Buoni postali & dubbie associazioni

Suona come qualcosa di già sentito, per caso?

Ci avete segnalato una notizia che sfrutteremo non tanto per la notizia in sé, ma per mettere sulla mappa l’ennesima associazione per difendere il consumatore che sfrutta un giochino trito e ritrito.

La segnalazione che ci è arrivata riguarda un articolo pubblicato su Quotidiano di Puglia, dal titolo:

In un libro trova tre buoni postali da 5mila euro: oggi varrebbero 185mila euro. La battaglia di Lucia per riavere i suoi soldi

L’articolo è purtroppo scritto molto male da una redazione che probabilmente si è limitata a copiare e incollare senza nemmeno rileggere il testo, basta vedere le prime righe dell’articolo, se così possiamo chiamarlo:

In un libro vecchio trova tre buoni postali fruttiferi, ciascuno del valore nominale di 5mila lire, emessi nel 1993, per un valore totale di 15 milioni di vecchie lire. Così Lucia Giorgiani, una donna di 76 anni di Andrano, nel Salento, si è rivolta ad Associazione Italia per cercare di recuperare il denaro che oggi, secondo la valutazione di un esperto, ammonterebbe a circa 185mila euro.

Nel titolo ci viene detto che sono tre buoni postali da 5 mila euro, che diventano da 5 mila lire nella seconda riga dell’articolo, ma che in realtà, se la matematica non è un’opinione, dovrebbero essere da 5 milioni di lire (per tre = 15 milioni).

La parte più bella è l’invenzione completa della rivalutazione monetaria: 15 milioni di lire del 1993 oggi equivalgono a 15.160.159 14.176,74 euro, altro che 185mila euro. (avevo usato un indice che si ferma al 2021 come rivalutazione, giustamente corretto da uno di voi che ci leggete).

Ma tanto l’avete capito, siamo di fronte a uno dei soliti comunicati stampa, sfruttati da tempo per dare visibilità sui quotidiani ad associazioni che in cambio di piccole quote d’iscrizione promettono miracoli. Associazioni che grazie a questi comunicati stampa distribuiti a tutti i quotidiani locali e nazionali riescono a farsi pubblicità gratuitamente.

Giusto perché sia chiaro, ricordiamo per l’ennesima volta:

I Buoni Fruttiferi Postali rappresentati da documenti cartacei si prescrivono trascorsi dieci anni dalla relativa data di scadenza. La prescrizione dei Buoni Fruttiferi Postali cartacei determina la decadenza dal diritto al rimborso sia del capitale investito che degli interessi maturati (art.8, comma 1, D.M. 19 dicembre 2000). La titolarità dei Buoni Fruttiferi Postali cartacei emessi dal 18 novembre 1953 fino al 13 aprile 2001 è del Ministero dell’economia e delle finanze e l’importo dei Buoni si prescrive a favore del Ministero stesso.

Quindi se i tre buoni sono, come riportato, del 1993, potrebbero essere ancora riscuotibili: esistono infatti buoni fruttiferi trentennali, che scadono quest’anno e che vanno in prescrizione nel 2034. C’è un solo piccolo problema: se è questo il caso, Associazione Italia è assolutamente inutile, la signora basta che presenti i suoi buoni in posta per l’incasso, che però non sarebbe di 185mila euro, bensì di circa 100mila euro di meno. Come qualsiasi giornalista avrebbe potuto verificare.

Invece c’è abbondanza di redazioni che non si rendono conto che quello che stanno pubblicando è un articolo inutile, spesso completamente falso, che serve solo a veicolare un marchio, in questo caso quello di Associazione Italia, degni eredi di Giustitalia, Agitalia o una delle tante viste negli ultimi dieci anni, come riportavamo già nel 2019:

Il giochino è vecchio e stantio: inventarsi (o romanzare) storie che abbiano motivo di finire sui giornali per fare pubblicità a un’associazione che sostiene di difendere il consumatore. Non cascateci, smettetela di fidarvi delle testate che queste notizie le pubblicano, sono un’ottima cartina tornasole per decidere quali redazioni siano serie e quali invece pubblichino senza la minima verifica.

Ritengo sia abbastanza inutile scrivere più righe su questa storia, spiegarvi il perché e il percome sia fuffa di quella dannosa. L’abbiamo già fatto nelle tante precedenti occasioni.

redazione at butac punto it

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