“Uccidere il cancro”, marketing e medicina

PATERLINI

L’oncologa Patrizia Paterlini in queste settimane è stata un po’ come il prezzemolo, l’abbiamo vista su riviste femminili, testate nazionali, persino a Porta a Porta; il messaggio che porta è di speranza, ma forse non tutto è come ci viene raccontato.

Su Donna Moderna spiegava cosa è la sua grande scoperta, l’ISET:

«Un esame del sangue che riesce a individuare la presenza di cellule neoplastiche circolanti nell’organismo molto prima che il tumore raggiunga una dimensione tale da essere “visibile” con Pet, Tac e risonanza magnetica. Nel caso del cancro al seno, gli studi epidemiologici hanno dimostrato che l’invasione tumorale ha inizio 5-6 anni prima della diagnosi. Un tempo che, nelle cure, può fare la differenza. Purtroppo il test ha ancora un limite: non è in grado di individuare l’organo da cui derivano le cellule malate. Per ora, almeno, perché la ricerca è già in fase avanzata».

Ed è tutto vero, la dott.ssa Paterlini ha studiato un nuovo test per individuare i tumori. E ci ha pure scritto un libro, che si intitola Uccidere il cancro, edito da Mondadori.

Ma allora perché ne parliamo su BUTAC?

Perché è vero che la dottoressa ha fatto una scoperta importante, ma prima di verificarla nella maniera corretta la sta spingendo in tv e sulla stampa, quasi che gli studi che la devono validare non siano importanti. Di questo si sono accorti in tanti. Carmine Pinto su Quotidiano Sanità spiega:

“Mancano dati che validino con studi clinici controllati l’impiego di questo tipo di esame nella pratica clinica. Le conclusioni della professoressa Paterlini-Brechot sono infatti basate su di un unico studio pubblicato nel 2014 da un gruppo francese – ha continuato il presidente nazionale Aiom – L’individuazione di marcatori precoci di rischio è un tema rilevante della ricerca oncologica. Una delle strade percorse si basa sull’individuazione di geni difettosi che possano predisporre allo sviluppo del tumore. Si parte cioè dal principio che la probabilità di sviluppare la malattia sia già scritta nel nostro Dna molti anni prima della diagnosi. Ma, a oggi, si tratta di un interessante e promettente settore di ricerca non ancora supportato da evidenze per l’utilizzo in sanità pubblica. Meno del 2% della popolazione è portatore di mutazioni con sindromi ereditarie a rischio di sviluppare il cancro”.

Nino Cartabellotta della Fondazione Gimbe:

“E’ inaccettabile che la televisione di Stato permetta a ricercatori in palese conflitto di interessi di diffondere informazioni sulla salute delle persone non ancora validate dalla comunità scientifica e che al momento non hanno nessuna applicazione reale nella pratica clinica e nella sanità pubblica”

“Milioni di italiani in questi giorni – dice l’associazione – si stanno chiedendo dove effettuare il tanto semplice quanto miracoloso esame del sangue che permette di sapere se il nostro corpo sta per essere (o è già stato) invaso dalla malattia più temuta, il cancro. Dopo l’ampio spazio su vari quotidiani, anche il (dis)servizio pubblico di Porta a Porta ha permesso alla dottoressa Paterlini-Bréchot di presentare il suo libro ‘Uccidere il cancro’. Il cavallo di battaglia della ricercatrice è il cosiddetto test Iset*, che sarebbe in grado di diagnosticare il tumore con diversi anni di anticipo, alla modica cifra di 486 euro, ovviamente (e giustamente) non rimborsati dal Servizio sanitario nazionale“.

Non va proprio benissimo per la dott.ssa Paterlini, o meglio a lei va bene visto che stampa e tv le stanno offrendo largo spazio pubblicitario per il suo libro, ma mi pare ovvio che il mondo scientifico, quello serio fatto di lunghe attese prima di poter dare risultati al grande pubblico, sia decisamente incavolato con lei e con la sua campagna promozionale.

Sempre Cartabellotta sul sito della Fondazione Gimbe spiega:

Il sito web dell’azienda Rarecells, riferisce Gimbe, riporta che ‘la tecnologia Iset* è stata validata da oltre 50 studi scientifici indipendenti realizzati su oltre 2 mila pazienti affetti da differenti tipologie di tumore e più di 600 soggetti sani’. Tuttavia, fa notare ancora la Fondazione, “i suddetti studi sono sì sostenuti da avvincenti ipotesi scientifiche e promettenti risultati preliminari, ma non legittimano alcuna raccomandazione per la pratica clinica, né tantomeno informazioni da diffondere alla popolazione, a dispetto di quanto affermato in maniera molto convincente sul sito web ‘isetbyrarecells.com/it’. A riprova di questo il test non è citato, né tantomeno raccomandato, da nessuna linea guida nazionale o internazionale sulla diagnosi di alcun tumore“.

È tutto chiaro? Meno del 2% della popolazione si stima posso sviluppare cancro come quello che verrebbe identificato dal test ISET, e comunque gli studi controllati non sono ancora stati fatti. Siamo di fronte a un classico caso di autopromozione, probabilmente in buona fede, ma l’effetto è confondere il paziente finale e non fare informazione come invece dovrebbero fare la RAI e le testate giornalistiche che hanno pubblicizzato test e libro con troppa enfasi.

maicolengel at butac punto it

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