Le extension di capelli veri

extension

Durante la settimana scorsa più volte ho visto girare articoli che trattavano un argomento che purtroppo conosco poco, le estensioni in capelli veri. Io più che di extension avrei decisamente bisogno di un trapianto completo, ma alla fine va poi bene così.

Ma la storia mi ha incuriosito, tra chi gridava alla bufala fin da subito a chi invece la prendeva per buona questa storia su dove venissero “prodotte” le extension che trovate dal vostro parrucchiere mi ha incuriosito un bel po’.

Il post che circola su Facebook è questo:

Abbiamo il dovere di essere consci dell’origine di ciò che compriamo.

Ecco parte delle extension fatte di capelli veri da dove arriva.
Indossate le lacrime di bimbe derubate…
SPECIFICO:
Le extension indiane arrivano in Europa e Usa perché in India c’è un rito religioso per cui offrono i loro capelli nei Templi. Gli adulti lo faranno anche consenzienti, ma non i bambini. Prima i capelli venivano bruciati, poi se ne è scoperto il valore e hanno iniziato a venderli in Europa e Usa. I soldi ricavati dovrebbero essere usati per opere di bene per i poveri. Tengo a dare informazione e mai disinformazione. E’ assolutamente un diritto seguire usanze e credenze, ma trovo profondamente inguisto che ne venga fatto un business.  Da quando hanno iniziato a esportare i capelli in occidente, la quantità è cresciuta esponenzialmente.  Il 20% dei capelli arriva dalle offerte nei Templi, dell’80% non si conosce l’origine; si temono violenze e intimidazioni.
Sappiamo benissimo che in tutti i paesi poveri vengono venduti i bambini come schiavi sessuali, forza lavoro, o per i loro organi.  Non sarà certo l’eventuale minor vendita di extension a fermare queste atrocità, ma magari inizierà a dare più coscienza sociale.
SPECIFICO 22.09.2016:
Visto che una persona mi ha scritto accusandomi che sia una bufala, specifico ulteriormente che i capelli di tutti (bambini, uomini, donne) sono usati nell’industria dei capelli. A seconda della qualità e della lunghezza per extension, parrucche o prodotti a base di cheratina. Il business, tutto, dei capelli è vergognoso.

cattura

Il post è di quelli nati apposta per indignare, come ne vediamo passare tutti i giorni sulle nostre bacheche. Riporta dei link a GreenMe e ad altri siti che raccontano più o meno la stessa storia. Storia che non è falsa, anzi, per quanto posso verificare è solo la punta dell’iceberg e tratta solo ed unicamente una piccola parte di quello che i giornali già quattro anni fa definivano il “lato oscuro dell’industria dei capelli”. Il post che circola nelle bacheche riporta solo e unicamente foto di donne indiane e parla sempre di offerte religiose, si parla di intimidazioni e violenze, racconta come si sappia solo della provenienza del 20% dei capelli mentre del rimanente 80% non si sappia nulla. Le cose non stanno proprio così, anche se non sono nemmeno così sbagliate, almeno a quanto riportavano le cronache di qualche anno fa.

Come sempre mi appoggio ad una fonte che ritengo più autorevole in termini giornalistici, in questo caso un bell’articolo del Guardian inglese del 2012.

Much of the hair on sale comes from small agents who tour villages in India, China, and eastern Europe, offering poverty-stricken women small payments to part with their hair. As one importer, based in Ukraine, told the New York Times recently: “They are not doing it for fun. Usually only people who have temporary financial difficulties in depressed regions sell their hair.” More worryingly, back in 2006, the Observer reported that in India some husbands were forcing their wives into selling their hair, slum children were being tricked into having their heads shaved in exchange for toys, and in one case a gang stole a woman’s hair, holding her down and cutting it off. When Victoria Beckham said in 2003 that her “extensions come from Russian prisoners, so I’ve got Russian cell block H on my head“, she may have been joking, but it was not long until the Moscow Centre for Prison Reform admitted it was possible: warders were forcibly shaving and selling the hair of prisoners.

….reputable companies try to ensure the hair they sell is “ethical”

… Great Lengths, who sell “temple hair”, point out the hair is donated willingly, and they have a representative based in India who buys it straight from the temple, and ensures the money is funnelled directly back into the local community to fund “medical aid, educational systems and other crucial infrastructure projects”.

Per i pigri che non hanno la pazienza di tradurre riassumo. Le extension vendute in Europa vengono da India, Cina e paesi dell’est Europa. Di solito chi li vende sono persone povere o che devono fare fronte a grosse spese non previste. È vero, ci sono casi documentati dove il marito ha costretto la moglie a radersi a zero per poter vendere i capelli, un singolo caso di una gang che ha rubato i capelli di una donna. La stessa amministrazione carceraria russa ha ammesso che in alcuni casi può essere che le extension arrivino da prigionieri. Per queste ragioni però le compagnie più rispettabili che operano nel settore cercano da anni di vendere “capelli eticamente corretti”. Great Lenghts, che vende capelli che arrivano dai templi indiani di cui sopra, spiega che le donne che li regalano al tempio lo fanno come atto di devozione, consce che verranno venduti, ma anche consce che il ricavato tornerà alla comunità tramite lo stesso tempio.

L’articolo del Guardian poi punta il dito sullo “status symbol” che le extension sono diventate, spiegando bene che il prezzo esorbitante che hanno raggiunto da certi parrucchieri è dovuto più al “bisogno di mostrare ricchezza” che a un vero valore delle stesse. Ma questa è un’altra storia, che purtroppo conosco bene. Il pubblico ormai ha perso di vista il vero valore delle cose che compra, per tanti (troppi a mio parere) la regola del più costa più vale è sempre più vera, quando spesso si stanno solo facendo fregare da un’industria che li ritiene polli da spennare. Ma queste sono considerazioni forse più adatte a BUTACmag.

Per concludere: sì, è vero, parte delle extension che vengono vendute in Europa vengono da templi indiani, ma da quel che risulta sono tra le extension più “etiche” visto che chi le regala lo fa ben sapendo che cosa succederà ai suoi capelli. Esistono altri canali da cui arrivano le stesse, a volte corretti a volte no, il meglio sarebbe sempre appurare la provenienza di quelle che si stanno comperando, magari chiedendo di vedere un certificato dal vostro parrucchiere di fiducia.

Giusto per andare indietro con la memoria un pochino, una citazione  da un romanzo che tanti di voi avranno letto:

“…and she came walking in with a very queer expression of countenance, for there was a mixture of fun and fear, satisfaction and regret in it, which puzzled the family as much as did the roll of bills she laid before her mother, saying with a little choke in her voice, ‘That’s my contribution toward making Father comfortable and bringing him home!’

‘My dear, where did you get it? Twenty-five dollars! Jo, I hope you haven’t done anything rash?’
‘No, it’s mine honestly. I didn’t beg, borrow or steal it. I earned it, and I don’t think you’ll blame me, for I only sold what was my own.
As she spoke, Jo took off her bonnet, and a general outcry arose, for all her abundant hair was cut short.
‘Your hair! Your beautiful hair!’ ‘Oh, Jo, how could you? Your one beauty.'”
Little Women, Louisa May Alcott

Grazie all’amica Ciniza CS che me l’ha riporto alla memoria.

maicolengel at butac punto it

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