Il complotto Open Arms (3 di 3)
Le narrative che aiutano a confermare i pregiudizi piacciono molto. Ma purtroppo bisogna stare attenti a seguirle, perché alla fine si diventa complottisti tanto quanto quelli che non credono allo sbarco sulla Luna. Vedere seri professionisti, politici, accademici cascare nella condivisione di complotti come quello che vedrebbe protagonista Open Arms, ONG che soccorre migranti nel Mediterraneo, è triste.
E invece ci cascate in tanti. Ovviamente la cosa è stata ben congegnata. Da un lato abbiamo tanti che condividono le immagini delle unghie della camerunese salvata dalle acque. Mani con lo smalto, a quanto raccontano. Ma è una bufala, che intanto getta il germe del dubbio. Poi abbiamo una lunga serie di altri profili che condividono lo spezzone di un video dove si vedono volontari di Open Arms che tagliano un gommone, con la scritta Open Arms 30 jun 18. Dare a intendere che sia la prova che i gommoni sono di proprietà di Open Arms, che li affonda per nascondere le prove, è un’altra narrativa facilmente sbufalabile, ma che trova i suoi estimatori.
Poi arriva il colpo di genio. Sfruttando un montaggio di La7, il sito Il Cappello Pensatore ci regala una perla di complottismo non da poco.
Due filmati. Due interventi diversi ma con un paio di denominatori comuni: l’intervento di Open Arms e la stessa identica disposizione degli oggetti dopo l’intervento. È il falso di Open Arms?
Il succo, spiegato dal “pensatore” con tante parole è semplice. Un video che è andato in onda su La7 il 18 luglio mostrerebbe immagini di repertorio risalenti al 30 giugno. Tra quelle immagini si mostrano anche quelle che la ONG ha “spacciato” per il salvataggio durante il quale è stata tratta in soccorso Josefa e recuperati i corpi di un bimbo piccolo e della sua mamma.
Le immagini del soccorso sono state diffuse il 17 luglio, il servizio di La7 (anzi i servizi di La7) sono del 18 luglio. Spiegatemi: cosa ci sarebbe di così strano se avessero scelto di usare anche materiale nuovo? Ma analizziamo il video di La7, che sarebbe la prova che le immagini sono le stesse del soccorso del 30 giugno.
Tutto regolare. Secondo “protocollo”, la Open Arms scrive sul bordo del gommone chi ha operato il salvataggio e la data: 30 giugno 2018.
Poi tagliano il gommone per evitare che possa essere utilizzato di nuovo dagli scafisti. Semmai fosse necessario un elemento per escludere che sia il filmato del salvataggio di Josefa e del recupero dei due corpi, questo è fondamentale.
Secondo Open Arms, il Gommone su cui viaggiavano Josefa e i corpi è stato tagliato dalla Guardia Costiera libica, giusto?
Abbandonando al loro destino Josefa e i due corpi, giusto? La Guardia Costiera libica per il caso del 16-17 luglio è accusata di omissione di soccorso, giusto?
Quindi sono due eventi diversi, giusto?
Non notate niente altro?
…
Adesso occorre che qualcuno spieghi, perché è davvero incredibile.
Sulla Open Arms ci sono testimoni attendibili, quali un rinomato cestista, una giornalista e un deputato di LeU.
Eppure gli oggetti, il paiolato e perfino la sagoma rossa del filmato di repertorio del 30 giugno sono perfettamente compatibili con l’immagine del 17 Luglio. Appare essere solo una diversa inquadratura.
È possibile che le correnti marine giochino scherzi simili?
È possibile che, a distanza di 17 giorni, le correnti marine dispongano gli oggetti nello stesso identico modo?
Il “pensatore” nemmeno ci prova a ipotizzare che siano due video montati insieme. Eppure il taglio tra un video e l’altro è ben evidente.
Sono video diversi, il secondo spezzone per evitare di mostrare i due cadaveri è persino censurato coi pixel. Da nessuna parte La7 sostiene siano immagini del 30 giugno, lo è sicuramente il primo spezzone, nessuno lo mette in dubbio. Ma il secondo?
Il secondo spezzone video invece viene da quello sopra, qui nella versione non censurata. Diffuso in rete sempre il 17 luglio dai volontari Open Arms. Al Jazeera ci ha fatto un montaggio il 19, usando le stesse immagini, per raccontare la denuncia di Open Arms contro Italia e Libia.
A Spanish NGO is accusing Libya’s coast guard of leaving two women and a toddler to die at sea. pic.twitter.com/aNQLKzvEcC
— AJ+ (@ajplus) 19 luglio 2018
È possibilissimo e non ci trovo niente di strano nel fatto che una redazione scelga di sfruttare un pezzo di video abbastanza forte come quello del recupero dei due cadaveri, e lo monti in un collage di immagini che raccontano i soccorsi dei migranti via mare. Nessuna prova di un complotto. Non lo erano le unghie curate, non lo erano i gommoni affondati, non è lo è nemmeno questo maldestro tentativo. Ma qualcuno (forse troppi) ci crederà. C’è sempre qualcuno che ci casca. E le cose non sembrano migliorare.
maicolengel at butac punto it
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