Venti di islamofobia? Non esattamente


Di fronte ad una sentenza di qualche giorno fa alcune testate online hanno riportato quelli che sembrano i pareri della comunità musulmana in Italia:

I musulmani italiani: la sentenza sul velo dettata dall’islamofobia

Velo islamico vietato al lavoro, imam di Firenze “Venti di islamofobia”

Non sono andato a verificare se davvero la comunità musulmana si stia schierando con questa storia, dando a intendere che la sentenza sia contro di loro. Mi interessa fare chiarezza, per quanto possibile, solo sulla sentenza, perché non c’è nulla di legato all’islamofobia in essa, anzi, è una sentenza corretta (a mio avviso) basata su un tipo di pensiero che appartiene anche a me.
La sentenza è disponibile per tutti sul sito della Corte di giustizia dell’Unione Europea.
I fatti risalgono al 2006. Dopo tre anni di lavoro presso un’azienda olandese una donna comunica la sua intenzione di andare sul luogo di lavoro vestita col velo. L’azienda le rende noto (sempre nel 2006) che indossare il velo non sarebbe stato tollerato. La dipendente insiste, fino al punto in cui viene licenziata.
Le conclusioni della Corte Europea? Queste:

–        L’articolo 2, paragrafo 2, lettera a), della direttiva 2000/78 deve essere interpretato nel senso che il divieto di indossare un velo islamico, derivante da una norma interna di un’impresa privata che vieta di indossare in modo visibile qualsiasi segno politico, filosofico o religioso sul luogo di lavoro, non costituisce una discriminazione diretta fondata sulla religione o sulle convinzioni personali ai sensi di tale direttiva.

–        Siffatta norma interna di un’impresa privata può invece costituire una discriminazione indiretta ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 2, lettera b), della direttiva 2000/78, qualora venga dimostrato che l’obbligo apparentemente neutro da essa previsto comporta, di fatto, un particolare svantaggio per le persone che aderiscono ad una determinata religione o ideologia, a meno che esso sia oggettivamente giustificato da una finalità legittima, come il perseguimento, da parte del datore di lavoro, di una politica di neutralità politica, filosofica e religiosa nei rapporti con i clienti, e che i mezzi impiegati per il conseguimento di tale finalità siano appropriati e necessari, circostanza, questa, che spetta al giudice del rinvio verificare.

Nulla di islamofobico, nulla su cui strapparsi le vesti. Un divieto che colpisce tutti, e che un’azienda privata può tranquillamente cavalcare. Ho visto tanti scrivere sui propri profili “Brava Olanda” ma io direi brava anche alla Corte Europea che ha dimostrato ancora una volta di trattare argomenti delicati in maniera corretta.
Continuare a soffiare sul fuoco dell’odio religioso fa comodo solo agli estremisti, di ogni lato. Chi grida all’islamofobia è perché non ha voluto studiare la sentenza. Più gli estremisti riescono a cavalcare questo genere di notizie più è facile che facciano proseliti nelle loro fila. Evitare tutto questo si può, con una corretta informazione costante. E punendo chi invece si diverte a manipolare i fatti a proprio uso e consumo.
maicolengel at butac punto it
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