Sulla testata Il Fatto Quotidiano è stato di recente pubblicato un articolo a firma Mauro del Corno, dal titolo:
Nell’articolo vengono riprese le parole di Vincent Mortier, responsabile degli investimenti di Amundi, asset manager europeo. Stavolta, insomma, la filastrocca de “le sanzioni hanno fatto più male all’Europa che alla Russia” non arriva (esclusivamente) dai soliti noti, ma da qualcuno dotato di una certa competenza.
Questo breve articolo non si propone di mettere la parola fine a una discussione che andrà sicuramente avanti per gli anni a venire, ma di evidenziare piuttosto quali siano le principali criticità nella comprensione di quanto stia effettivamente accadendo in Russia e, dall’altra parte, di cercare di fare un po’ di chiarezza.
In un articolo di Fortune dello scorso marzo si mettono bene in chiaro alcuni punti essenziali:
Tra marzo e aprile l’FMI, l’OCSE e la Banca Mondiale hanno pubblicato delle stime sull’andamento del PIL russo per l’anno corrente: il primo prevedeva un rialzo dello 0.7%, la seconda una contrazione dello 0.2%, mentre l’ultima addirittura una del 2.5%. I recenti avvenimenti hanno portato a un rialzo del prezzo del petrolio col conseguente miglioramento delle aspettative per la Russia, da cui l’espansione del 2.2% prevista dall’FMI e correttamente riportata nell’articolo del Fatto.
Ora, prima di rimanere ingarbugliati tra i numeri, credo che valga la pena chiarire una cosa.
Ciò detto, riprendiamo l’articolo di Mauro del Corno. Qui viene rimarcato che:
Secondo le stime del colosso europeo del risparmio gestito Amundi, nel 2024 la crescita economica della Russia sarà il triplo di quella della zona euro.
Ecco, l’andamento del PIL della zona euro è tanto facilmente consultabile quanto quello russo. L’area euro ha visto una contrazione solamente nel 2012 e nel 2020 per ragioni note a noi tutti, mentre in Russia la situazione è stata molto più ballerina, essendo sostanzialmente legata alle fluttuazioni del prezzo del petrolio e del gas naturale. Ricordiamoci peraltro che in termini assoluti il PIL russo è stato inferiore a quello italiano dal 2014 all’anno scorso e rimane ancora oggi paragonabile (seppur la popolazione sia tre volte superiore), mentre se il +2.2% dell’FMI è una stima, il -2.1% dell’anno scorso è un dato ormai assodato. Per concludere l’argomento PIL, suggerisco di dare una letta ad un bell’articolo di Meduza del 6 luglio scorso, che oltre a ribadire il dubbio sui dati Rosstat da parte di economisti internazionali, termina facendo presente come non appena le spese per la difesa diminuiranno la crescita economica potrebbe fermarsi.
L’articolo del Fatto prosegue quindi citando malamente Vincent Mortier:
Questi numeri “significano che Stati Uniti, Europa, Giappone ed Australia non sono in grado di sanzionare efficacemente uno stato […] “Le sanzioni, ha continuato, [sic] hanno avuto un qualche effetto in termini di congelamento dei patrimoni personali di qualche individuo ma poco altro.
Sorvolando su quell’orribile “ha continuato” inserito nella citazione come se l’avesse davvero pronunciato il povero Mortier, mi vorrei soffermare su alcuni elementi che ci parlano esplicitamente di effetti ben più visibili di quelli presi in considerazione sia dall’articolista che dal responsabile degli investimenti.
Tornando a quel che sappiamo per certo, è interessante notare come, per la prima volta nella storia della Russia moderna, la legge di bilancio firmata dal presidente russo lo scorso 22 novembre prevede un’allocazione di risorse maggiore per le spese militari che per le spese sociali, rispettivamente di 120.8 mld $ e 84.7 mld $ per gli anni 2024-2026. Altrettanto interessante è la sospensione dell’indicizzazione dei salari per tutto il 2024, con eccezione per le forze armate e le forze dell’ordine: d’altronde un qualche incentivo all’arruolamento ci vuole pure. Tutto questo accade dopo che nel corso del 2023 si è registrata una forte perdita di valore del rublo, il cui tasso di cambio col dollaro statunitense è aumentato del 25.80%. Da notare come, a corredo di quanto appena detto, la Banca Centrale Russa ha operato un rialzo dei tassi di interesse al 15%, che fa impallidire quello al 4.5% della BCE.
L’articolo del Fatto si conclude con la solita lamentela nei confronti degli USA:
Nel frattempo l’Europa paga oggi il gas il quadruplo rispetto agli Stati Uniti. Quello a basso costo proveniente dalla Russia è stato infatti rimpiazzato in gran parte dal più caro gas liquefatto proveniente soprattutto dal Qatar e dagli stessi Usa.
Insomma ragazzi, sarà pure arrivato il momento di smetterla di usare a sproposito un rialzo del prezzo del petrolio già visibile prima della guerra e un aumento del prezzo dell’energia già in essere prima del conflitto per bofonchiare contro gli USA impegnati nel sostegno all’Ucraina in modi differenti da quelli europei, che dite?
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