone più ricche del mondo siano interessate a diventare ancora più ricche o sviluppare piani segreti – per me, ma è una mia opinione – è puerile, se non completamente delirante. I “piani” di questi miliardari sono discutibili quanto vogliamo ma sono sono chiarissimi e dichiaratissimi: scrivono libri, tengono conferenze, si espongono continuamente proprio per dichiarare al mondo i propri piani, che gli sembrano estremamente nobili. (Dopotutto, paradossalmente, anche Putin sembra pensare di fare il bene dei russi.)

Potremmo discutere all’infinito anche sul fatto che per “migliorare il mondo” non ci si possa affidare al buon cuore del miliardario di turno e alle sue idee visionarie o alla filosofia economica che può avere abbracciato. Potremmo anche discutere di OGM in Europa, di sostenibilità, del potere delle multinazionali e di chi le dovrebbe regolamentare, potremmo discutere di moltissime cose. Ma, veramente, ne vogliamo discutere? Per discuterne bisognerebbe almeno avere un punto di partenza comune che in un discorso farneticante come questo si fatica a trovare. Ed è un vero peccato.

Questa era la versione breve… Ora quella lunga.

Oakland Institute

Il testo sembra prendere i dati (e fraintendere alcune cose) da un documento del Oakland Insitute del 2014, scaricabile qui. Il think tank californiano si occupa di denunciare criticità e promuovere un sano dibattito nel mondo su temi sensibili in ambito sociale, economico e ambientale.

Questo testo in particolare parla di Ucraina e denuncia come le istituzioni finanziarie internazionali si siano infiltrate, approfittando degli sconvolgimenti politici, nel sistema ucraino, per deregolamentare e aprire il settore agroalimentare alle società estere. Uno schema che l’Oakland Institute riconosce in molti altri casi di studio e tratta approfonditamente anche in altri testi, e che rientra in un più ampio dibattito su quella che chiama una “ondata senza precedenti di privatizzazione di risorse naturali in atto in tutto il mondo”. La questione è seria e merita tutta la nostra attenzione.

I terreni agricoli ucraini

In Ucraina ci sono 40 milioni di ettari “agricoli” (quando si vuole usare un numero tondo) ma in realtà, di questi, quelli veramente coltivabili e produttivi sono circa 31 milioni. Parliamo di un terzo delle aree coltivabili di tutta l’Europa, dell’8% del PIL ucraino e del 17% dei posti di lavoro.

Lo scorso luglio (2021) è entrata in vigore una riforma del governo di Zelensky per aprire il mercato, bloccato da una moratoria durata vent’anni. Alla vigilia di quella riforma i terreni in mani private erano 21 milioni, e quelli in mano allo stato circa 10 milioni di ettari. Cosa significa mani private?

Agli inizi degli anni Novanta, con l’indipendenza, le fattorie collettivizzate vengono smantellate, la terra viene divisa e distribuita, in lotti da circa 4 ettari a testa, tra chi vi lavorava. Come in tutte le storie sull’Ucraina, le cose vanno male, se non a rotoli. Molte persone ricevono le carte che gli danno diritto alla terra ma senza la designazione di uno specifico lotto di terreno. Inoltre ci sono molti casi in cui l’oligarca di turno fa incetta di terreni a basso costo racimolando concessioni. Per questo nel 2001 viene imposta, insieme a una legge per cercare di rendere accessibili questi terreni a tutti gli aventi diritto, anche una moratoria che impedisce di venderli.

Dopo vent’anni di proroghe a questa moratoria, con ancora le vendite bloccate – nonostante le pressioni del Fondo Monetario Internazionale sui vari governi per sbloccare la moratoria – alla vigilia della apertura del mercato delle terre, abbiamo, oltre ai succitati 10 milioni di ettari in mano allo Stato (cioè le parti che non sono state distribuite), in mezzo ai 21 milioni che sono in mani private, 1,6 milioni di ettari già in mano straniera (per esempio una holding del Lussemburgo possiede 405.000 ettari, e a scalare troviamo altri gruppi di Cipro, della Federazione Russa, di Francia, Austria ecc) e 2.8 milioni di ettari in mano a dieci grandi gruppi di agrobusiness locali (per esempio 670.000 ettari sono in mano a UkrLandFarmin, del miliardario Oleg Bakhmatyuk).

Come questo sia accaduto, l’Oakland Institute dice che si potrebbe spiegare così: corruzione e leggi che possono essere aggirate. Si è potuto infatti prendere accordi privati per “noleggiare” la terra, risparmiando milioni di dollari che sarebbero serviti a comprarla. Si è potuto inoltre comprare azioni e intere parti dei grandi agribusiness ucraini. Si è potuto, come potrebbe aver effettivamente fatto il governo ucraino, fare accordi sottobanco per vendere o affittare terreni. Un esempio emerge da un leak del 2012 da cui è trapelato un piano imponente per affittare terre del governo inutilizzate a investitori agricoli su larga scala. L’accordo prometteva esenzioni fiscali in cambio di grossi investimenti, con un minimo di 200 milioni di dollari per lotti oltre i 400.000 ettari statali inutilizzati. Potrebbe essere accaduto qualcosa di simile, ma non si sa con certezza.

Sta di fatto che nel 2021, dopo vent’anni di mercato bloccato, l’Ucraina era tra gli ultimi sei Paesi nel mondo in cui non era possibile vendere e comprare terreni, in compagnia di Corea del Nord, Venezuela, Cuba, Repubblica Democratica del Congo e Tajikistan.

