Elly Schlein e l’esproprio delle case sfitte

I fatti, le omissioni e l'interpretazione più comoda per tirare acqua al proprio mulino...

Se da anni parliamo di information disorder e non più di “fake news” o notizie false, c’è un motivo ben preciso: da tempo, ormai, la manipolazione dell’opinione pubblica si configura in maniere diverse, a volte anche sofisticate, che si possono collocare in punti diversi di uno spettro tra “aderente alla realtà fattuale” e “non aderente alla realtà fattuale” e che non rendono facile classificare una notizia semplicemente come vera o falsa, ma richiedono di prendere in considerazione tutta un’altra serie di fattori. Se potessimo semplicemente dividere le informazioni e le notizie che ci troviamo davanti in “vere” e “false” il problema non sarebbe così radicato e complesso, non ci servirebbe lo spirito critico e potremmo tranquillamente ignorare il concetto di complessità, che invece è sempre più necessario tenere ben presente in ogni momento, e soprattutto quando ci si approccia al sistema mediatico-informativo.

Negli scorsi giorni, ad esempio, su molte testate giornalistiche italiane sono apparsi titoli come quelli che vi riportiamo qui:

Il Giornale: “La Schlein vuole allungare le mani sulle case degli italiani”

Il Sussidiario: “Elly Schlein per esproprio case sfitte privati/ FI: “Pd requisisce proprietà privata”

Italia Oggi: “Schlein per l’esproprio delle case sfitte dei privati”

Informazione.it: “Schlein per l’esproprio delle case sfitte dei privati

Titoli che ricordano quelli del 2018, all’epoca contro il Movimento 5 Stelle:

Il Giornale 24 ottobre 2018: “Ultima follia grillina: l’esproprio delle case sfitte o abbandonate”

Nel caso però dei grillini c’era davvero un’intenzione in quel senso: guarda caso esiste un preciso disegno di legge presentato il 13 giugno 2013 sugli espropri per pubblica utilità.

Ma la cosa che ci interessa è capire se davvero Elly Schlein abbia fatto questa proposta, o se si tratti dell’interpretazione che viene data dai giornalisti che sostengono la parte politica opposta e che in questo periodo, a pochi giorni dalla nomina a segretaria del PD, cercano di denigrarla il più possibile. Tutte le testate hanno ripreso una singola frase dal paragrafo dedicato al diritto alla casa, e a quella frase hanno appunto attribuito il significato dell’esproprio. A nostro avviso sarebbe importante riportare tutto il paragrafo, e lasciare che siano i lettori a scegliere quale interpretazione dare. Quello che è certo, però, è che non si sta parlando di espropri. I grassetti sono nostri:

Diritto alla casa
Un nuovo contratto sociale vuol dire rimettere al centro della nostra azione politica il diritto fondamentale alla casa. Dobbiamo occuparcene in tutte le sue declinazioni, a partire dal rilancio dell’edilizia residenziale pubblica, con un piano di investimenti di medio-lungo periodo, facendo leva sulla manutenzione e gli interventi di rigenerazione urbana a consumo di suolo zero per aumentare anche l’offerta di alloggi a canone sociale e migliorare la vivibilità delle periferie urbane. E necessario rafforzare gli aiuti per chi è più in difficoltà a pagare l’affitto, a partire dal rifinanziamento del Fondo sociale affitti e del Fondo morosità incolpevole, che il governo Meloni ha azzerato. E poi servono politiche innovative e coraggiose di intermediazione pubblica per recuperare al mercato degli affitti medi e lunghi una parte del patrimonio privato sfitto, per aumentare la disponibilità di alloggi a canone calmierato e rispondere alla domanda di quella fascia intermedia che non ha i requisiti per accedere alle case popolari ma non riesce a vivere agli alti prezzi del libero mercato. Una politica per la casa che guardi a sostenere i giovani e i loro percorsi di autonomia. E che miri a coniugare la questione sociale e quella ambientale, puntando alla riqualificazione energetica e alla creazione di comunità energetiche per abbassare insieme le bollette e le emissioni.

Quindi si parla di: tornare a costruire strutture abitative partendo da fondi pubblici, come si faceva negli anni 60 e 70 del secolo scorso, sfruttando appunto proprietà pubbliche che possono essere “rigenerate”; migliorare gli aiuti per chi non riesce a pagare l’affitto; recuperare parte del patrimonio privato sfitto. Questa è la frase su cui si basano tutti i giornalisti citati sopra, e sicuramente può essere interpretata in quel senso, ma per farlo non basta la proposta del PD: servirebbe un Parlamento – dove Schlein al momento è alla guida di uno dei partiti di minoranza – che approvi una modifica al Testo Unico delle disposizioni legislative in materia di espropriazioni. Anche se Schlein andasse al governo avrebbe bisogno dell’approvazione della maggioranza del Parlamento per proporre un cambiamento che porti ad “allungare le mani sulle case degli italiani” (se vogliamo davvero accettare un’informazione fatta in questi termini), esattamente come ne ha bisogno per qualsiasi altra iniziativa. Ma è molto più facile modificare la legge sulla tassazione delle case sfitte, invece che modificare quella sugli espropri. Basterebbe imporre tasse nettamente più alte per ogni proprietà lasciata sfitta per vedere un cambio di attitudine da parte di quei proprietari che oggi preferiscono tenere le case vuote. E magari anche qualche intervento in senso opposto, andando ad aiutare ulteriormente chi cerca di fare affitti calmierati, i famosi canoni concordati. Tutte iniziative che vengono prima dell’arrivare a espropriare delle proprietà.

Dare a intendere diversamente è disinformare. Un bravo giornalista deve spiegare tutte le possibilità previste e non dare l’interpretazione più sensazionalistica come unica interpretazione possibile, magari omettendo informazioni che potrebbero essere utili a comprendere la questione. Tra il 2013 e oggi, guarda caso era stato fatto lo stesso, senza che nulla sia poi mai realmente cambiato.

redazione at butac punto it

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