Unire i puntini: l’intervista a Dijsselbloem

La settimana scorsa Il Post ha pubblicato uno scoop, ripreso in breve da tantissime testate italiane. La notizia :

Il M5S ha diffuso un’intervista inventata a Jeroen Dijsselbloem

Notizia che partiva da un video diffuso sulla pagina del Movimento 5 Stelle Europa su Facebook. Lo stesso video era stato trattato da noi qualche giorno prima, il 26 ottobre, partendo dalla sua fonte originale, Pandora Tv. Da una parte una pagina social, M5S Europa, pagina ufficiale del Movimento e sua rappresentanza in Unione Europea, dall’altro un creatore di contenuti come Pandora Tv, legato molto più alla diffusione di notizie filo-russe e filo-leghiste.

Pandora ci ha abituato da tempo a questo genere di disinformazione. Non è la prima volta che diffonde video di manipolazione dei fatti. Si tratta di una pratica abituale, già vista in altre occasioni. Poco importa che siano audio distorti come nel caso del video di Dijsselbloem, o di fatti manipolati come nel caso dei video sulla Siria. Poco importa perché tanto i “veri” giornalisti le notizie di siti come Pandora non se le filano nemmeno un po’. Basta come dimostrazione il fatto che Il Post, nella sua prima versione dell’articolo su Dijsselbloem, non si è minimamente curato di verificare chi avesse realizzato quel video, pur essendo a fine video ben chiaro il logo di Pandora Tv.

Evidentemente, in prima istanza, al giornalista non interessava affatto capire chi ci fosse dietro al video, ma solo attaccare il Movimento per la bufala condivisa. Perché realtà come Pandora Tv sono ben note a chi come noi si occupa di demistificazione online, ma ai tanti che lavorano nelle redazioni giornalistiche e che hanno scarsa dimestichezza con il mezzo digitale sono pressoché sconosciuti.

In merito all’articolo de Il Post si sono spese molte parole in quanto non citavano noi come fonte. Onestamente credo che in prima pubblicazione vi sia stata buonafede da parte dei giornalisti, che semmai hanno peccato di non verificare subito chi fosse PandoraTV. Successivamente, dietro mia segnalazione, hanno corretto il tiro, ma sempre senza citarci. Infine dopo qualche segnalazione su Twitter e Facebook hanno finalmente inserito un link al mio articolo di circa una settimana prima. Ma alla fine l’importante è che si sia fatta corretta informazione

m.

Ed è su questo che siti come Pandora giocano. Sanno benissimo che il loro pubblico è di quelli che legge pochissimi giornali cartacei, s’informa al 90% online e si fida di ogni sito che dà ragione ai suoi pregiudizi: l’Unione Europea è cattiva, la Russia è buona. Questo basta e avanza. La diffusione di quella che gli inglesi chiamano misinformation è all’ordine del giorno, perché tanto sanno benissimo che a parte piccoli siti come BUTAC che cercano da anni di contrastarla, difficilmente le stesse confutazioni troveranno spazio sui grandi quotidiani.

Non c’è alcuna voglia di farlo, c’è forse la convinzione che siccome si tratta solo di notizie online la loro diffusione sia meno importante. E invece è proprio per merito di siti come Pandora (e la galassia dei tanti blog anonimi che rilanciano le notizie di Pandora) se certa disinformazione a furia di venire raccontata diventa così radicata da trasformarsi in verità.

Lo so, ve l’ho già raccontato che la citazione di Goebbels sulle bugie era una mezza bufala. Ma ciò non toglie che come affermazione sia del tutto condivisibile:

Ripetete una bugia cento, mille, un milione di volte e diventerà una verità.

Credimi, sono un bugiardo

Onestamente mi lascia un filo basito che a nessuno sia venuto in mente di unire i puntini, di guardare il disegno che ne viene fuori. Sono ormai due anni che il tema “fake news” è uscito alla ribalta. Due anni durante i quali sono stati scritti fiumi d’inchiostro, ma pochi hanno avuto davvero voglia di studiare, applicarsi, cercare di capire il fenomeno.

C’è un libro pubblicato nel 2012 che s’intitola Trust me, I’m lying, di Ryan Holiday, scrittore ed esperto di marketing digitale, ed è stato tradotto anche in italiano. È un libro che ha avuto un grande successo in termini di pubblico, è alla sua quinta ristampa riveduta e aggiornata. È stato un best seller negli Stati Uniti, pur senza avere grande copertura pubblicitaria sulle maggiori testate nazionali. Ed è un peccato, perché a leggerlo per bene, è un libro che anticipa tutte le strategie comunicative utilizzate a fini politici degli ultimi anni. Alcune tutt’ora in uso, pur denunciate da tempo.