La riforma di Zelensky

Il 1 luglio 2021 si apre quindi il mercato delle terre, anche se in forma ancora ridotta: inizialmente solo per il mercato interno e solo per transazioni calmierate, per i piccoli e i medi investitori ucraini: l’apertura all’estero sarebbe stata prevista per il 2024.

L’intento di questa apertura è, secondo i promotori, quello di permettere ai privati di vendere e comprare, facendo girare l’economia, e ci si aspettava nel medio periodo che questa riforma, da sola, facesse salire i prezzi dei terreni – nel libero mercato infatti ci si aspetta che si avvicinino, man mano, ai prezzi standard stranieri – e il PIL dell’Ucraina di 4 punti (dicono i più esosi) o di 1,5 punti (dicono i più moderati) all’anno. Non da subito, ovviamente. Si parla di un processo che impiega i suoi anni.

Moltissime però sono anche le critiche e i timori per questa riforma, per svariati motivi, uno su tutti il timore che le terre passeranno in mano ai grandi gruppi a discapito dei piccoli agricoltori, spesso già fortemente indebitati, e con un accesso difficoltoso al credito bancario. Il documento dell’Oakland Institute esprime preoccupazioni soprattutto chiedendosi come una deregolamentazione del mercato possa dare beneficio a 7 milioni di contadini e/o migliorare il loro stile di vita.

Anche da parte di altri osservatori si sono sollevate critiche di questo tipo, sembra soprattutto che la questione ricorrente sia legata alla legislazione che dovrebbe accompagnare una riforma di questo tipo: misure che permettano ai contadini di avere accesso al credito, misure che controbilancino lo strapotere di grandi gruppi capaci di schiacciare la concorrenza in una guerra dei prezzi. Non mancano i timori relativi agli OGM e alle biotecnologie, ma il discorso qui si farebbe troppo lungo.

Sta di fatto che sei mesi dopo, a dicembre 2021 – meno di due mesi prima che di essere invasi dalla Russia – il governo esulta perché già 155.000 ettari sono stati venduti, smuovendo circa 200 milioni di dollari.

Le multinazionali

Non c’è, però, solo la terra: ci sono enormi interessi intorno a semi, fertilizzanti, logistica, attrezzature…

Cargill ad esempio era già presente da vent’anni nel 2014: ha investito sempre di più in Ucraina su ulteriori sistemi di stoccaggio di semi, una compagnia di mangimi per animali e nell’acquisizione del 5% di UkrLandFarming (un affare da 200 milioni di dollari). Investimenti simili, però, li possiamo trovare in molte altre aree, compresi 1,1 miliardi di dollari investiti in Russia.

Monsanto, che come dicevamo dal 2018 è stata acquisita da Bayer, era presente dal 1992. Già poco prima di Maidan, nel 2013, aveva appena investito 140 milioni per impianti di semi.

La DuPont arriva per ultima, e nel 2013 comincia a investire duro per la produzione di semi che siano resistenti alle siccità, per andare incontro alle crescenti richieste di mercato. Quest’ultima espressione di volontà ha destato timori per la questione OGM.

La Cina è a sua volta interessatissima a questo mercato, nel 2011 la Export-Import Bank of China si diceva pronta a investire 10 miliardi di dollari nel settore agricolo ucraino, chiedendo in cambio di adempiere agli obblighi di esportazione nei suoi confronti. A novembre 2013, la UkrLandFarming ha dichiarato la speranza di arrivare a vendere più di 700,000 tonnellate di mais alla Cina per quell’anno e di raggiungere i due milioni di tonnellate di esportazioni verso la Cina entro il 2018.

Cercando di concludere in qualche modo, i fatti accertati indicano che l’Ucraina, prima di essere invasa, stesse lavorando, non senza difficoltà, a riforme che la aiutassero a uscire da un’economia stagnante e chiusa.

Operazioni come questa richiedono regole precise: trasparenza nelle transazioni, restrizioni e salvaguardia da abusi e speculazioni di ogni tipo, la garanzia di accesso a fondi stanziati per i soggetti più deboli, eccetera. Sono sfide ancora più notevoli se parliamo di un Paese con un livello di corruzione che possiamo definire endemico, ma qui mi fermo. Comunque non sapremo come sarebbe andata a finire, visto che questa guerra sta facendo di tutto per distruggere il futuro di questi processi e per mettere in ginocchio il progetto di una Ucraina moderna.

anDREAM

Qualche link per chi fosse interessato, in ordine cronologico:

– Sulla TV Ucraina (in inglese) un esperto di economia, Pavlo Kukhta, parla con un certo entusiasmo della riforma.

– Un video molto più breve e schematico che spiega la riforma.

– Hans Wetzels, su openDemocracy, critica la riforma e teme la “maledizione della soia” che è toccata all’Amazzonia.

– Analisi a 100 giorni dalla riforma a firma del direttore regionale per l’Europa orientale della Banca Mondiale.

– Analisi a 6 mesi dalla riforma a firma della business reporter del Kyiv Independent Natalia Datskevych.

– Un minidocumentario positivo alla riforma, che racconta la storia di Viktor, un contadino che ha lottato contro la moratoria.

– Un video fatto piuttosto bene che spiega come gli OGM – se regolamentati – non siano necessariamente una disgrazia.


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