I siti più influenti che hanno creato disinformazione?

L'editoriale di fine anno

In chiusura di anno vi tocca il pippone. Quest’anno però non parliamo di noi, bensì di una classifica che è stata appena fatta circolare da tante testate italiane. Dopo aver letto articoli di giornalisti e colleghi sul tema ho ritenuto che anche qui su BUTAC fosse il caso di dire la nostra. Ovviamente quanto segue, visto che state leggendo un editoriale, riporta opinioni personali, sulle quali mi piacerebbe vedere i vostri commenti. Ma nulla di tutto questo è fact-checking. Se siete qui solo per quello tornate in home page, siamo pieni di disinformazione trattata negli ultimi giorni.

Le classifiche di NewsGuard

Come capita da qualche anno a questa parte, anche per il 2022 è arrivata la classifica di NewsGuard* sui siti ritenuti maggiormente affidabili e inaffidabili. La classifica sui siti ritenuti più affidabili vede in prima posizione Open, la testata fondata da Enrico Mentana e che ha come vicedirettore David Puente, e ci congratuliamo con loro.

Ma non è la classifica dei siti affidabili che ci interessa, bensì quell’altra, e ci interessa perché ci sono svariate cose da dire, che pochi di quelli che riportano la notizia stanno raccontando ai propri lettori.

La classifica dei dieci siti maggiormente inaffidabili sarebbe questa:

1. Ilparagone.it
2. Imolaoggi.it
3. Rassegneitalia.info
4. Lantidiplomatico.it
5. Scenarieconomici.it
6. Mag24.cloud
7. Controinformazione.info
8. Voxnews.info
9. Grandeinganno.it
10. Maurizioblondet.it

Voi che seguite BUTAC riconoscete tutti e dieci i nomi presenti in classifica, infatti a parte RassegneItalia tutti gli altri sono stati trattati più volte nelle nostre pagine.

Dove sta il problema?

Il problema – credo che alcuni di voi lo abbiano già notato – sta in quelli che mancano, non in quelli che sono citati. Il problema non è piccolo, perché chi non è in quella decina diventa automaticamente più affidabile agli occhi del grande pubblico, e questo è grave. Qualcuno nei commenti a un mio post su Facebook dove criticavo questa classifica mi rispondeva con questa frase:

Questo dovrebbe far ragionare sulla percezione che si ha su determinati siti, mentre altri che vengono considerati “piccoli” risulterebbero più condivisi e coinvolgenti.

Frase che onestamente lascia il tempo che trova, o meglio, è vero che Newsguard ha deciso di usare determinati parametri per decidere chi meriti di essere in quella classifica, e che i criteri sono spiegati nel report stesso:

NewsGuard assegna ai siti che pubblicano notizie e informazioni un punteggio da 0 a 100, a seconda di quanti dei nove criteri di credibilità e trasparenza (a cui viene associato un certo numero di punti a seconda dell’importanza) vengono rispettati dal sito stesso. Un sito con un punteggio inferiore a 60 è considerato generalmente inaffidabile. Abbiamo identificato i siti con un punteggio uguale o inferiore a 25 che hanno ottenuto il maggior engagement su Facebook e Twitter nel 2022 (Mi piace, condivisioni e commenti) stando ai dati di NewsWhip.

Quindi la classifica include i siti in base ai criteri di valutazione di NewsGuard sull’affidabilità, identificando quelli che sono sotto ai 25 punti, e poi li mette in ordine in base all’engagement ottenuto su Twitter e Facebook. Il problema è che sia su Facebook che su Twitter negli ultimi due anni la policy verso chi disinforma è stata diversa rispetto al passato. Facebook ha cominciato a bannare e chiudere pagine di disinformazione, e a diminuire l’engagement di chi veniva segnalato come diffusore di fake news. Stessa cosa, in più piccolo e solo fino all’era Musk, è avvenuta su Twitter. Difatti i grandi disinformatori non hanno presenza o quasi su quelle piattaforme, si sono trasferiti da inizio pandemia su altri canali, Telegram sopra tutti.

ImolaOggi su Telegram non arriva a 15mila follower, RassegneItalia ha 336 follower, ScenariEconomici 25mila, Mag24Cloud nemmeno ha un canale Telegram ufficiale, ControInformazione non ha un canale Telegram ufficiale degno di nota, VoxNews ha 830 follower, GrandeInganno ha poco più di 6291 follower, Blondet non ha Telegram.

