PANICO ep.2: la propaganda

La propaganda: cosa è, a cosa serve e come funziona?

Eccoci arrivati all’episodio 2 di Panico: il prebunking sperimentale di BUTAC.

Questo episodio cerca di mettere a fuoco, nella maniera più semplice possibile, cosa è la propaganda, a cosa serve e come funziona. Impresa non semplicissima, come ci siamo prefissi quando abbiamo pensato a questo mini-esperimento, il tentativo è innanzitutto quello di avere uno sguardo il più ampio possibile su questi temi e cercare di aprire dei percorsi che possano essere interessanti da approfondire.

Cercando testi su questo argomento, ci si imbatte spesso in una serie poco onesta di cliché: stregoni della comunicazione che tirano i fili dell’opinione pubblica, ipnosi collettive e metafore, un po’ vecchiotte, di questo tipo.

La comunicazione persuasiva viene studiata da millenni, e quella all’interno delle società della comunicazione di massa sono studiate da ormai più di un secolo: il materiale non manca ed è a disposizione di tutti – non è nascosto in qualche cassetto segreto ed è rimasto ben poco che non sia stato definito, misurato, sperimentato…

La definizione più ampia di propaganda, negli studi che hanno caratterizzato le ricerche di psicologia sociale da quando è nata negli Stati Uniti, si riferisce a qualunque uso (e abuso) di comunicazione persuasiva, per mano di attori diversi: è propaganda di regime quando è un regime autoritario a metterla in atto (con ampissima disponibilità di mezzi e un monopolio – quanto esclusivo, dipende dai casi – dei canali a disposizione) come è propaganda ogni forma di comunicazione pubblicitaria, divulgativa, di attivismo politico, di disinformazione…

Allo stesso modo è utile provare a definire cosa intendiamo per ideologia, e qui ci viene in soccorso il rigore della semiotica generativa di Greimas, laddove abbiamo anche un dizionario (scaricabile gratuitamente dal sito di EC, qui) che (detto nelle parole più semplici possibili) definisce l’ideologia – all’interno di un discorso dato – qualunque tipo di “voler essere” e quindi di “voler fare” di un soggetto individuale o collettivo. Il discorso non è così semplice, ovviamente, ma può aiutarci a capire (ci perdoneranno i semiologi più hardcore) che qualunque tipo di discorso che mette “in scena” dei valori positivi e negativi, stabilendo anche semplicemente cosa è bene e cosa è male, prenderà necessariamente un certo orientamento. Questa direzione, che potremmo visualizzare in forma di una freccia che indica un determinato valore rispetto a un altro, è l’ideologia.

Eccoci. Anche se parlare di questi argomenti somiglia in modo impressionante all’impresa di camminare sulle uova, va detto che è proprio in questo ambito di studi che troviamo, ripetutamente e inequivocabilmente, manco a dirlo, un appello a aderire a una certa ideologia, alla quale potremmo dire che partecipa Panico, come BUTAC, come chiunque provi a fare divulgazione a ogni livello, ed è questa: cercare di conoscere e di comprendere come funzionano le cose – in questo caso la comunicazione persuasiva, con tutti i “se” e i “ma” contro cui si andrà a sbattere, inevitabilmente – è l’unica via che possiamo prendere per dotarci di strumenti utili a riconoscere e interfacciarci e magari usare a nostro favore queste stesse istanze.

Parafrasando il concetto di un ricercatore di cui parliamo proprio in questo episodio: immaginatevi di dare a una popolazione che non l’ha mai vista, da un giorno all’altro, la corrente elettrica. Questi penseranno che sia una stregoneria, se nessuno gli spiega cosa è, come funziona e come usarla a proprio vantaggio. Allo stesso modo, nell’era della propaganda, immaginatevi di fare parte di una popolazione che non sa che cosa sia la propaganda e come funzioni.

Se la direzione da prendere può essere questa, allora proviamoci insieme.

Trovate qui il primo episodio di Panico, dedicato al linguaggio emotivo.

AnDREAM

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