La Camera dei deputati, il professore e i dati omessi

Una nostra vecchia conoscenza ritorna alla Camera...

Ci state segnalando in tanti un nuovo intervento del professor Frajese, durante una conferenza in una delle aule della Camera dei deputati che vengono usate per questi scopi. La prima cosa da sottolineare, che evidentemente non è chiara a tutti, è che qualsiasi parlamentare può chiedere l’uso di queste aule e organizzare convegni d’ogni genere, pure su UFO e scie chimiche se vuole. Il fatto che siano in un’aula del Senato o della Camera dei deputati serve solo a dare una maggiore apparente autorevolezza alle informazioni riportate, senza però che le cose che vengono dette siano automaticamente corrispondenti alla realtà dei fatti.

L’intervento è della durata di dieci minuti, ne abbiamo scaricato la trascrizione per poterlo analizzare senza fraintendimenti.

Purtroppo qualche fraintendimento viene comunque, perché l’intervento del Professor Frajese non è proprio chiarissimo, ma cerchiamo di venirne fuori.

Frajese esordisce con questa frase:

Come sempre io non do mai opinioni che sono personali ma do dei dati scientifici che sono stati pubblicati e sarebbe il caso che questi dati scientifici, oggi come non mai, vengano presi presi in considerazione da parte delle istituzioni e questa commissione d’inchiesta venga al più presto messa in atto in maniera tale da renderci un minimo di verità!

La frase è curiosa, visto che non più tardi di due mesi fa sempre Frajese citava uno studio di Nature riportando solo una parte dello studio stesso – quella che collimava con quanto lui e altri asserivano – ed omettendo la parte in cui nello studio si specificava che certi cambiamenti che erano stati notati nel sistema immunitario post-vaccino erano stati osservati e segnalati anche nei pazienti COVID-19 non vaccinati. Omettere questa piccola informazione non trasformava il dato in un’opinione, ma lo rendeva meno utile, in quanto carente di una parte importante dell’analisi.

Torniamo all’intervento dell’altro giorno. Poco dopo l’attacco il professore ci dice:

La prima domanda, quella su cui si è basata tutta quanta la storia della vaccinazione obbligatoria e green pass e tutto ad esso collegato, era che i vaccini fornissero una protezione dall’infezione del 95 per cento che è un dato praticamente assoluto. Già un anno fa in Senato avevo spiegato che quel 95 per cento non era un 95 per cento assoluto ma era relativo al placebo e che in realtà il valore di efficacia assoluto di questa vaccinazione, dopo due mesi di sperimentazione, prima che soprattutto i medici e poi magistrati fossero obbligati ad entrare in questa sperimentazione, cosa che neanche la Germania nazista secondo me avrebbe fatto, era dello 0.84 per cento, dati di Peter Doshi pubblicati su Lancet.

Avete letto con attenzione? Parla di una domanda, ma io ho riascoltato tutto il discorso tre volte senza cogliere alcuna domanda. Ma vabbè, non è importante, quello che conta come dice anche Frajese sono i dati, e come ci spiega lui stesso i suoi sono quelli citati in uno studio di Peter Doshi, pubblicati sul Lancet.

In realtà Doshi ha sì fatto una disamina dell’efficacia dei vaccini anti-COVID, ma a quanto ci risulta quel dato Doshi lo confutava in un articolo sul blog del BMJ, non con uno studio (quindi non con un lavoro che avesse passato una revisione) pubblicato su Lancet. Questo è uno dei motivi per cui BUTAC rifugge un po’ i video e preferisce scrivere, le fonti sono facilmente linkabili e verificabili, invece in video voi ascoltate e vi fidate sulla base dei titoli di chi parla. Chiunque può sbagliare.

Quindi Doshi non ha pubblicato uno studio sul Lancet, ma ha comunque confutato il dato del 95% di efficacia vaccinale: ha ragione lui? Roberta Villa e Roberto Buzzetti su ScienzainRete ne avevano parlato già l’anno scorso, spiegando che:

Tra tutti gli aspetti considerati da Doshi nel suo post, ha destato particolarmente scalpore l’affermazione secondo cui la reale efficacia del vaccino di Pfizer non sarebbe del 95%, ma potrebbe essere in realtà tra il 19 e il 29% (quindi non dello 0,84% citato da Frajese ndBUTAC). A queste conclusioni il ricercatore sarebbe giunto a causa del grande numero di casi “sospetti Covid-19” tra i partecipanti allo studio, che poi non sono stati confermati dal tampone molecolare. Afferma Doshi che “secondo il rapporto della FDA sul vaccino della Pfizer, ci sono stati 3 410 casi totali di Covid-19 sospetti, ma non confermati nella popolazione complessiva dello studio: 1 594 si sono verificati nel gruppo vaccino contro 1 816 nel gruppo placebo”. Vogliamo qui approfondire questo particolare aspetto in quanto ci pare di poter smentire con i numeri questa affermazione.