Quelli che non abbiamo citato nell’elenco qua sopra sono gli unici che hanno un engagement su Telegram simile a quello di quelli che in classifica non ci sono. Due nomi su otto: Paragone e L’Antidiplomatico. E ci siamo limitati a verificare Telegram, ma oggi l’information disorder corre su Rumble, TikTok, YouTube, Whatsapp, gruppi aperti, gruppi chiusi, newsletter, per non parlare di quelli che hanno canali TV, emittenti radio o giornali in edicola.

Non importa fare nomi

Se seguite BUTAC con assiduità sapete benissimo quali sono i nomi noti che mancano in quella classifica. Quello che siamo qui a “denunciare” è che dare a intendere che quelli siano i dieci siti che più disinformano in Italia – come hanno fatto molti di quelli che hanno riportato la notizia – è sbagliato, ma lo è anche parlare tout court dei “siti più influenti” o “siti con maggiore engagement” come ha fatto NewsGuard, perché si tratta di un engagement limitato a due, e solo due, dei maggiori social network, sui quali tra l’altro la circolazione della disinformazione (con successo variabile) viene limitata. Vengono invece lasciate fuori le molte altre piattaforme nate negli ultimi anni – a volte proprio per reazione alla moderazione dei contenuti sui grandi social network – su cui la disinformazione viaggia molto più comoda e incontrastata. Quelle riportate nella classifica sono solo le dieci realtà che nel disinformare hanno generato più interazioni su Twitter e Facebook negli ultimi dodici mesi. Esclude quindi tutti i profili di quei disinformatori che sono riusciti a farsi chiudere gli account su Facebook e Twitter e si sono trasferiti su altre piattaforme, che sono tante, in continua crescita, e che vanno considerate nello stilare una classifica del genere, altrimenti si rischia di dare l’immagine di una situazione diversa da quella che vediamo nella realtà.

Non spiegarlo chiaramente può essere controproducente, perché offre una visione parziale del problema. Chi, del pubblico generalista, legge quella classifica probabilmente ha sentito nominare Paragone, L’Antidiplomatico e forse Blondet, gli altri sono nomi sconosciuti che potrebbe non aver mai incontrato sul suo cammino. Quindi si convincerà che il problema sia di una minuscola nicchia di gente che si informa su siti dai nomi dubbi, quando invece il problema è molto più diffuso.

Cui prodest?

Mi spiace, ma in quest’ottica ritengo la classifica di NewsGuard poco utile ai fini della lotta alla disinformazione. Capisco la necessità di legarsi a specifici parametri, ma Twitter e Facebook erano indice di popolarità e social engagement fino al 2019, da allora sono via via calati di importanza nel panorama della disinformazione (e non solo). E anche allora erano indice di popolarità in particolar modo per due specifiche categorie: adulti, spesso over 50, e giornalisti. Non vogliatemene.

Concludendo

In conclusione, lasciatemelo dire: ma perché deve sempre essere BUTAC a fare il bastian contrario e scrivere articoli che ci portano sempre nuovi nemici? Se andiamo avanti così arriverà il giorno che diventeremo noi l’unica vera controinformazione (visto che chi diceva di fare controinformazione è ormai diventato mainstream con tanto di canali TV), annichilita tra oracoli e colonne del mondo.

Per il 2023 posso anticiparvi che è previsto un grande evento a Bologna, in collaborazione con i ragazzi di Minerva, evento per il quale siamo in procinto di raccogliere un po’ di fondi. E sta per uscire un progetto su cui ancora non posso dire troppo, ma che arriverà a inizio febbraio, una collaborazione importante che ci siamo davvero entusiasmati a fare.

Tra i buoni propositi c’è quello di allinearci un po’ di più ai dettami dell’International Fact-Checking Network del Poynter Institute, per entrare magari anche noi a fare parte della grande famiglia dei fact-checker certificati.

Buon anno a tutti, grazie di averci fatto compagnia fino a qui!!!

maicolengel at butac punto it

*da WIKI: NewsGuard è uno strumento giornalistico e tecnologico che valuta la credibilità dei siti Web di notizie e informazioni e tiene traccia della disinformazione online.

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