La settimana scorsa siete stati in tantissimi a segnalarci un articolo de Il Tempo che parlava dell’ultimo rapporto ISTAT. Non è passata giornata senza che ce lo segnalaste sia sui social che per email.

L’amico Elio Truzzolillo sulla sua bacheca Facebook ha scritto una lunga analisi dove ci citava, che abbiamo ritenuto perfetta.

Ve la riportiamo qui con il suo consenso.


Prima di passare all’ultima fatica del direttore de Il Tempo Franco Bechis, vale la pena ricordare che furono lui e il suo giornale a rilanciare e difendere strenuamente la bufala delle analisi di Corvelva sui vaccini che contenevano più inquinanti di una discarica illegale.

Ovviamente mentre tutta la comunità scientifica oscillava tra il riso isterico e lo sdegno profondo la bontà della “notizia” fu difesa sul quotidiano da fenomeni quali il presidente dell’Ordine dei biologi Vincenzo D’Anna e l’esperto di nano cose Stefano Montanari (pare che altri “esperti” fossero irreperibili). Ancora aspettiamo le pubblicazioni scientifiche incontrovertibili su riviste prestigiose che ci avevano promesso.

Ieri però II Tempo ha fatto un vero e proprio scoop che fa impallidire quello degli inquinanti nei vaccini: ha scoperto che i morti di Covid non sono morti di Covid. Il mondo sta facendo un casino pazzesco per un semplice errore di valutazione che fortunatamente hanno scoperto i prodi eroi.
Voi immaginerete che tutte le agenzie stampa del pianeta stiano rilanciando la notizia vero? Beh pare proprio di no, pare che nel mondo l’incredibile scoop non se lo stia cagando nessuno.

Strano vero?

Ma qual è la segretissima fonte a cui hanno avuto accesso questi mastini di giornalisti che l’intero sistema solare ci invidia? Udite udite, un rapporto dell’Istituto Superiore di Sanità che immagino non sarà tanto diverso da altri rapporti che periodicamente ogni stato del pianeta fa da mesi a questa parte. Eppure questa verità che era sotto gli occhi di tutti l’hanno vista solo loro. È davvero un peccato che il Premio Pulitzer venga assegnato solo a giornali statunitensi altrimenti non ci sarebbe stata gara.

Cosa dice di nuovo l’ultimo report dell’ISS?

Nulla se siete normodotati in quanto a buona fede, molto se vi chiamate Franco Bechis. Il rapporto aggiorna i dati relativi alla divisione dei decessi per patologia cronica. Dal campione di decessi analizzato solo il 2,9% dei deceduti aveva zero patologie, l’11,4% presentava una patologia cronica, il 18% due e il 67,7% almeno tre patologie croniche. Questo è sufficiente fare scrivere al sagace Bechis che:

“…il virus che ha messo in ginocchio il mondo avrebbe ucciso assai meno di una comune influenza. Sembra un’affermazione strampalata e da no vax…”

Quindi non solo il genio della lampada non conteggia i decessi con una o più patologia ma arriva a sostenere che i decessi “veri” sarebbero stati meno di quelli di una comune influenza (con cui invece notoriamente muoiono solo persone sanissime). Non contento aggiunge che la sua potrebbe sembrare un’affermazione strampalata e da novax (ma no guarda mi pare un discorso serissimo).

Perché Bechis conteggia solo le persone prive di qualsiasi patologia? Ce lo spiega poco dopo:

“Perché tutti gli altri italiani che hanno perso la vita avevano da una a cinque malattie che secondo l’Iss dunque lasciavano già loro poca speranza”

Ora, io non l’ho visto il passaggio del rapporto dell’ISS in cui si dice che tutti quelli con patologie croniche avevano già “poca speranza di vita” (se qualcuno lo trovasse me lo indichi) e non so cosa significhi questa espressione. Una persona con l’ipertensione, un obeso, un diabetico, chi ha un qualunque problema cardiaco, ha per definizione “poca speranza di vita”? O molte di queste persone possono vivere una vita decente per decenni?

Ma tagliamo la testa al toro nel caso qualcuno pensi che Bechis abbia scritto qualcosa di sensato e che i decessi provocati dal “virus in sé”, lui usa questa espressione, siano solo 3.783 (questo significherebbe tra l’altro che l’eccesso di mortalità del 2020 sia stato provocato da attacchi di noia): già nel luglio 2020 un rapporto congiunto ISTAT-ISS analizzava la rispondenza ai severi criteri fissati per definire un decesso per Covid. Il rapporto si basava sull’analisi eseguita da esperti su 4.942 cartelle cliniche. Nell’89% dei casi il Covid è stato definito la causa direttamente responsabile della morte, nel rimanente 11% invece poteva essere solo una concausa.

