Xylella parte quarta. Un anno dopo.

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Poco più di un anno fa avevamo affrontato la questione Xylella in Puglia, concludendo con queste parole:

Torneremo sulla questione ulivi? Chi lo sa, in realtà per quanto ci riguarda l’argomento è esaurito. Ora dipende dagli altri

Più che la questione dell’abbattimento degli ulivi, avevamo affrontato le bufale sorte subito dopo l’annuncio del piano per il contenimento del batterio e il motivo è semplice: il nostro “mestiere” è quello di demistificare quello che si dice di sbagliato, non sentenziare sulle decisioni delle autorità competenti. Dopo un anno torniamo a parlarne perché è arrivata quella prova che tutti invocavano, ma che purtroppo non c’era: il test di patogenicità della Xylella nei confronti dell’ulivo.

Come raccontammo in precedenza, la Xylella è conosciuta da secoli nel continente americano: responsabile della Malattia di Pierce nelle viti nel Nord e più recentemente della clorosi variegata degli agrumi nel Sud. Il batterio non si ferma a quelle specie di piante ma ne colpisce molte, moltissime, tra le quali i più esotici caffè e banani, ma anche più familiari mandorli, mirti e ciliegi. Essendo un patogeno tipico di zone con caratteristiche e flora diverse da quella mediterranea, l’averlo trovato negli ulivi che presentavano una inusuale decolorazione causò un poco di confusione nelle fase iniziali della analisi del CoDiRO. Come risulta dalla Direttiva 2000/29/EC, la Xylella e alcuni dei suoi insetti vettori risultano tra quelli pericolosi dei quali è vietata l’introduzione e circolazione, ma che risultavano non tipici della zona della Comunità Europea.
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Ovviamente non è che se li vietano, questi si rifiutano di entrare ed infatti questi hanno cominciato a diffondersi in Puglia e ad un anno fa la situazione era questa:
area marzo 2015
In realtà non era la prima volta che la Xylella veniva associata all’olivo: nel 2007 venne isolato negli ulivi in California, dove le piante presentavano gli stessi problemi di quelle italiane. Gli studi effettuati per verificarne la patogenicità però furono inconcludenti:

X. fastidiosa inoculations in a controlled environment have not consistently reproduced symptoms observed in the field. Although X. fastidiosa was detected in inoculated plants showing scorching symptoms, we were unable to reisolate the bacteria and finally describe this new potential disease

Cosa si intende per patogenicità? La patogenicità è l’abilità di un microorganismo di causare malattia o produrre lesioni progressive. Dimostrare la patogenicità quindi significa essere in grado di dimostrare che l’agente patogeno – la Xylella – sia la causa della malattia – il CoDiRO. Questo era tra i punti fondamentali di chi contestava il piano degli interventi. Se non si era sicuri che fosse la Xylella la causa del complesso che colpiva gli ulivi, perché tagliarli? Di per se la domanda è legittima, ma bisogna considerare che non si sta parlando di un batterio qualsiasi, ma un patogeno da quarantena. Nel mese di maggio e di dicembre la Commissione Europea ha stilato delle linee guida per ridurne la diffusione. Le nuove indicazioni di dicembre si sono rese necessarie perché nel frattempo si è scoperto che non è solo l’Italia ad essere stata colpita dalla infezione, ma anche la Francia è entrata nel club.
zone europa
Come riporta il sito della EPPO (European and Mediterranean Plant Protection Organization):

In July 2015, the presence of the bacterium was reported for the first time by France. X. fastidiosa was detected on a few ornamental plants (Polygala myrtifolia) planted in a commercial area in Propriano (Corse). Other foci were then detected on the island (both in Corse-du-Sud and Haute-Corse departments), mainly on P. myrtifolia (but otherplants were also found to be infected). On the 13th of October 2015, the bacterium was discovered for the first time on the mainland. It was detected in the municipality of Nice (Alpes-Maritimes department – Provence-Alpes-Côtes-d’Azur region) in one plant of P. myrtifolia. In France, the subspecies which is occurring on P. myrtifolia plants is X. fastidiosa subsp. multiplex (thus differing from Italy, where it is X. fastidiosa subsp. pauca that is occurring on olive trees). At the end of October 2015, more infected P. myrtifolia plants (5) were found in Nice, and another focus was detected in the municipality of Mandelieu la Napoule (1 infected P. myrtifolia plant). At the end of 2015, several foci were found in Alpes-Maritimes and Var departments. In all cases, eradication measures have immediately been implemented in accordance with a contingency plan.

