Il Fatto Quotidiano, Peter Doshi e i bias

Il 5 giugno 2022 sul Fatto Quotidiano è stata pubblicata un’intervista a Peter Doshi. L’intervista è firmata Peter D’Angelo e Maddalena Oliva. Ce l’avete segnalata in tanti chiedendo lumi su quanto viene detto da Doshi. L’articolo si presenta con questo titolo:



L’I N T E RV I STA • Peter Doshi Vaccini e numeri sottostimati

“Effetti avversi: Pfizer ha assunto 1800 addetti per tutte le segnalazioni”

Crediamo di fare cosa utile nell’analizzare le domande che vengono poste a Doshi dai due giornalisti. Si parte con una breve introduzione dove viene spiegato che Peter Doshi è un professore all’Università del Maryland e editorialista del British Medical Journal, un’autorevole rivista scientifica inglese, ad alto impact factor. Doshi in passato, con appunto degli editoriali sul BMJ (di cui ci siamo occupati qui), ha chiesto più trasparenza sui vaccini da parte dei produttori e degli enti regolatori.



La prima domanda che i giornalisti pongono a Doshi è abbastanza semplice:

FQ: Professor Doshi, quali sono le ultime novità che questi documenti riservati contengono?



DOSHI: Si può leggere che Pfizer – dal lancio di Comirnaty alla fine del 2020 – ha assunto 600 nuovi dipendenti per far fronte al volume di segnalazioni ricevute sugli eventi avversi. Con la previsione di arrivare a 1.800 addetti in più, entro la prima metà del 2021. È un numero impressionante per il personale.

La domanda fa riferimento ai documenti che una sentenza di un giudice del Texas ha imposto alla FDA di pubblicare al ritmo di 55mila pagine al mese. In pratica siamo a metà del totale delle pagine che FDA pubblicherà causa sentenza, e a oggi non è saltata fuori nessuna pistola fumante. Parlare del numero di addetti assunti da Pfizer è fuorviante. Specie perché Doshi e FQ parlano genericamente di “segnalazioni ricevute” mentre nei documenti viene più volte specificato che sono “segnalazioni volontarie ricevute”, la parola “volontarie” è quella che fa la grossa differenza. Fossero segnalazioni basate su sorveglianza attiva da parte dei medici sarebbero molte meno, ma siccome il VAERS permette a chiunque, anche in forma anonima, di fare una segnalazione di reazione avversa, come abbiamo già visto su BUTAC tutti i dubbiosi sul vaccino ne hanno fatte, e lo stesso ente che le raccoglie ha dovuto specificare che il numero spropositato di segnalazioni ricevute non trova riscontro nei numeri di segnalazioni verificate. Perché queste cose non vengono spiegate da FQ e da Doshi? Ometterle, a nostro avviso, equivale a disinformare.

Ma il bias con cui è condotta l’intervista lo si nota con la seconda domanda e relativa risposta:

FQ_ Questo dato in sé deve preoccuparci?

DOSHI: A essere preoccupante è l’elevato volume di eventi avversi…

Un professore universitario che ripete per la seconda volta “eventi avversi”, senza specificare che le segnalazioni al VAERS non sono prova che questi eventi siano tutti realmente avvenuti (o che siano gravi), sta avvelenando il pozzo. Non sta informando i suoi interlocutori.

Terza domanda:

FQ: Un team di avvocati italiani ha chiesto all’Ema i dati integrali sulla sicurezza del vaccino. La risposta è stata negativa: i dati sono coperti da “segreto militare”. Cosa ne pensa?

La domanda è conseguenza dei tanti articoli in cui il FQ ha dato spazio a richieste simili da parte di vari avvocati e legali durante la pandemia. Giornalismo sarebbe spiegare che queste richieste dati sono paragonabili alla richiesta alla Coca Cola di divulgare la formula con cui viene fatta la famosa bevanda. EMA e AIFA citano parte dei loro regolamenti che includono anche il segreto militare, ma il succo, che qualsiasi scienziato dotato di spirito critico sa,  è che i dati epidemiologici – che sono quelli che realmente interessano chi si occupa di salute – sono consultabili da quando è stato messo in distribuzione il vaccino. I dati che vengono chiesti invece riguardano la filiera di produzione, protetta da segreto industriale, come è normale che sia. Omettere questi dettagli sia da parte di FQ che di Doshi è a nostro avviso fare cattiva informazione.

E passiamo alla quarta domanda:

FQ: Lei aveva denunciato sul BMJ un problema di trasparenza dei dati da parte degli enti regolatori: esiste ancora?

DOSHI: La Fda è stata costretta a rilasciare i dati di Pfizer, ma non è sufficiente…

Anche qui siamo ancora fermi al punto uno: i dati epidemiologici sono disponibili per tutti, i dati su composizione e filiera produttiva del vaccino sono riservati perché, se fossero resi disponibili senza passare prima un processo di revisione e oscuramento dei dati sensibili, alcuni di coloro che ne venissero in mano potrebbero riprodurre il procedimento e violare il brevetto, con danno economico per chi ha speso soldi nelle ricerche necessarie ad arrivare a quel punto. Al pubblico finale questi dati non interessano, non riguardano la sicurezza dei farmaci (che invece si verifica guardando i dati che vengono pubblicati nei rapporti pubblicati settimanalmente), bensì la loro produzione. Se mettiamo in dubbio quelli e ci impuntiamo sul voler leggere quel dato, dovremmo fare lo stesso per qualsiasi prodotto non esistente in natura.

