Non autorizzo i boccaloni…

Pubblicando post in cui sostenete di non autorizzare i social a usare i vostri contenuti vi state rendendo riconoscibili come potenziali boccaloni

Oggi vogliamo esaminare (per l’ennesima volta) un fenomeno che affligge i social network fin dalla loro nascita. I post che riportano spesso testi simili a questo:

Da domani nuova regola Facebook, per la quale non autorizzo il social network ad utilizzare le mie foto. Queste, infatti, potrebbero essere utilizzate anche in cause legali e, di conseguenza, dobbiamo intervenire immediatamente per evitare qualsiasi tipo di problema.

O ancora:

Anch’io sto disattivando!
Così ora lo stanno facendo, appena annunciato su Channel 4 News. Facebook addebiterà a tutti gli utenti a partire da lunedì. Puoi fare un’opt-out facendo questo. Tieni il dito su questo messaggio e copialo. Non si può condividere. Non do il permesso a Facebook di addebitare 4,99 dollari al mese sul mio account, anche; tutte le mie foto sono di mia proprietà e NON di Facebook!!! Un ringraziamento speciale a Larry per questo consiglio legale… e a Tim Barker per aver pubblicato queste informazioni:
A causa del fatto che tutti stanno lentamente venendo dirottati, sì dirottati non hackerati, stanno dirottando i nostri account, ora ancora di più.

O ancora:

Non dimenticare che domani inizia la nuova regola di Facebook dove possono usare le tue foto. Non dimenticate la scadenza di oggi!!! Può essere utilizzata in cause legali in tribunale contro di voi. Tutto ciò che hai mai pubblicato diventa pubblico da oggi anche i messaggi che sono stati cancellati o le foto non consentite. Non costa nulla per un semplice copia e incolla, meglio sicuro che scusa.

Tutti questi testi, prima o poi, se frequentate i social, li avrete incontrati durante la vostra navigazione. Si tratta di post che sono spesso oggetto di verifica da parte di fact checker e debunker. Il fenomeno delle false avvertenze da pubblicare sul proprio profilo non è un fenomeno italiano, ma globale, e i post che vengono ricondivisi sono sempre gli stessi.

L’altro giorno, un amico mi ha posto una domanda interessante a riguardo:

Ma tu hai capito chi ha interesse a mettere in giro le varie bufale ‘non autorizzo’? A quale mulino portano quale acqua?

Mi sono reso conto che abbiamo affrontato raramente questo aspetto, anche se, per noi che ci occupiamo di disinformazione e social network, è un tema familiare e su cui ci siamo espressi in diverse occasioni.

Quando condividete uno di questi post fasulli (sia esso uno dei citati qui sopra o una qualsiasi altra dichiarazione di protezione della privacy erronea) state effettivamente apponendo un distintivo virtuale sulla vostra bacheca. È un po’ come cucire un distintivo sui vostri vestiti…

Vi state esponendo come potenziali bersagli di disinformazione.

Chiunque guardi la vostra bacheca e noti questo genere di post potrebbe concludere che siete persone più inclini della media a condividere senza fare alcuna verifica.

Questo vi rende un potenziale veicolo per ulteriore disinformazione, un bersaglio per truffe varie, un possibile seguace di teorie del complotto.

I social media, con il loro sistema di condivisione pubblica, hanno fornito a chiunque voglia diffondere informazioni false a scopo di lucro, la possibilità di identificare chi potrebbe essere una loro potenziale vittima.

Basta cercare il testo di uno di questi post su Facebook per ottenere una lista di nomi e cognomi di centinaia di migliaia di persone. Persone che, se hanno condiviso quel post, è molto probabile siano più inclini a condividere altri contenuti simili. Grazie a questi post quindi le persone sono facilmente identificabili attraverso le loro bacheche.

Ammetto di sfruttare questa consapevolezza. Quando ricevo richieste di contatto da parte di utenti che hanno condiviso questo tipo di post sulla loro bacheca, è improbabile che accetti di collegarmi con loro, a meno che non decida consapevolmente di farlo per avere appunto accesso a bacheche piene di contenuti da sottoporre a fact-checking.

maicolengel at butac punto it

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