Come vedete c’è un dettaglio molto importante: quello che sta colpendo in Corsica e Costa Azzurra non è la stessa sottospecie del sud Italia. Non esiste un solo tipo di Xylella, ma ne esistono quattro tipi – pauca, multiplex, sandyi e la “originale” fastidiosa – che hanno target preferenziali diversi.
versioni
Questo dimostra che le misure adottate fino al 2015 si sono mostrate insufficienti per impedire che dei patogeni pericolosi potessero diffondersi in Europa e che non sia un complotto ai danni degli ulivi italiani. Tra l’altro la Francia era tra i paesi più spaventati dalla eventuale diffusione della Xylella ed aveva adottato una politica molto severa rispetto ai prodotti provenienti dalla Puglia – avevamo trattato la proposta di boicottare i prodotti francesi per ripicca – per evitare un qualsiasi contagio e trovo ironico che sia arrivato lo stesso, ma sicuramente non dall’Italia. L’EFSA ha anche creato un database di tutte le piante che possono essere infettate da questo patogeno e la lista è consultabile qui, dove possiamo anche trovare questa utile cartina che ce ne mostra la distribuzione sul globo:
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e dove possiamo attingere a questa preoccupante informazione:

The final list of X. fastidiosa host plant species consists of 359 plant species (including hybrids) from 204 genera and 75 different botanical families (Appendix A). The geographic distribution of the reports of plant species found infected by X. fastidiosa, based on the database records, is shown in Figure 1 (che sarebbe la figura qua sopra)

Il contributo maggiore di nuove possibili vittime lo hanno dato la Francia e l’Italia – un buon 70%, con una predominanza francese – che ci fa capire quanto poco finora l’Europa avesse studiato questo patogeno o comunque quanto poco peso gli si era dato finora. Quello che finora non abbiamo detto è, per il momento – ed è forse uno dei punti più sottovalutati dall’opinione pubblica – che non esiste una cura per questo patogeno. Aggiungiamo anche che gli ulivi non sono solo colpiti in California e in Puglia, ma al momento anche in Argentina e in Brasile.
In Italia cosa è successo in questo anno? È successo questo:

Svolta nell’inchiesta della Procura di Lecce sulla diffusione del batterio Xylella fastidiosa. Sono dieci i nomi che sono stati iscritti sul registro degli indagati. Tra loro, oltre a funzionari della Regione Puglia, ricercatori del Cnr e dello Iam e componenti del Servizio Fitosanitario centrale, c’è anche Giuseppe Silletti, comandante regionale del Corpo Forestale, nelle vesti di commissario straordinario per l’emergenza fitosanitaria. Rispondono dei reati di diffusione colposa di una malattia delle piante, inquinamento ambientale colposo, falsità materiale e ideologica commessa dal pubblico ufficiale in atti pubblici, getto pericoloso di cose, distruzione o deturpamento di bellezze naturali.

La Procura di Lecce quindi ha bloccato il taglio degli alberi previsto dal piano di contenimento ed ha iscritto nel registro degli indagati un po’ tutti gli scienziati e non che avevano qualcosa a che fare con la gestione dell’emergenza. Come scrissi oltre un anno fa, è giusto che la magistratura indaghi se esistono dei sospetti e se questo è nell’interesse dell’accertamento dei fatti, ma di fatto la procura si è imposta come autorità per le decisioni riguardanti un problema sanitario che, ovviamente, non compete loro. La posizione della Procura poi si è dimostrata essere basata su dati che possiamo definire quantomeno fragili, se non inesistenti, sostenendo contemporaneamente tesi in contrasto tra di loro. Attingendo da Le Scienze che ha trattato molto spesso la questione Xylella, apprendiamo che il procuratore Motta sostiene la tesi che il batterio sarebbe presente da moltissimo tempo in Puglia e che ne siano stati rilevati diversi ceppi:

“Non c’è nessuna emergenza!” ha dichiarato il Procuratore Cataldo Motta nel corso della conferenza stampa di dicembre nella quale è stato presentato il decreto di sequestro degli ulivi, “Xylella è presente in Puglia da almeno vent’anni e ne esistono esistono ben nove ceppi diversi”.

Però non si capisce come si sia arrivati a questa conclusione.