Quinta domanda:

FQ: Secondo uno studio condotto presso la Charité di Berlino su 40.000 partecipanti, il numero di complicazioni gravi dopo la vaccinazione contro Sars-CoV-2 è stato 40 volte superiore a quello precedentemente riportato: 8 casi su 1.000 (0,8%) contro 0,2 casi su 1.000 (0,02%)

DOSHI: Il tasso di 8 complicazioni gravi ogni 1.000 vaccinazioni è decisamente preoccupante e vorrei vedere lo studio.

I giornalisti di FQ non spiegano che:

Doshi – che probabilmente di questo sondaggio senza alcun valore scientifico evidentemente non ha conoscenza – va dietro alla loro domanda, senza porsi il dubbio se lo studio sia o non sia reale. Anche qui omettere cose già note da settimane e porre la domanda a Doshi senza spiegare appunto quanto da noi (e soprattutto dalle agenzie di stampa tedesche) era già stato chiarito non è fare giornalismo, ma sensazionalismo o malainformazione.

Sesta domanda:

Qual è la sua valutazione della terza dose?

La risposta di Doshi parla di calo dell’efficacia vaccinale, ma lo fa usando un termine che abbiamo già visto da altre parti, siero, che in inglese si traduce con serum. Onestamente vorremmo leggere il botta e risposta in inglese. In nessuna delle tante interviste e editoriali che abbiamo letto di Doshi viene usata da lui la parola serum al posto di vaccine, come è giusto che sia.

Davvero Doshi intervistato ha usato siero invece che vaccino? O è una licenza presa dai due autori italiani? Così fosse sarebbe molto grave. Il termine serum/siero viene usato quasi esclusivamente negli ambienti complottisti e anti vaccinisti da soggetti che cercano di denigrare e sminuire il lavoro fatto in questi due anni contro la pandemia, sfruttarlo in questo contesto mostra solo il pregiudizio di chi firma il testo. Come spiegava su Quotidiano Sanità il Professor Giovanni di Guardo:

Il suo nome è vaccino e non chiamatelo siero, per favore!

…Il termine “siero” indica, ove correttamente utilizzato in campo biomedico, la “componente liquida del sangue”, una volta che lo stesso sia stato privato del “fibrinogeno” e della cosiddetta “frazione corpuscolata”, rappresentata quest’ultima dai globuli rossi, dalle piastrine, dai granulociti, dai monociti e dai linfociti…

…Appellare un “vaccino” col nome di “siero”, il fluido biologico in cui è possibile documentare e quantificare, al contempo, la risposta immunitaria (anticorpale) elaborata dall’ospite conseguentemente alla vaccinazione, così come all’infezione, costituisce pertanto un grossolano errore…

Fatichiamo a credere che l’errore lo faccia Doshi in inglese, facendolo a quel punto ricadere sui due autori dell’articolo, che evidentemente hanno un grosso pregiudizio nei confronti del vaccino al punto da nominarlo come fanno i complottisti.

Settima domanda:

Il Ceo di Pfizer Albert Bourla, secondo quanto riportato dalla Verità, avrebbe detto che il vaccino dura troppo poco, meno di un anno. Anche i prossimi booster dovranno essere ripetuti più volte in un anno?

Il CEO di Pfizer non scrive per la Verità, un giornalista va a verificare quale sia la fonte dell’affermazione e parte da quella. La fonte è una frase di Bourla riportata a CNBC a gennaio 2022 in un’intervista dal titolo:

Pfizer CEO says two Covid vaccine doses aren’t ‘enough for omicron’

Nell’intervista Bourla spiega e ripete più volte che siamo in questa situazione per colpa della variante Omicron, variante che nell’intervista a Doshi non viene mai citata né dai giornalisti né dall’intervistato. Curioso, non trovate? Sia chiaro, è vero che Bourla nella sua intervista alla CNBC mostra chiaramente quanto poco sappiamo sulla durata della protezione contro Omicron data da una possibile terza dose, nessuno nasconde nulla. Il problema, come dicevo a inizio articolo, è il pregiudizio con cui le domande vengono fatte e l’omissione di elementi che servono a inquadrare al meglio le cose che vengono riportate. Nota bene: da nessuna parte nell’articolo del FQ vengono riportati dati falsi, ma chi ha studiato giornalismo (e immagino i due autori l’abbiano fatto) sa bene come costruire e vendere al lettore una notizia basata solo su una tesi anche dando solo informazioni corrette, è la scuola Report di cui sono anni che qui su BUTAC parliamo.

Non crediamo di poter aggiungere altro.

redazione at butac punto it

Se ti è piaciuto l’articolo, sostienici su Patreon o su PayPal! Può bastare anche il costo di un caffè!
Un altro modo per sostenerci è acquistare uno dei libri consigliati sulla nostra pagina Amazon, la trovi qui.