Non vogliamo riportare tutto quanto spiegato dai due, potete andare a leggerlo da soli in italiano con tanto di tabelle, ma quello che possiamo riprendere è la conclusione del loro articolo:

… il valore stimato di efficacia del vaccino resterebbe inalterato, intorno al 95%.

Come raccomandava Andrea Monti nella sua riflessione di qualche giorno fa su Scienza in rete, “fidati, ma verifica”. Vale per tutti, sempre.

Ma andiamo avanti con quanto ci racconta il professor Frajese. Dopo i dati di Peter Doshi ci racconta quelli di uno studio svedese, e lo fa mostrando una tabella presa da quello studio. Spiega Frajese:

Questo che vedete qui è uno studio fatto, pubblicato su Lancet sull’intera popolazione svedese ci fa vedere l’efficacia della protezione del vaccino nel tempo. Perché un vaccino che viene studiato per 60 giorni e poi reso obbligatorio è stata una cosa che di scientifico non ha nulla, ancora mi vengono i brividi oppure le risate a seconda del momento… 

… quello che vedete nel grafico è l’andamento quindi della protezione offerta da due dosi di vaccino a sei mesi praticamente la protezione è 0, tra il settimo l’ottavo e nono mese la protezione diventa negativa. Questo è un dato che non si è mai verificato prima nella storia di qualunque vaccino che noi abbiamo conosciuto prima di questi sieri genici sperimentali mrna. che cosa significa che diventa negativa significa che le persone vaccinate si ammalano e si infettano più di quelle che non sono vaccinati ovverosia ottengono l’effetto diametralmente opposto a quello inteso…

Questo sopra è quanto ci racconta Frajese, questo sotto è quanto spiega lo studio da lui citato:

L’efficacia stimata del vaccino è stata influenzata in modo significativo dal tipo di vaccino, dall’età, dal sesso, dal servizio domestico e da tutte le diagnosi al basale ( interazione p <0,001 per tutti), ad eccezione dell’asma ( interazione p =0,86). A 61–120 giorni, l’efficacia del vaccino è scesa al 50% (IC 95% da 30 a 64; p<0,001) in soggetti di età pari o superiore a 80 anni e al 61% (47–72; p<0,001)  in soggetti con “homemaker service” che è tipo assistenza casalinga ( tabella 3 ). Per quanto riguarda il sesso, non è stata rilevata efficacia del vaccino negli uomini (17% [IC 95% da -13 a 40]; p=0,23) dal giorno 181 in poi, mentre è rimasta nelle donne (34% [da 22 a 45] ; p<0·001). Per quanto riguarda il tipo di vaccino, l’efficacia del vaccino è progressivamente diminuita per tutti i vaccini durante il follow-up, ma a velocità diverse ( tabella 2). L’efficacia del vaccino di BNT162b2 era del 92% (95% CI da 92 a 93; p<0·001) a 15–30 giorni, 47% (da 39 a 55; p<0·001) a 121–180 giorni e 23% (da −2 a 41; p=0·07) dal giorno 211 in poi. La diminuzione è stata leggermente più lenta per l’mRNA-1273, con un’efficacia del vaccino del 96% (da 94 a 97; p<0·001) a 15–30 giorni e del 59% (da 18 a 79; p=0·012) dal giorno 181 in poi . La diminuzione è stata anche leggermente più lenta per i programmi vaccinali eterologhi ChAdOx1 nCoV-19 più mRNA, con un’efficacia del vaccino dell’89% (da 79 a 94; p<0·001) a 15-30 giorni e del 66% (da 41 a 80; p<0 ·001) dal giorno 121 in poi. Al contrario, l’efficacia del vaccino per ChAdOx1 nCoV-19 omologo era del 68% (da 52 a 79; p<0·001) a 15-30 giorni, senza alcuna efficacia rilevabile dal giorno 121 in poi (-19% [IC 95% da -98 a 28]; p=0,49).

