Cybersecurity per PMI: smettiamola di rimandare
Perché le PMI italiane continuano a ignorare il rischio cyber, pur essendo le più colpite?

Il 4 giugno si è tenuto a Palazzo Mezzanotte l’evento organizzato da helmon, un’occasione fondamentale per chi si occupa di sicurezza informatica in Italia. I dati condivisi parlano chiaro: il nostro Paese, pur rappresentando solo l’1,8% del PIL mondiale, è stato bersaglio del 10% degli attacchi cyber globali. Un’anomalia che colpisce soprattutto le PMI, spesso lasciate sole ad affrontare minacce sempre più sofisticate, con strumenti insufficienti e scarsa consapevolezza dei rischi.
Ne avevamo già parlato su BUTAC nel nostro primo articolo in collaborazione con helmon, in cui abbiamo affrontato i falsi miti che portano troppe piccole imprese a ignorare la cybersicurezza.
Ma a partire dai confronti emersi durante l’evento e dai feedback diretti di chi ha già affrontato un attacco informatico, è ormai evidente che serve un cambio di passo. E non domani: oggi.
Perché non ci hai ancora pensato?
Nonostante i numeri sugli attacchi informatici siano allarmanti, molte PMI italiane continuano a rimandare qualunque decisione in ambito di cybersicurezza. Più che una scelta consapevole, è spesso il risultato di una serie di percezioni fuorvianti e ostacoli ricorrenti.
Uno dei principali è sicuramente la difficoltà a orientarsi: la cybersicurezza è un ambito denso di sigle, acronimi, inglesismi e linguaggi tecnici che disorientano. Ma ciò che rende davvero complicato l’approccio è la mancanza di strumenti pensati per rendere il tema accessibile, guidato, comprensibile. Le piattaforme più evolute oggi hanno iniziato a semplificare il percorso, automatizzando funzioni e offrendo indicazioni passo dopo passo, ma per molte imprese resta ancora difficile capire come e dove iniziare.
Un altro elemento è la confusione su cosa comprenda, di fatto, la cybersicurezza. Protezione, prevenzione, assicurazione, supporto tecnico: spesso vengono presentati come un insieme indistinto, senza indicazioni chiare sul loro ruolo o sulla loro utilità in base al contesto aziendale. Manca, insomma, una visione d’insieme che aiuti a comprendere quando serve cosa.
C’è poi un’idea ancora piuttosto diffusa: quella che questi servizi siano pensati solo per imprese di grandi dimensioni, con infrastrutture IT interne, personale specializzato e budget consistenti. In parte è comprensibile, perché molte soluzioni disponibili sul mercato sono effettivamente progettate per medie e grandi aziende. Ma, come abbiamo già avuto modo di vedere, oggi a essere più esposte sono proprio le PMI.
Non mancano nemmeno le difficoltà di processo. Anche le imprese che vorrebbero investire nella cybersicurezza si scontrano con un mercato composto in larga parte da fornitori strutturati, orientati alla consulenza personalizzata e ai servizi gestiti – soluzioni efficaci, ma costose e complesse, poco adatte a chi cerca chiarezza e immediatezza. Questa distanza tra offerta e bisogno frena anche le PMI più consapevoli. Soluzioni più standardizzate, modulari, con prezzi in chiaro e possibilità di attivazione immediata aiutano invece a fare il primo passo con meno incertezze.
Infine, resta un nodo importante: la fiducia. Preventivi opachi, pacchetti standard poco adattabili, costi aggiuntivi non dichiarati in fase iniziale. Il timore di incappare in spese impreviste è reale, e per molte imprese rappresenta il vero freno all’azione. È qui che la trasparenza diventa determinante. Poter consultare un catalogo ordinato, con servizi spiegati in modo semplice e prezzi ben visibili, cambia il modo in cui si percepisce l’intero tema.
Cosa blocca davvero le PMI
Accanto ai falsi miti che frenano l’adozione di misure di cybersicurezza, ci sono alcune criticità più profonde che rendono difficile per molte PMI anche solo iniziare a orientarsi. Dalle analisi emerse durante l’evento del 4 giugno, e confermate dai riscontri operativi, si possono individuare tre fattori principali.
