Il “luminare GB” e la terza dose

Grazie giornalisti, le colpe sono perlopiù vostre!

No, stavolta non parleremo di una segnalazione, o meglio non direttamente. Ma diciamo che vorremmo fare riferimento a tante segnalazioni diverse che nel corso dell’ultimo mese abbiamo ricevuto su BUTAC.

Sì, perché tra settembre e gennaio in tanti ci avete segnalato articoli che riportavano le parole di quelli che molti hanno definito il papà e la mamma di Astrazeneca, Andrew Pollard e Sarah Gilbert, le cui parole sono state citate in lungo e in largo, all’estero come in Italia. Citate male, o meglio, nella stragrande maggioranza dei casi riportate male nei titoli, un po’ meglio nei testi degli articoli che li accompagnavano.

Qualche esempio per farvi capire di cosa stiamo parlando. ANSA, 10 settembre 2021:

Vaccini: luminare Gb contro terza dose a tutti, non serve

Adnkronos, 5 gennaio 2022:

“Non possiamo vaccinare il mondo ogni 6 mesi”

Entrambi i titoli fanno pensare a soggetti contrari alla terza dose di vaccino anti-COVID, ma non è affatto così, entrambi i soggetti spiegavano con attenzione che per loro, prima di passare a rifornire di una terza dose chi aveva già fatto la prima e la seconda, si sarebbe dovuto pensare a chi ancora non ne aveva ricevuta nemmeno una. Il tutto nell’ottica di vaccinare davvero tutto il mondo, per evitare il formarsi di zone in cui, con il virus libero di circolare indisturbato, potessero insorgere forme aggressive di mutazione del virus. Più individui nel mondo vengono vaccinati in contemporanea, più si può sperare che le mutazioni del virus vengano frenate, se non addirittura fermate. Mentre invece, secondo i due luminari, più si formano sacche di popolazione non vaccinata più è probabile che esca una nuova variante. Variante su cui ovviamente non si può sapere molto finché non viene individuata, isolata e studiata. Potrebbe essere leggera e meno contagiosa, ma anche contagiosa come Omicron e pericolosa come Delta. Non possiamo prevederlo con certezza.

Titoli come i due che vi ho mostrato, a mio avviso, dimostrano ancora una volta la precisa responsabilità dei media nella condivisione di informazioni, se non completamente errate, comunque capaci di creare confusione, e potenzialmente pericolose durante un’emergenza sanitaria. Perché le maggiori agenzie di stampa italiane, nel far circolare una notizia, devono usare titoli simili? Io potrei capire che lo facciano siti come Dagospia, o peggio Byoblu, che campano principalmente di visualizzazioni. Ma le principali agenzie di stampa del Paese dovrebbero vivere di abbonamenti, non di clickbait. Abbonamenti che dovrebbero permettere alla redazione che se ne occupa di riportare informazioni corrette, titolate in maniera magari noiosa e piatta ma comunque non fraintendibile. Non titoli come quei due che abbiamo appena visto, specie in un Paese dove è noto che una grossa fetta di popolazione forma le proprie opinioni proprio sui titoli e sulle prime righe degli articoli.

Non credo di dover aggiungere altro, questa non era una sbufalata, ma solo l’ennesima filippica contro un certo modo di fare giornalismo.

maicolengel at butac punto it

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