L’unico riferimento alla presunta presenza fin dalla notte dei tempi di Xylella in territorio salentino è un esposto presentato alla Procura della Repubblica di Brindisi da Franco Trinca, nutrizionista e presidente dell’Associazione NOGM, che scrive: “Diverse evidenze storiche suggeriscono dunque che Xylella fastidiosa possa essere stata presente sul territorio europeo e specificamente italiano, da secoli (probabilmente millenni)”.
Trinca non porta prove a supporto di questa affermazione, ma con il suo esposto chiede “il sequestro cautelativo, con custodia, di tutte le coltivazioni di olivo e di ogni altra specie nel territorio della Provincia di Bari” e “la costituzione di un Collegio di Periti al fine di accertare la veridicità di quanto affermato”.

Probabilmente la convinzione di aver trovato 9 diversi ceppi può essere stato un elemento per arrivare a questa conclusione: non potrebbero esistere così tanti ceppi diversi se il batterio fosse presente da solo pochi anni, sembra essere il ragionamento della Procura. Anche qui però il percorso seguito è completamente errato. Sempre da Le Scienze:

I consulenti, stando a quanto ci è dato sapere, si concentrano sulla seconda parte del lavoro dello IAM, quella riguardante la caratterizzazione genetica dei batteri. Qui dovrebbe esserci la prova della presenza sul territorio salentino di più ceppi, una variabilità che “inspiegabilmente” non viene commentata. In realtà, a leggere bene il lavoro, il commento lo si trova. I ricercatori dello IAM scelgono dieci colonie ottenute da dieci alberi infetti, ne estraggono il DNA e lo sottopongono a sequenziamento. Ottengono sequenze omogenee con “lievi” variazioni dell’ordine dello 0,2%, un numero che messo così dice poco, ma che significa semplicemente che su una sequenza nucleotidica di 500 basi se ne trova mediamente una differente. È un numero sufficientemente alto per poter parlare di ceppi diversi? No. Si tratta di una variabilità assolutamente normale all’interno di una popolazione batterica.

Non si tratta di 9 o 10 ceppi diversi, ma semplicemente 9 o 10 batteri che presentano delle inevitabili diversità genetiche. Così come noi siamo tutti esseri umani e possiamo essere molto differenti, quello che determina la maggior parte di queste differenze  è circa lo 0,1% del DNA. Quindi la pauca rilevata in Salento è solo un tipo e sempre lo stesso dall’inizio della crisi.
Per quanto riguarda le tesi in aperto contrasto tra di loro, la procura sostiene quindi che la Xylella sia presente da almeno 20 anni, ma contemporaneamente accusa il progetto OVILVA di aver causato la diffusione di questo agente patogeno durante il 2006 e il famigerato convegno dello IAM del 2010:

È singolare la coincidenza della comparsa dei primi sintomi di disseccamento con l’avvio delle attività di cui al succitato progetto “OLVIVA” e con il proliferare di convegno sul tema del disseccamento degli olivi e sulla formazione di personale qualificato per il trattamento della Xylella.

Esiste però un dato che da solo smonta questa altra posizione ed è che la sottospecie utilizzata in quegli eventi non fosse la pauca – che è quella presente nei nostri ulivi – ma la fastidiosa e la multiplex che in Italia non sono mai state rilevate. Se aggiungiamo che le perizie della procura non sono state divulgate impedendo quindi alla comunità scientifica di poterle analizzare è facile arrivare alla conclusione che la Procura di Lecce non sia in possesso di nessun dato concreto sull’origine e la diffusione del patogeno.
Arriviamo quindi a quanto è stato diffuso in questi giorni e cioè le conclusioni sulla patogenicità della Xylella. Il link dello studio è questo ed è tutto in inglese, ma l’EFSA ha una versione molto breve in italiano della quale vi riporto i punti più importanti:
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Sono state sottoposte a sperimentazione colture mediterranee come l’olivo, la vite, gli agrumi, il mandorlo, il pesco, il ciliegio e il susino, ma anche specie forestali come il leccio e specie ornamentali come l’oleandro e la poligala mirtifoglia. Il progetto è stato finanziato dall’EFSA.
Le piante di olivo sottoposte a inoculo hanno evidenziato i medesimi gravi sintomi (disseccamento e deperimento) osservati sulle piante in campo aperto. Non tutte le varietà di olivo, però, hanno risposto allo stesso modo. Ad esempio sembra che il batterio impieghi più tempo a colonizzare – con una concentrazione inferiore di batteri – le cultivar Coratina, Leccino e Frantoio rispetto alla Cellina di Nardò, che è una delle cultivar più comuni nella zona infetta.
Gli esperimenti su campo hanno inoltre dimostrato che la sputacchina (Philaenus spumarius) infetta (insetto largamente diffuso in Puglia) può trasmettere il batterio all’olivo, all’oleandro e alla poligala a foglia di mirto. L’infezione è stata rilevata sei mesi dopo l’esposizione agli insetti, quando le piante erano ancora asintomatiche.
Nessuna pianta di agrumi, vite o leccio è risultata positiva per X. fastidiosa dopo esposizione a P. spumarius infetto. Analogamente le piante di agrumi, vite e leccio non si sono infettate in modo sistemico né hanno sviluppato sintomi sospetti, se inoculate sperimentalmente. Per ottenere dati conclusivi sulle piante con frutto a nòcciolo sono necessari ulteriori osservazioni ed esperimenti.

