Indi Gregory e le cose che non vi dicono

Il parallelo tra Tafida e Indi: verifichiamo se i due casi sono paragonabili

Indi Gregory è morta, e i giornali italiani hanno ancora una volta cavalcato il sensazionalismo della notizia omettendo tanti, troppi particolari, e in certi casi facendo paralleli che dimostrano un’assoluta malafede da parte di chi ha tentato nelle ultime settimane di far trasferire la piccola Indi qui in Italia.

Il parallelo che abbiamo visto fare su molti giornali italiani è con il caso di Tafida Raqeeb, di cui ci eravamo occupati qui su BUTAC già nel 2020. Evidentemente sono pochi i giornalisti che prima di scrivere un articolo fanno due ricerche e arrivano qui. Su Adnkronos ad esempio leggiamo questo titolo:

Caso Indi, il medico che curò Tafida: “L’intervento dei giudici è una sconfitta”

L’articolo fa un paragone tra il caso di Tafida e quello di Indi, ma viene omesso un dettaglio importantissimo. Tafida, a quanto riportato dall’Alta Corte inglese, non soffriva a seguito dell’emorragia cerebrale. Il suo trasferimento, seppur inutile per l’evolversi della sua condizione, non comportava ulteriori sofferenze. Indi invece soffriva. Cerchiamo di mettere in riga le informazioni salienti su entrambi i casi perché i fatti risultino più chiari, visto che i giornalisti italiani nella maggioranza dei casi hanno attentamente evitato qualsiasi approfondimento.

Tafida Raqeeb: una lotta continua

Tafida Raqeeb, a nove anni, è attualmente ricoverata nell’hospice dell’ospedale pediatrico Gaslini di Genova. A quattro anni dal suo ricovero, la situazione di Tafida rimane complessa. Nonostante abbia lasciato il reparto di rianimazione e iniziato un percorso di riabilitazione, respirando autonomamente per brevi periodi, la sua condizione non è migliorata in maniera radicale. Contrariamente a ciò che molti potrebbero credere, la permanenza di Tafida in un hospice, un luogo tipicamente associato alle cure palliative, sottolinea la gravità della sua condizione. Questo contrasta con le speranze iniziali dei genitori di una ripresa sostanziale. Anche se leggete sui giornali che la piccola sta meglio in realtà la sua condizione è sempre la stessa: a nove anni si trova ricoverata da quattro nella stessa struttura da cui difficilmente uscirà mai. Di questa storia ne avevamo parlato nel 2020 spiegando appunto che:

…non ho letto nessuna promessa di miglioramento delle condizioni cerebrali da parte dei medici italiani. Quello che si sta facendo è solo far sì che la bimba possa essere accudita fuori da una struttura ospedaliera, magari senza bisogno di essere collegata a una macchina per tutto il tempo. Nulla di più. E difatti dal Royal di Londra ora si è passati a un hospice che si chiama il Guscio dei bimbi.

Arab News racconta:

 …i medici italiani non hanno mai promesso una cura, hanno detto che avrebbero potuto tenerla in vita per vedere se le sue condizioni migliorassero.

Indi Gregory: un tragico epilogo

Indy Gregory, affetta da sindrome da deplezione del DNA mitocondriale, è tristemente deceduta dopo una lunga battaglia legale. I suoi genitori hanno lottato per trasferirla in Italia per tentare delle cure, ma sono stati ostacolati dalle decisioni dei legali del Regno Unito. La decisione di interrompere il supporto vitale è stata presa in un hospice, luogo che come accennavamo prima evidenzia la delicatezza e la difficoltà delle decisioni mediche in casi così gravi. Secondo le sentenze del High Court del Regno Unito, Indi soffriva di “significativo dolore e angoscia” a causa del trattamento ricevuto, ritenuto inutile dai medici. Questa valutazione ha influenzato la decisione di trasferirla in un hospice e di interrompere il supporto vitale. Come riportato su SkyNews24 britannico:

I medici affermano che il trattamento ricevuto da Indi provoca dolore ed è inutile, ma i suoi genitori non sono d’accordo e vogliono che il trattamento continui.

Qui potete trovare tutte le sentenze sul caso che quasi nessun giornalista italiano vi ha riportato, sentenze che evidenziano in maniera chiara le sofferenze costanti a cui era sottoposta la piccola. Sofferenze che la portavano, secondo le sentenze, a così tanto dolore da darne evidenti segni, tra cui piangere.

Differenze e somiglianze

Entrambi i casi hanno sollevato questioni critiche riguardo al trattamento dei minori in gravi condizioni, e ai limiti dell’intervento medico. Mentre Tafida continua a ricevere cure in un contesto di hospice, la storia di Indi si è conclusa in modo tragico. È essenziale comprendere che, nonostante le differenze, entrambi i casi mostrano la complessa intersezione tra medicina, etica e legge.

Il caso di Tafida ha mostrato che, anche senza dolore evidente e con un certo livello di stabilità, le speranze di un recupero significativo possono rimanere limitate. Per Indi, la decisione finale è stata influenzata dalla valutazione del suo dolore e dalla qualità della vita, portando a una conclusione tragica, sebbene in quello che è stato definito “il suo migliore interesse”.

La contraddizione nel trattamento dei bambini malati in Italia

Il dottor Salvo di Grazia, a.k.a. MedBunker, ha scritto un post su Instagram, che vi invitiamo a leggere nella sua interezza, in cui sottolinea l’ironia e la tristezza di una situazione in cui l’attenzione pubblica e politica si è concentrata su casi esteri come quello di Indi Gregory, mentre migliaia di bambini italiani soffrono in silenzio e nell’indifferenza. Come spiega Di Grazia, infatti, in Italia solo il 18% dei bambini gravemente malati e senza speranza di guarigione riceve cure palliative pediatriche adeguate. Molti di loro subiscono trattamenti dolorosi come la nutrizione parenterale e la ventilazione, senza ricevere un adeguato sollievo dal dolore. Nonostante l’esistenza della legge 38/2010 preveda il controllo e la soppressione del dolore per evitare la sofferenza, nella realtà molti bambini soffrono inutilmente. Ma di questo nel nostro Paese, nonostante affligga migliaia di piccoli, non si parla mai, mentre – se può essere utile a qualcuno – si può dibattere per giorni e settimane di un singolo caso, anche se non riguarda il nostro Paese.

Conclusione

Le decisioni prese nei casi di Tafida e Indi non sono solo questioni mediche, ma anche profonde riflessioni sulla dignità umana e sull’etica della cura. Politici, giornalisti e anche qualche medico hanno sfruttato il caso per visibilità mediatica, omettendo dettagli che avrebbero fatto pendere l’ago della bilancia decisionale da un lato che a loro non andava bene. Al vostro posto smetterei di seguire quei politici e quelle testate giornalistiche che hanno omesso di raccontarvi delle sofferenze di Indi, ma io sono solo un fact-checker.

maicolengel at butac punto it (con l’assistenza di ChatGPT per la ricerca di alcune sentenze britanniche e per la bozza del paragrafo su Tafida)

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