Capito Bechis?

Non puoi attribuire alla carlona le cause dei decessi secondo tuoi personali criteri per cui se uno è allergico al polline allora non è morto per Covid. Tanto per dire secondo l’Annuario ISTAT 2017 il 39% dei residenti in Italia è affetto da una patologia o condizione cronica, non sono tutti moribondi. Tanto per dire ci sono a spanne 3,5 milioni di diabetici, 7-15 milioni di ipertesi, 2 milioni di malati oncologici e più di un milione di obesi gravi, non moriranno tutti nei prossimi mesi (vi ho risparmiato i cardiopatici, gli asmatici, i trapiantati, chi ha malattie renali, autoimmuni, epatiche, ecc. ecc.).

La cosa che comunque rende lo scoop un qualcosa di tragicomico è che i dati sulle patologie croniche di chi è deceduto per Covid erano assolutamente noti ben prima dell’ultimo rapporto che li ha solo aggiornati. Lo scoop non esisterebbe neanche se i ragionamenti del direttore de Il Tempo avessero un senso (e non lo hanno).

Ma dove vuole arrivare Bechis?

Ovvio, vuole dimostrare che abbiamo avuto un abbaglio collettivo e che tutte le restrizioni sono state un errore dovuto alla mancanza di dati affidabili. Scrive infatti:

“Ma se non è il virus ad uccidere gli italiani, allora mi spiegate perché la scienza ha imposto tutto quello che abbiamo visto in questo anno e mezzo abbondante?”

Capito? Non è stato il virus a uccidere sono sono stati gli attacchi di noia come già scritto sopra. Ma onestamente si possono scrivere cose del genere e pretendere di essere considerate persone serie?

Tra l’altro è appena il caso di ricordare a Bechis e ai lettori de Il Tempo che non sono stati tanto o solo i decessi che hanno guidato le restrizioni e i lockdown (i picchi dei decessi sono seguiti di qualche settimana) ma la saturazione delle strutture sanitarie. Una saturazione che provoca a cascata altri decessi, interruzioni di terapie, rinvii di interventi chirurgici, pronto soccorso poco efficienti e mancati screening e diagnosi.

Concludendo

La riflessione finale è che si fanno dotte riflessioni su come affrontare la sfida di una popolazione sempre più in preda delle istanze antiscientifiche.
Al di là delle solite menate sulla comunicazione della complessità, sulla necessità di una scuola che insegni il senso critico così come si insegnano le tabelline (buona fortuna) o di questo o quell’altro magico metodo per “dialogare”, sarebbe già moltissimo se i media “tradizionali” la smettessero semplicemente di pubblicare e/o trasmettere spazzatura.
Purtroppo manca la sanzione sociale per chi lo fa. Avete mai visto un giornale o una trasmissione televisiva criticare duramente bufale o manipolazioni pseudo scientifiche di un altro giornale o di un’altra trasmissione televisiva?

A quanto pare sarebbe contro il bon ton, che tradotto significa che tra i giornalisti cane non mangia cane. Per questo il buon Franco Bechis sarà sempre gradito ospite delle maratone di Enrico Mentana. Sia chiaro, non sto invocando leggi, regolamenti o interventi della magistratura, sto parlando di comportamenti volontari di chi avendo un minimo di amor proprio (o amor di patria se siete nazionalisti) isola, critica e addita comportamenti opportunistici all’interno della propria categoria.

Questo non ha nulla a che fare con le limitazioni della libertà di espressione, anzi, criticare un collega per difendere l’onorabilità della propria professione è la sublimazione della libertà di espressione. Fare finta di niente è corporativismo, è codardia, è quieto vivere più consono a un direttore delle poste* che a un giornalista. Ma per questi alfieri della libertà che sono i nostri giornalisti la regola aurea del cane non mangia cane vige incontrastata.

Perché i deliri di un Bechis non farebbero danni se non ci fosse il silenzio compiacente di tutti i suoi colleghi. Poi dice perché uno deve leggere BUTAC per capirci qualcosa.

*Porgo le solite scuse a tutti i direttori delle Poste d’Italia. È stata la prima professione che mi è venuta in mente.

Elio Truzzolillo

Non crediamo sia necessario aggiungere altro alle parole di Elio se non il link al comunicato stampa con cui ISS ha smentito le varie interpretazioni dei dati da loro riportati.

La redazione di BUTAC – redazione at butac punto it

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