Il Fatto Quotidiano, Lyudmila Denisova e i virgolettati

Sarebbe bello se ogni tanto i giornalisti approfondissero. Così, tanto per fare un buon servizio pubblico

Il 30 maggio Il Fatto Quotidiano pubblica un articolo che titola:

Ucraina, commissaria ai diritti umani di Kiev: “Zelensky ha dato ordine di licenziarmi per la mia raccolta di dati. È uno Stato totalitario”

L’articolo riporta le parole di Lyudmila Denisova, il difensore civico per i diritti umani del Parlamento di Kyiv. L’articolo del Fatto riporta materialmente dei virgolettati di Denisova, senza alcun approfondimento di sorta. Frasi così:

Ho appena saputo che, su istruzione dell’Ufficio del presidente dell’Ucraina, è iniziata la raccolta delle firme dei deputati per esprimere un voto di sfiducia e le mie dimissioni dall’incarico nella seduta della Verkhovna Rada di domani 31 maggio. Stando alle mie informazioni, all’ufficio del presidente non sta bene la posizione attiva in merito alla raccolta dei dati sulla violazione dei diritti umani nei territori occupati.

Qui su BUTAC crediamo che sia importante fare verifica dei fatti, ci proviamo da nove anni abbondanti a spiegarlo a voi che ci leggete. Un bravo giornalista può riportare virgolettati corretti, ma dopo sarebbe sempre giusto andare a verificare le informazioni diffuse nella citazione, e non limitarsi a fare da megafono a chi quella frase l’ha detta.

La prima cosa da dire è che la notizia del licenziamento è confermata, e il licenziamento è stato approvato da 234 deputati che hanno votato perché Denisova fosse licenziata dal suo ruolo. Quindi non è il solo Zelensky che non approvava il suo operato.

Ma andiamo avanti, davvero è stata licenziata perché non piacevano le sue raccolte dati?

Non è proprio così, ci sono almeno due informazioni abbastanza importanti che la redazione del Fatto omette completamente. Ad aprile l’ex difensore civico che ricopriva il ruolo di Denisova prima di lei l’aveva accusata di aver rivelato ai russi (in buona o malafede, non è specificato) il luogo in cui erano nascosti 58 bambini. Inoltre la settimana scorsa i giornalisti hanno firmato una lettera aperta al difensore civico, chiedendo di usare un altro tipo di linguaggio nel denunciare certi crimini. Entrare nel dettaglio non è facile visti i termini che Denisova usava nei suoi comunicati stampa, ma il succo è che secondo i giornalisti ucraini Denisova usava parole ritenute troppo forti per commentare i crimini di natura sessuale degli invasori russi.

Nella lettera i giornalisti ucraini spiegavano:

È importante capire che i crimini sessuali durante la guerra sono uno strumento di genocidio, uno strumento di guerra senza regole, ma non possono servire come materiale illustrativo per infiammare le emozioni del pubblico.

Sempre nella stessa lettera i giornalisti ucraini invitavano Denisova a:

  • pubblicare solo fatti verificati di crimini russi;
  • segnalare quali materiali sono già stati presentati alla giustizia;
  • selezionare attentamente ogni parola nei messaggi al pubblico che potrebbero potenzialmente trasformare una tragedia personale in “sensazionalismo”;
  • evitare dettagli eccessivi dei reati;
  • prendersi cura della riservatezza e della sicurezza delle vittime, poiché dettagli e dichiarazioni incuranti possono identificarle;
  • ricordare le reti di supporto alle vittime.

A firmare la lettera aperta a Denisova, tra gli altri, c’erano 82 giornaliste donne. Tutte queste cose nell’articolo del Fatto mancano, questa non è informazione, ma solo fare da megafono a quanto Denisova aveva da dire. Sia chiaro, è la redazione del Fatto a scegliere che taglio dare alla testata, ma a nostro avviso la corretta informazione prevede che sia spiegato il motivo che ha portato a questa scelta, e non solo riportare le parole di una delle due parti della notizia.

Che siano i lettori in casi come questo a scegliere da che parte stare. E non il giornale a fare da cassa di risonanza alle parole di un singolo politico.

Non credo sia necessario aggiungere altro.

maicolengel at butac punto it

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