Il primo è la fatica decisionale: molte imprese si trovano di fronte a un’offerta frammentata, composta da servizi tecnici non sempre coordinati tra loro, con nomi e descrizioni poco trasparenti. Senza una guida, la percezione di dover scegliere “alla cieca” tra opzioni troppo tecniche o troppo generiche finisce per paralizzare ogni iniziativa.
Il secondo ostacolo è l’assenza di strumenti integrati. La cybersicurezza viene spesso presentata come una somma di soluzioni separate: test, software, assicurazioni, piani di emergenza, formazione. Ma senza un’architettura coerente, anche le misure più valide rischiano di essere inefficaci. È la mancanza di una visione d’insieme, non dei singoli strumenti, a impedire una protezione reale.
Infine, pesa una diffusa sfiducia nell’offerta: molte aziende hanno vissuto esperienze negative con preventivi poco chiari, pacchetti “standard” mal adattabili e un linguaggio tecnico che confonde e allontana. Il risultato è che anche chi è consapevole dei rischi tende a rimandare. A cambiare le cose può essere invece la possibilità di accedere a servizi trasparenti, con costi visibili e spiegazioni comprensibili, che restituiscano all’imprenditore la sensazione di controllo.
Le caratteristiche di un intervento efficace
Un intervento cyber efficace non si misura solo sulla capacità tecnica di contenere un attacco, ma su come riesce a inserirsi nei tempi, nei linguaggi e nelle esigenze reali di chi lo subisce. Il primo fattore è la tempestività: in caso di attacco, ogni minuto conta. Le PMI non possono permettersi tempi morti o attese per “parlare con un esperto”; serve un servizio attivo 24/7, che sappia intervenire subito, anche fuori orario e anche senza che l’azienda sappia esattamente cosa sta succedendo.
Il secondo elemento è la pluralità di competenze coinvolte. Un attacco informatico non è solo un problema IT: ci sono ricadute legali, obblighi di notifica, rischi reputazionali, scelte comunicative da gestire in tempo reale. Per questo la risposta dev’essere multidisciplinare, capace di affiancare l’azienda in tutti gli aspetti dell’emergenza.
Terzo punto: l’intervento deve adattarsi ai sistemi esistenti dell’azienda. Molte PMI hanno infrastrutture ibride, stratificate, spesso poco documentate. Una risposta efficace non chiede di “rifare tutto”, ma si innesta su ciò che c’è, mappa rapidamente le vulnerabilità reali e agisce secondo le priorità più urgenti.
Infine, c’è un elemento spesso sottovalutato: la continuità. Un buon intervento non si esaurisce con il contenimento del danno. Deve aiutare l’azienda a capire cosa rafforzare, come prevenire attacchi futuri e come costruire una postura più solida.
E proprio qui entra in gioco un aspetto emerso con chiarezza negli ultimi feedback raccolti: quello che colpisce di più l’utenza sono la trasparenza e la semplicità d’uso del sistema. Poter accedere a un catalogo di servizi chiaro, con costi espliciti e attivabili facilmente, è ciò che conquista davvero la fiducia dei clienti. Per molte PMI, è la prima volta che “capiscono cosa stanno comprando” — e questo, più della tecnologia, è ciò che fa scattare la decisione.
Serve un nuovo paradigma, non un nuovo tool

Una delle difficoltà maggiori per le PMI che si avvicinano al mondo della cybersicurezza è la sensazione di trovarsi davanti a un linguaggio chiuso, a preventivi poco leggibili, a soluzioni troppo tecniche o generaliste. Per questo, la trasparenza è oggi un valore strategico, non solo etico.
Dall’analisi delle esperienze raccolte negli ultimi mesi emerge un dato interessante: ciò che più sorprende e convince le aziende non è necessariamente l’adozione di tecnologie complesse o la promessa di personalizzazioni avanzate, ma la possibilità di vedere chiaramente cosa si offre, quanto costa e come si attiva. Una semplicità che rassicura, soprattutto in un ambito in cui molti si sentono fuori luogo già dopo le prime righe di un contratto.
È la stessa filosofia che BUTAC promuove da anni nel campo dell’informazione: rendere accessibili temi complessi, aiutare a riconoscere le fonti affidabili, offrire strumenti di verifica trasparenti.
Per questo segnaliamo non solo il sito ufficiale di helmon, ma anche i riferimenti diretti ai servizi citati in questo articolo; per consentire a chi vuole approfondire di farlo in modo immediato, senza passaggi intermedi.
redazione at butac punto it