L’educazione al pensiero critico VS la clava

Uno studio uscito recentemente conclude che tra le metodologie da sviluppare contro la disinformazione quella davvero efficace sia l'educazione. Vediamolo insieme

A fine giugno è stato pubblicato uno studio di cui ci siamo accorti solo ad agosto grazie a un articolo apparso su PsyPost. Lo studio di cui parliamo s’intitola:

Evaluating the Effectiveness of Mitigation Policies Against Disinformation

Che tradotto:

Valutazione dell’efficacia delle politiche di mitigazione contro la disinformazione

Gli autori sono David J. Butts e Michael S. Murillo, ricercatori della Michigan State University, ed è stato pubblicato dalla Society for Industrial and Applied Mathematics (SIAM News). Lo studio si apre con questa importante (a nostro avviso) premessa (tradotta dall’inglese):

La proliferazione di disinformazione, misinformazione e notizie false è diventata sempre più comune negli ultimi anni. Lo sviluppo di potenti chatbot, come ChatGPT, ha ulteriormente alimentato le preoccupazioni circa il potenziale di manipolazione delle informazioni con intenti dannosi. Le campagne di disinformazione hanno avuto un impatto sulle elezioni presidenziali americane del 2016 e hanno contribuito all’esitazione nei confronti dei vaccini durante la pandemia di COVID-19.

Nonostante negli anni per identificare e contrastare la disinformazione siano state sviluppate diverse metodologie, a oggi non esiste una formula che possiamo dire che funzioni. La disinformazione nel corso degli ultimi dieci anni è diventato un problema sempre più significativo. Lo studio ha utilizzato dei modelli matematici per testare varie strategie di mitigazione della disinformazione in modo ripetibile, tali da poterne valutare l’impatto.

Riporta PsyPost:

I ricercatori hanno scoperto che se solo il 10% della popolazione crede fortemente nella disinformazione, il resto potrebbe seguirne l’esempio. I risultati suggeriscono che la disinformazione si diffonde facilmente perché le persone vogliono naturalmente credere a cose in linea con le loro convinzioni esistenti.

I ricercatori nel loro studio hanno testato sei diverse strategie di mitigazione della disinformazione: due per la moderazione dei contenuti, due per l’educazione e due per le contro-campagne. I risultati hanno mostrato che gli sforzi educativi che incoraggiano le persone a essere scettiche e ad alimentare il pensiero critico possono essere una tattica molto più efficace contro la disinformazione di quanto non lo sia la moderazione dei contenuti. Tutte cose che qui su BUTAC sono anni che cerchiamo di spiegare.

In parole povere bannare, censurare, isolare chi diffonde disinformazione, secondo lo studio, non porta a risultati postivi, ma anzi rischia di rafforzare le convinzioni di chi si sente messo al bando.

Riporta PsyPost:

Strategie come la rimozione di persone che condividono contenuti falsi o la creazione di controcampagne non sono state efficaci quanto l’istruzione. I ricercatori hanno spiegato che anche se queste strategie potrebbero sembrare soluzioni rapide, non funzionano altrettanto bene a lungo termine.

La conclusione dello studio riporta:

…abbiamo scoperto che la moderazione dei contenuti ha avuto un impatto minimo, seguita dalle controcampagne. L’istruzione precoce ha causato di gran lunga l’effetto maggiore, suggerendo quindi che gli sforzi educativi che ricordano agli individui di essere scettici nei confronti delle informazioni che incontrano possono essere una tattica di successo contro la disinformazione.

Murillo, intervistato da PsyPost, ha detto:

Abbiamo deliberatamente creato un modello parsimonioso per scoprire i fattori essenziali in gioco; tuttavia, si potrebbero aggiungere molti più dettagli per adattarli meglio a situazioni specifiche. Inoltre, molte strategie proposte sono solo ‘cerotti’ che trattano il sintomo, come etichettare i video su YouTube, ma non affrontano la causa sottostante che potrebbe essere correlata a un problema sociale o politico.

Siamo tutti d’accordo che “è solo uno studio”, ma crediamo che riporti abbastanza bene un problema che i vari fact-checker che abbiamo incrociato negli anni hanno rilevato a loro volta: se non cambia l’approccio educativo verso la disinformazione, tutto il resto è assolutamente inutile.

maicolengel at butac punto it

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