Giornalismo, narrazioni ed etica – Il caso SpaghettiPolitics

Redazione Butac 15 Set 2020
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In data 12 settembre la pagina SpaghettiPolitics, gestita da Michela Grasso, è stata chiusa dopo essere stata hackerata. Non si sa molto dell’origine di questi hacker, che in poco tempo hanno cancellato tutti i post della pagina Instagram. E in meno di una giornata, anche alcuni giornali hanno riportato l’accaduto. 

Cos’è SpaghettiPolitics?

Fino a qualche settimana fa, la pagina instagram di SpaghettiPolitics era un comune punto di riferimento per essere aggiornati sugli episodi di politica italiana ed estera. Soprattutto per le questioni legate al tema del razzismo, dell’omofobia e della violenza, che la pagina in questione ha sempre condannato. 

Dopo quanto accaduto a Willy Monteiro Duarte, il ventenne barbaramente ucciso a Colleferro, anche la pagina di SpaghettiPolitics ha voluto esprimere la propria posizione al riguardo. Una posizione che è stata condivisa dalla influencer di tutti gli influencer: Chiara Ferragni.

Chiara Ferragni, dall’alto dei suoi venti milioni di follower, ha così reso SpaghettiPolitics una pagina seguita non più da venti migliaia di follower, ma da oltre settantamila. 

Il potere mediatico della Ferragni ha così concesso voce e visibilità a una ragazza che ha criticato, in una story Instagram di poche righe, il linguaggio giornalistico italiano e sottolineato il problema di razzismo nel Bel Paese.

L’articolo del giornale “Il Tempo”

Il Tempo, nel riproporre un’intervista fatta a Michela Grasso da La Repubblica, ha pubblicato un articolo che su Facebook veniva presentato con la didascalia “Piccoli martiri 2.0 crescono”. Questa descrizione non è piaciuta alla fondatrice e admin di SpaghettiPolitics, al punto da chiedere dai suoi canali social che venisse rimosso l’articolo de Il Tempo. Articolo che tra le altre cose riportava questa frase qui:

La giovane, in un’intervista a la Repubblica, assicura di essere stata vittima di una truffa. E spunta il complotto fascista.

L’articolo, molto breve, de Il Tempo parla di un complotto fascista, che però non esiste se non nel loro articolo. Nel titolo il “sabotaggio fascista” viene addirittura virgolettato.

Abbiamo posto anche noi alcune domande a Michela Grasso, che si è gentilmente prestata a un breve botta e risposta.

BUTAC: In primis ti volevamo chiedere di preciso quando hai trovato il tuo profilo hackerato, e se hai risolto il problema?

Michela Grasso: Ieri notte, non ho risolto il problema, Instagram sta cercando di risolverlo, quindi ho molta fiducia nella riuscita. Mi sono fatta aiutare da alcuni contatti e followers, che sono riusciti a contattare Instagram. E poi l’esposizione mediatica immagino possa spingere a voler risolvere il problema.

BUTAC: Ma solo Il Tempo ha scritto quell’articolo su di te? E ha finto anche di intervistarti?

Michela Grasso: No, la Repubblica per prima (che mi ha veramente intervistata), Il tempo si è liberamente ispirato all’intervista. Forse anche Varese News non so, mi avevano scritto.

BUTAC: Quindi hai riportato loro delle informazioni e delle dichiarazioni? O hanno inventato (quelli de Il tempo) tutto di sana pianta?

Michela Grasso: Il Tempo si è inventato questa mia dichiarazione sui fascisti, aggiungendo la descrizione “Martiri 2.0” al post su Facebook. La Repubblica mi ha intervistata per davvero non lo hanno inventato.

L’articolo del quotidiano La Repubblica non riporta nulla riguardo il tema fascismo o su eventuali “martiri” o “complotti”. L’unica ipotesi formulata da Michela Grasso è che a qualcuno abbia dato fastidio la sua presa di posizione. 

Alla domanda: “Michela, cosa è successo?”, la risposta è stata un semplice ordine degli eventi. Michela, dopo l’impennata fino a 70.000 followers, ha richiesto l’uso delle spunte blu a Instagram per ufficializzare il proprio profilo. Dopo poche ore, dal profilo simile a quello Instagram è arrivato un link. Lì la trappola: “E così ho perso due anni di lavoro”. 

Il titolo sbagliato de Il Tempo e le insinuazioni su un complotto fascista

Le parole di Michela si possono facilmente interpretare per incomprensione, ma non vi è alcuna menzione alla cultura fascista. Il titolo di Repubblica, con il termine “cultura fascista”, non vuole fare riferimento a quanto accaduto alla pagina di SpaghettiPolitics, ma su quanto accaduto a Willy Monteiro Duarte, e la presa di posizione del post condiviso da Ferragni.

Un’altra dimostrazione della mancata qualità della pubblicazione de Il Tempo è la parziale intervista, per non parlare dell’assenza del nome di un autore. Ma siamo abituati al pararsi le spalle da parte di certe redazioni che non firmano ogni pezzo “a rischio”, lo fanno tutte le testate da noi più spesso trattate, da Il Tempo a Libero Quotidiano. Al massimo firmano con “La Redazione”. Così che il vero responsabile di quanto riportato abbia il proprio nome protetto da eventuali denunce per falso.

Non serve aggiungere altro, questo è il modo di fare giornalismo a cui ormai ci siamo assuefatti e abituati. Impossibile cambiarlo senza una seria riforma dell’Ordine e dei doveri di ogni redazione. Ma sono pensieri utopici. Speriamo comunque che Michela veda i suoi sforzi non vanificarsi e recuperi la sua pagina, con i 50 mila nuovi follower che le ha portato l’attenzione di Chiara Ferragni. 

BUTAC da tempo è su Instagram, prossimi ai 10mila follower, a noi mancano Fedez e Ferragni a condividerci, ma siamo comunque felici di esserci e poter portare avanti anche lì la nostra lotta per la corretta informazione. A proposito, se tutto va bene oggi (15 settembre 2020) saremo intervistati da WiredItalia, su Instagram, in merito alle tante bufale circolanti sul 5G. Per chi volesse potete seguirci qui.

Dave Bihrman

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