La storia della “protezione negativa” non viene mai riportata nello studio del Lancet, è probabilmente una supposizione del prof. Frajese, ma nello studio non viene mai sostenuto che finita l’efficacia vaccinale si ammalino di più i vaccinati dei non vaccinati. Quasi a sostenere che il vaccino sia la causa di un maggior numero di infezioni. Ma non è quanto afferma lo studio del Lancet, che comunque si ferma ad un’analisi basata su due dosi vaccinali. Ma anche senza il loro studio già si sapeva che i vaccini perdessero efficacia dopo un dato periodo di tempo. Non per niente è da ottobre 2021 che si parla di terzo richiamo, e da aprile 2022 che si parla di quarto richiamo (per ora per i più fragili). Non è la prima volta che un vaccino per mantenere efficacia ha bisogno di richiami, i vaccini pediatrici ne hanno svariati, e alcuni andrebbero rifatti a scadenza per tutta la vita se vogliamo esser tranquilli di esser protetti.

Ma andiamo avanti a vedere cosa racconta il professor Frajese:

Che cosa significa che si infettano più le persone vaccinate di quelle non vaccinate? Significa che c’è stata un’alterazione del sistema immunitario, il sistema immunitario, quel sistema, il nostro, diciamo, esercito naturale che ci consente di difenderci dalle malattie: in generale, virus, batteri, tumori e tutto quello che normalmente può prevenire il nostro organismo. Una perdita di efficacia nel nostro sistema immunitario si riflette in un aumento dell’esposizione e della dell’avanzamento di un centinaio di patologie…

Frajese si sta citando, o meglio sta citando qualcosa di cui aveva parlato ad aprile 2022, le alterazioni del sistema immunitario, e anche di questo ci eravamo già occupati qui su BUTAC con un articolo dell’11 aprile 2022.

Frajese sosteneva appunto quanto fossero pericolose queste alterazioni causate dal vaccino e lo spiegava appoggiandosi a uno studio di ottobre 2021, studio che lui (e gli amici di Radio Radio e ByoBlu) chiamano “studio di Nature” ma che in realtà è stato pubblicato su altra testata (meno autorevole) dello stesso gruppo editoriale. Anche questo è per noi di BUTAC sintomo di information disorder: se dici che ami i dati e credi nella scienza la precisione devi metterla in tutto, anche nella corretta descrizione dello studio, che non è stato pubblicato da Nature. Come spiegavamo nel nostro precedente articolo:

nello studio si parla di cambiamenti e si spiega che sono più o meno gli stessi che causa l’infezione da COVID-19, senza dare valutazioni sulla loro qualità o quantità.

Quindi è vero che lo studio citato parla di alterazioni del sistema immunitario post-vaccino, ma spiega anche che sono esattamente le stesse causate dalla malattia. C’è da preoccuparsi? Secondo lo studio no. Anche perché se dovessimo preoccuparci non sarebbe questione legata al vaccino in sé, ma appunto alla malattia, perché è evidente che è lei a causare questi cambiamenti.

Siamo arrivati più o meno a metà video e noi abbiamo perso circa due ore per verificare le affermazioni che venivano fatte, e recuperare i link con le fonti. Ha senso andare avanti? Tanto chi è convinto delle parole del professore non sarà arrivato nemmeno a leggere fino a qui, chi è dotato di spirito critico e curiosità si sarà già fatto la sua idea senza bisogno del nostro intervento.

Quanto sopra serve per quegli indecisi che subiscono certi allarmismi, specie se lanciati da un luogo istituzionale come la Camera dei deputati, ma sono ancora dotati di una dose spirito critico che gli permette di approfondire. Con questo siamo al terzo articolo in cui trattiamo le parole del professor Frajese, ogni volta che l’abbiamo fatto abbiamo sfruttato l’aiuto di medici (uno su tutti il nostro dottor Pietro Arina) per evitare di dire sciocchezze.

Ma non siamo i soli ad essercene occupati:

Se servirà approfondire ulteriormente ci saremo, ma per oggi crediamo che quanto sopra sia sufficiente.

Anche perché, ricordiamolo, il professore ci ha già querelato per diffamazione…

redazione at butac punto it

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