Il figlio del Drake, le truffe e il giornalismo

Sulle stesse pagine che raccontano i raggiri si accolgono senza alcun tipo di contrasto le pubblicità truffaldine, e nessuno a cui venga in mente di insegnare ai propri lettori a difendersene...

Sono tante le testate giornalistiche che hanno riportato la notizia che il figlio di Enzo Ferrari si sarebbe adirato per delle false interviste, create grazie all’intelligenza artificiale, dove lui stesso, intervistato da Fabio Fazio, sembra proporre investimenti ad alto rischio, addirittura facendosi da garante per gli incassi garantiti, o perlomeno così riportava ANSA.

Le testate che raccontano la notizia pubblicano un virgolettato dello stesso Ferrari:

Io non ho il profilo social. Sono stati proprio gli amici a segnalarmi tre video diversi che mi ritraggono con Fazio o con un’altra presentatrice.

Questa frase lascia intendere che questo genere di truffe circolino solo ed esclusivamente sui social, ma questa è una bugia, grossa. Queste truffe circolano ovunque ci sia un gestore degli spazi pubblicitari scarsamente interessato a tutelare quegli spazi, e unicamente interessato a fare grandi guadagni.

Guarda caso proprio sotto l’articolo dove si parlava della truffa realizzata usando i nomi di Fazio e del figlio del mitico Enzo ecco che su Quotidiano Nazionale, in uno degli spazi gestiti da Taboola, appariva Luciana Littizzetto, con un post sponsorizzato che rimandava a un falso articolo con falsa intervista realizzata grazie all’intelligenza artificiale.

Su questa curiosa coincidenza ho fatto un post su Twitter taggando il fornitore di pubblicità e la testata QN, ovviamente non ho ricevuto alcuna risposta né da Taboola né da Qn.

Quello che vorrei fosse chiaro è che non riteniamo Taboola colpevole della truffa, o QN complice visto che è anche grazie a questi post sponsorizzati che la truffa raggiunge più pubblico, ma sarebbe bello vedere queste agenzie e questi editori mettere dei filtri agli annunci, filtri fatti bene. Anche BUTAC ha pubblicità, più di quello che vorremmo, e ci fa guadagnare spicci, ma la ragione degli spicci è che abbiamo imposto al nostro fornitore di pubblicità di evitare tutte quelle categorie pubblicitarie che pagano bene ma portano l’utente su siti a rischio.

Ogni tanto può capitare che qualche pubblicità invadente e poco adatta superi il filtro imposto, ma ci stiamo attenti, e interveniamo appena ce ne accorgiamo. Perché le testate nazionali da decine, se non centinaia, di migliaia di utenti quotidiani non riescono a fare lo stesso? Davvero la fame di quei centesimi supera l’etica professionale?

Concludo con una sola considerazione: negli articoli su Piero Ferrari ci viene raccontato che ha “attivato il suo ufficio legale” cosa che ovviamente gli costerà denari, magari tanti, ma qualcuno dovrebbe spiegare al dott. Ferrari che è assolutamente inutile mettere di mezzo degli avvocati. Un post sponsorizzato truffaldino viene fatto da account di soggetti residenti in Paesi non europei, o comunque dove non c’è l’estradizione per truffa. Sono pressoché intoccabili. Magari, invece che limitarsi a riportare il caso del povero Ferrari, giornali e agenzie giornalistiche potrebbero spiegare ai lettori come funzionano queste truffe e come cercare di evitarle.

Noi lo facciamo da anni…

maicolengel at butac punto it

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