Gli effetti della disinformazione sulla gente

Commentiamo in un editoriale un confronto che circola su Twitter tra il professor Massimo Galli e una signora dal pubblico che ha perso il padre a causa di COVID-19

Oggi trattiamo un video in due parti che sta circolando su Twitter, un video che a me ha lasciato un’amarezza che non sono capace di descrivere.

Protagonisti del video sono una donna il cui padre è morto durante la pandemia, e il professor Galli che non viene mai inquadrato ma la cui voce risponde alla domanda della donna. Il video viene condiviso su Twitter così:

La signora, basandosi su video e servizi giornalistici visti e letti nell’ultimo periodo – in particolar modo cita quanto detto da Palù a Porta a Porta il 10 maggio 2023 – chiede con tono accusatorio al professor Galli:

Come mai nell’arco della sua esperienza, che abbiamo potuto vedere ha sviolinato (credo intendesse sciorinato ndmaicolengel) un fantastico curriculum, abbia avallato quello che è stato un protocollo ministeriale senza alcuna valenza scientifica che è costata la vita a 188mila persone?

Galli risponde a nostro avviso in maniera comprensibile ma un po’ violenta:

Questa è una grossissima sciocchezza! Sono morte 190mila e rotti persone ma sono state uccise dalla COVID! Bisogna che qualcuno si cacciasse in testa che per la COVID in stato avanzato siamo ancora senza una terapia veramente efficace.

Il clima si scalda, la signora alza la voce cercando di superare il volume di Galli, e lo incalza:

Risponda a questa domanda se è capace! Lei mi deve rispondere a questa domanda. Io sono un familiare che ha diritto ad avere una risposta perché ho perso mio padre con questo protocollo. Allora io le dico, lei ha avallato un protocollo ministeriale…

Galli alza la sua di voce, la situazione prende una piega che ha qualcosa di assurdo.

Non solo l’ho avallato, ma ho contribuito a scriverlo! Non ne sono per nulla pentito.

Da una parte abbiamo una donna, in stato di evidente agitazione, dall’altro lato (del ring, possiamo dire) abbiamo un medico che si sente accusato di qualcosa, e invece che argomentare e spiegare con calma si agita a sua volta. La donna insiste:

Bene bene perfetto, Remdesivir, ossigeno sparato nei polmoni a manetta e morfina, questo è il protocollo ministeriale che è stato imposto. Io le porto la cartella clinica di mio papà e le faccio vedere come sono stati curati.

Galli invita la signora a stare zitta e sedersi. I toni si alzano ulteriormente. La conclusione della signora è dimostrazione che si era di fronte a una provocazione a cui non andava dato spago:

Io volevo solo sentire dal professore che dicesse “non ho avvallato questo protocollo criminale”. Avevo bisogno di una risposta sola.

La voce che sentiamo, senza che il professore venga mai inquadrato, è agitata, nervosa, i toni si sono alzati. Questo non va bene. Questo modo di fare non aiuta la divulgazione dei fatti. Sia chiaro, noi siamo d’accordo con Galli per quanto riguarda la parte scientifica, ma non per quanto riguarda modi e toni. Chi non sa rapportarsi con il pubblico generalista non dovrebbe partecipare a incontri dove vi sia uno spazio di confronto col pubblico. Specie in un momento storico come quello attuale.

La signora avrà lasciato la sala rafforzata nella propria convinzione che Galli è uno dei “poteri forti” e probabilmente qualcun altro in sala si sarà posto dei dubbi su questo professore che si arrabbia e alza la voce, nel tentativo di sovrastare le parole di una che ha perso il padre da poco.

Imparare a gestire al meglio queste situazioni dovrebbe essere parte del percorso di studi di chi decide di fare divulgazione o insegnamento.

maicolengel at butac it

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