Gli aneddoti e gli esempi riportati nel libro, per demistificatori e veri reporter online, non sono nulla di nuovo, ma per la maggior parte dei giovani che si avvicinano al giornalismo oggi è importante leggere un testo di questo genere, perlomeno per imparare come restare vigili, come non pubblicare inconsciamente fuffa generata da terzi e arrivata in redazione con secondi fini.

Il primo capitolo del libro s’intitola: Blogs make the news, cito dal testo:

Think about it; Where do people find stuff today? They find it online. This is just as true  for normal people as it is for the so-called gatekeepers. If something is being chatted about on Facebook, Twiutter or Reddit, it will make its way thourgh all other forms of media and eventually into culture itself.

Che tradotto:

Pensateci: Dov’è che le persone trovano cose, oggi? Le trovano online. Questo vale tanto per le persone normali quanto per i cosiddetti gatekeeper (i detentori del potere dell’informazione di massa). Se qualcosa viene discusso su Facebook, Twitter o Reddit, si farà strada attraverso tutte le altre forme di media e alla fine entrerà nella stessa cultura.

Ecco, siti come Pandora hanno affinato la tecnica: non hanno bisogno di passare sui media tradizionali, sono essi stessi organo d’informazione, miscelano abilmente cronaca verificata, informazione manipolata e vere e proprie bufale, ottengono un che di autorevole sfruttando firme note, sostengono di essere diversi dal sistema e attaccano a testa bassa chi osa parlare male di loro:

È UFFICIALE: SIAMO, NOI DI PANDORATV, UN “SITO NON AFFIDABILE”.

Ce lo dice il sito BUTAC. Siamo nell’elenco dei “cattivi”. Chi dà i voti? Loro, quelli del mainstream che da decenni ci raccontano tutti i giorni le loro frottole, e da decenni “coprono” tutte le nefandezze dei padroni universali. Andate a dare un’occhiata a chi è il BUTAC. Cercate di sapere chi è che finanzia il BUTAC. Prendete nota, perché verrà il momento in cui verranno a bussare anche alla vostra porta, anche se non scriverete e non direte nulla. Sono i delatori, gli untori dei tempi moderni.

Quanto pubblicano diventa parte integrante del background culturale di chi li segue. Poco importa che sia vero o meno, che abbia fonti affidabili o meno. L’unica cosa importante è che circoli. E le maniere grazie al quale farlo circolare sono infinite, come racconta Holiday nel suo libro.

Vedete, se tutti i giornalisti avessero letto Ryan Holiday qualche anno fa la famosa “bestia” della Lega non sarebbe stata una novità. I trucchi per rendere virali i contenuti sono spiegati benissimo. Non manca nulla all’appello. Eppure la stampa italiana sembra non essersene accorta. Sembra avere reticenza a dichiarare vera guerra alle “fake news”, forse per paura di perdere quella fetta di pubblico che necessita di quella dose d’ignoranza quotidiana?

Onestamente non lo so.

Mi fa però sorridere quando, alla luce delle accuse di Giulietto Chiesa verso BUTAC, leggo articoli come quello apparso qualche giorno fa su Il Giornale, a firma Angelo Allegri, dal titolo “Gli stregoni del web populismo” (purtroppo decisamente castrato nella sua versione online, ma molto interessante nella sua versione cartacea dove veniamo citati anche noi e i colleghi David Puente e Paolo Attivissimo), riporto solo questo paragrafo:

Il massimo esponente di quest’ultima tendenza è Giulietto Chiesa (l’autoritarismo putiniano nda), storico corrispondente dell’Unità da Mosca. Oltre che comparire su Byoblu, Chiesa ha anche fondato un suo sito, Pandora Tv. Ma mentre l’attività di Messora sembra pronta a cogliere i benefici del mutato clima politico, con l’afflusso di nuovi finanziamenti (vedi anche l’intervista a fianco), Pandora è sull’orlo dell’asfissia economica. Almeno dal 2015 il socio unico Chiesa interviene a fine anno per ripianare le perdite con assegni da quasi 100mila euro l’anno. A fine 2017, quando il rosso era sceso a poco più di 24mila euro, Chiesa ha però detto basta, liquidato la srl titolare del sito, ceduto la mano a una Associazione e aperto una sottoscrizione che in qualche mese ha raccolto 78mila euro necessari per la prosecuzione dell’attività.

BUTAC non ha raccolto nemmeno un quarto di quelle cifre in sei anni di donazioni, curioso che sia Pandora a dire a suoi lettori di stare attenti a chi ci finanzia…

Dimenticavo, nel pezzo de Il Giornale si parla anche di un vecchio amico di BUTAC, che candidamente dichiara:

Non entro nel merito, quello che non voglio fare è proprio una selezione dei contenuti. Il mio obiettivo è un altro: dare spazio a temi e persone che sono al di fuori del pensiero unico, aprire un confronto.

Al di fuori del pensiero unico…
maicolengel at butac punto it
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