Nel dettaglio, i ricercatori hanno eseguito degli esperimenti inoculando alcune piante di ulivo in serra- in ambiente controllato con temperatura costante tra i 26 e i 28° C – direttamente via siringa con una procedura concordata con i maggiori esperti di Xylella americani e sperimentata direttamente con quelli brasiliani:

The procedure for the experimental inoculation (needle inoculation) was defined in collaboration with Prof. A.H. Purcell and R. Almeida (University of California, Berkeley). Furthermore, technical experience was gained by the Principal Investigator Dr. M. Saponari during a training at the Centro de Citricultura Sylvio Moreira in Brazil (April-May 2014), under the supervision of Dr. H. della Coletta Filho.

Il batterio è stato inoculato nello stesso modo in altre piante in ambiente isolato da reti anti insetto (screenhouse), mentre in un periodo successivo altre piante sono state “infettate” in maniera naturale, cioè solo attraverso la sputacchina, l’insetto vettore presente in Puglia. Il campione di batteri utilizzati per la sperimentazione è stato ottenuto da un antico ulivo che si trova a Gallipoli, al centro del focolaio, e chiamato De Donno. Questo è lo schema delle sperimentazioni effettuate:
esperimenti
Questo è invece lo schema delle piante coinvolte nella sperimentazione:
piante
Consiglio vivamente di leggere lo studio e di guardare le varie tabelle dove viene reso molto bene graficamente il risultato della sperimentazione. Il riassunto dall’articolo de Le Scienze riguardo agli ulivi:

I primi risultati si sono presentati con chiarezza dopo 12 mesi: gli olivi infettati presentano i classici sintomi (disseccamento, scoloritura, bruscatura delle foglie) osservati nelle campagne salentine, con marcate differenze in rapporto alla cultivar testata. Come è già noto, la varietà Cellina, che è tra le più diffuse nel Salento, si è mostrata molto vulnerabile; meno lo sono – e lo studio lo conferma – le cultivar Leccino, Coratina e Frantoio.

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Cosa hanno dimostrato quindi alla fine? Che le piante di ulivo presenti in Puglia, con differenze anche importanti tra le varietà, sono suscettibili al batterio e che l’infezione porta alla manifestazione dei sintomi osservati sulle piante che tutti abbiamo visto nelle foto. In parole ancora più povere: la Xylella è la causa del CoDiRO.
Arrivati a questo punto è ora di smettere di rincorrere complotti legati a multinazionali demoniache che vogliono distruggere i nostri uliveti o avvelenamenti perpetrati attraverso le scie chimiche – sì, un politico ha sostenuto anche questa tesi assurda – e di ricominciare a cercare di ridurre i danni occorsi e creati. Personalmente credo che sia troppo tardi per eliminare il problema, ma, anche grazie ai nuovi dati raccolti, che si possa programmare un ripopolamento del territorio con cultivar più resistenti e nel frattempo studiare nuove strategie di lotta.
Tutti quelli che hanno lottato per difendere le piante non devono smettere, ma devono ora combattere una battaglia più razionale e legata alla scienza.
Ricordatevi di amare col cuore, ma per tutto il resto di usare la testa.
neilperri @ butac.it
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NOTA BENE:
Per non perdersi le puntate precedenti, Neil aveva già parlato di Xylella:

È interessante vedere come alcuni dei soggetti citati negli articoli di un anno fa, soggetti che ci hanno attaccato, offeso, minacciato, oggi rimangano in un riservato silenzio.
maicolengel