I cani e il vaiolo delle scimmie…

Malattie infettive emergenti, quali e quante fake news!

Negli anni ci siamo fatti alcuni amici tra gli addetti ai lavori che si occupano di materie scientifiche, e a volte qualcuno di loro ci manda dei contributi da pubblicare sul sito. Oggi è il turno di Giovanni Di Guardo, professore di Patologia Generale e Fisiopatologia Veterinaria presso la Facoltà di Medicina Veterinaria dell’Università degli Studi di Teramo, che ci ha inviato questo piccolo ma importante contributo sul vaiolo delle scimmie.

Se qualcuno pensava che la “saga delle bufale mediatiche” avesse toccato l’apice con la pandemia da Covid-19, per la quale la stessa Organizzazione Mondiale della Sanità aveva coniato l’eloquente espressione “infodemia”, quel qualcuno s’illudeva alla grande!
ADNKRONOS 9 maggio 2022 Epatite acuta pediatrica, caccia a cause: anche i cani sotto lente
Alla colossale fake news dei cani che trasmetterebbero l’agente responsabile dei casi di “epatite acuta grave” (di causa tuttora ignota, peraltro) recentemente osservati nella popolazione pediatrica del Regno Unito e di altri Paesi europei e non (Italia compresa), si è infatti associata l’altra gigantesca bufala che ancora una volta ascriverebbe al miglior amico dell’uomo – e non già al “cane della prateria”, che a tutt’altra specie appartiene! -, il ruolo di potenziale ospite e diffusore di “monkeypox virus”, il virus del vaiolo delle scimmie, che costituisce motivo di allerta per le Autorità Sanitarie del nostro così come di molti altri Paesi europei ed extraeuropei.
Detto altrimenti, mentre cambia la “materia del contendere”, non cambia ahimé/ahinoi l’approccio alla materia, vista e considerata altresì la pressoché totale e perdurante assenza dei Medici Veterinari dalla scena mediatica.
E dire che le “malattie infettive emergenti” riconoscono, nel 70% dei casi, una comprovata o presunta origine dal mondo animale! Per buona pace, giustappunto, della “One Health”, la salute unica di uomo, animali e ambiente!

Alle parole del prof. Di Guardo vogliamo aggiungere qualcosa per confutare più precisamente l’articolo del 24 maggio di Adnkronos, in cui il virologo Pasquale Ferrante faceva preciso riferimento al caso del 2003 negli Stati Uniti: ma sarebbe bastato cercare pochi secondi per accorgersi che l’affermazione era imprecisa.

La Federazione Nazionale degli Ordini dei Veterinari Italiani ha emesso il 21 maggio un comunicato stampa che vi riportiamo nella sua interezza:

Nei giorni scorsi abbiamo letto su giornali di rilevanza nazionale che il vaiolo della scimmia (monkeypox) possa essere trasmesso all’uomo anche dai cani. Questa notizia ha fatto clamore e sollevato preoccupazione e allarmismi inutili.

Si tratta ovviamente di un errore giornalistico o di documentazione delle fonti giornalistiche, probabilmente legato all’incursione di monkeypox del 2003 negli Stati Uniti.

Il virus arrivò in Texas con una spedizione di animali importati dal Ghana, nell’aprile 2003. La spedizione conteneva circa 800 piccoli mammiferi di ben nove diverse specie. Tra questi vi erano scoiattoli, ratti, topi, istrici e ghiri. I test di laboratorio del CDC identificarono il monkeypox in due ratti giganti africani, nove ghiri e tre scoiattoli. Dopo l’importazione negli Stati Uniti, alcuni degli animali infetti furono tenuti assieme a cani della prateria, presso le strutture di un venditore di animali dell’Illinois. Questi cani della prateria furono poi venduti come animali domestici prima che sviluppassero segni di infezione. Tutte le persone infette dal monkeypox nel focolaio del 2003 si ammalarono dopo aver avuto contatti con cani della prateria infetti, sia per contatto diretto che indiretto, mediante pulizia delle gabbie/cucce degli animali infetti. In seguito il cane della prateria è stato studiato a fondo come modello animale per questo virus.

ll nome “cane” di questo animale deriva dal verso simile ad un latrato che esso emette per avvertire i suoi simili di qualche pericolo, anche se in realtà si tratta di un roditore della famiglia degli scoiattoli (Sciuridi) che vive nelle grandi praterie americane. Quindi, l’affermazione che il monkeypox possa essere trasmesso dai cani è assolutamente sbagliata e non ci sono evidenze in letteratura che i cani possano avere un ruolo nell’epidemiologia del monkeypox. Per fare una battuta ironica, potrei dire che in questo caso i cani della prateria sono stati cosi bravi da trarci in inganno.

Non serve aggiungere altro.

redazione at butac punto it

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