24enne muore di troppo gaming

Sull’Huffington Post il 2 luglio 2020 è apparso un articolo (con fonte il Daily Mail) che titola:

In casa per il lockdown, passa ore ai videogiochi: allenatore 24enne muore per trombosi

L’articolo è un sunto quasi perfetto di quello del Daily Mail, che vi ricordo non è accettato come fonte nemmeno dalla Wikipedia in lingua inglese. Un sunto che dimostra l’assoluta mancanza di spirito critico, o forse è solo malafede.

Attaccare il gaming va sempre bene, genera visualizzazioni per merito dell’indignazione.

Perché ho parlato di spirito critico?

Perché la notizia è vera: un ragazzo è morto per una trombosi venosa profonda. La causa della sua morte è la trombosi, il motivo della stessa pare essere la lunga immobilizzazione. PUNTO. Il gaming non ha alcuna colpa.

Come viene poi spiegato nell’articolo, citando (malamente, vedremo dopo il perché) il padre:

“Quando sei davanti allo schermo le ore volano. L’ho sperimentato anche su me stesso. Lo avevo spinto a uscire per andare a fare la spesa vendendolo molto giù, ma mai avrei pensato che sarebbe stato colpito da una trombosi. È una patologia che come molti associo alle persone anziane, a qualcosa a cui dobbiamo fare attenzione quando saliamo sugli aerei”, ha detto il padre.

Lo stesso può accadere appunto a un lavoratore in smart working, che stacca e invece che andare a fare un giretto si mette davanti ai social, sempre dalla stessa postazione, tanto è a casa, e ci sta ore… magari nella stessa posizione ci guarda pure la tv. Ancor peggio per chi lo smart working non ha potuto farlo ed è rimasto a casa, in cassa integrazione, magari bloccato a chilometri di distanza dai propri affetti. Muoversi era la parola d’ordine, e lo è ancora, perché comunque muoversi fa bene, che siamo o meno in lockdown.

Gaming innocente

Il gaming non ha nulla a che fare con la morte di questo ragazzo, il fatto che uno giochi non implica il rischio di una trombosi. Basta ricordarsi di muoversi, e non restare ore e ore nella stessa posizione. La frase ripresa dall’Huffington Post era anche sul Mail, ma la fonte mi pare di capire sia una testata locale che raccontava la triste storia di Louis Greening e i consigli del padre:

It is very rare in such circumstances but speaking to medical professionals I discover there has been a number of cases in youngsters during this lockdown. “Like many, I associate it with older people and something we are warned about on planes. As more and more of us are working from home it is likely you are not getting out your chair as much as you need. Stand up, walk around, and please, warn your kids. If I can prevent one loss in my son’s name then that’s one bright light that will shine on Louis.

Non è esattamente come il sunto dell’HuffPost ma ci andiamo vicini. Andrebbe raccontato che alcuni studi ritengono che l’incidenza di casi di trombosi dopo l’età adulta sia di uno su mille. In un Paese anziano come l’Italia i casi di trombosi venosa profonda sono  qualcosa di abbastanza comune. La Fondazione Veronesi spiega che non esistono numeri esatti nel nostro Paese, ma i casi generici di trombosi in Italia si stima siano circa 50mila l’anno. Sempre dalla Fondazione Veronesi:

La mortalità è del 32 per cento nei casi non diagnosticati e scende all’8 per cento in quei casi diagnosticati e adeguatamente trattati.

Articoli come quello dell’Huffington Post dimostrano purtroppo lo scarsissimo interesse per certi argomenti, pur di far girare i contatori. Tanto è firmato La Redazione, non è realmente una bufala, il copia riassumi e incolla dal Daily Mail è pratica abbondantemente sdoganata, checcefrega.

Questo è lo stato dell’informazione.
Poi ci lamentiamo delle fake news… che ridere.
maicolengel at butac punto it

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