Cos’erano gli accordi di Minsk?

Chi ha fatto sfumare la possibilità di risolvere il conflitto?

Ormai l’invasione russa dell’Ucraina sta per compiere i due mesi, ma continua ad esserci una notevole confusione su quali siano state le cause scatenanti del conflitto. C’è chi parla dell’allargamento della NATO, chi dell’adesione dell’Ucraina all’Unione Europea, e i più fantasiosi sostengono che sia stato un complotto ordito dagli USA allo scopo di potere sostituire la Russia come fornitore di gas all’Europa. Sono pochi quelli che citano gli accordi di Minsk, ma tra quei pochi una buona parte ha sostenuto che sia stata Kyiv a tradire l’intesa raggiunta con le regioni che volevano staccarsi dal territorio ucraino. Vediamo se è davvero andata così, ma prima capiamo cosa sono gli accordi Minsk.

Gli accordi di Minsk

Nel settembre 2014 il governo ucraino e i separatisti del Donbass si incontrarono a Minsk per stabilire un cessate il fuoco, lo scambio dei prigionieri e il ritiro delle armi pesanti. Ben presto però ci si rese conto che l’accordo sarebbe rimasto lettera morta, con violazione da entrambe le parti (almeno secondo Al Jazeera).

Nel febbraio del 2015 rappresentanti della Russia, dell’Ucraina, dei separatisti del Donbass e dell’OSCE siglarono una nuova serie di intese note come Minsk II. L’accordo prevedeva una serie di clausole relative al cessate il fuoco e allo scambio di prigionieri, ma i punti più delicati erano i seguenti:

2) Ritiro delle truppe da entrambe le parti per creare una zona di sicurezza (50 km nel caso di sistemi di artiglieria del calibro di 100 mm, e più di 140 km per i lanciarazzi).

4) Dopo il primo giorno successivo al ritiro delle truppe, iniziare un dialogo sul tema dello svolgimento delle elezioni locali in conformità con la Legge ucraina e con la legge “sulla modalità temporanea dell’amministrazione locale nelle repubbliche regionali di Donetsk e Lugansk” (adottata l’anno precedente, dopo la firma del primo accordo di Minsk, prevedeva l’introduzione di uno status speciale per le autorità locali, della durata di tre anni, insieme all’esenzione dalle responsabilità penali per coloro che avevano partecipato agli eventi; in seguito Poroshenko ritirò la Legge, poiché i ribelli non avevano rispettato le condizioni del trattato di Minsk).

9) Ritorno all’Ucraina del pieno controllo del confine in tutta l’area del conflitto. Il processo sarebbe dovuto iniziare il primo giorno dopo le elezioni locali e terminare entro il 2015.

10) Ritiro delle unità militari di altri Paesi, tecnologie e mercenari dal territorio dell’Ucraina, sotto la supervisione dell’OSCE. Tutti i gruppi di combattenti illegali dovrebbero essere disarmati.

11) Realizzazione della riforma costituzionale in Ucraina. I cambiamenti dovevano entrare in vigore entro la fine del 2015. Doveva essere preparata la decentralizzazione (tenendo conto delle caratteristiche specifiche delle repubbliche di Donetsk e Lugansk), così come l’introduzione di una legge sullo status particolare delle diverse regioni di Lugansk e Doentsk entro la fine del 2015.

12) Sulla base della legge ucraina “sulla modalità temporanea dell’amministrazione locale nelle repubbliche regionali di Donetsk e Lugansk” le questioni relative alle elezioni locali sarebbero state discusse e concordate con i rappresentanti delle diverse regioni di Donetsk e di Lugansk nei contesti di un gruppo di contatto trilaterale. Le elezioni si sarebbero tenute nel rispetto degli standard OSCE e sotto il suo monitoraggio.

13) Intensificazione delle attività del gruppo di contatto trilaterale, nella realizzazione di gruppi di lavoro per l’attuazione dell’accordo di Minsk.

(I punti sono presi dal Fatto Quotidiano ed è stata mantenuta la numerazione originale presente nell’articolo.)

Perché questi punti erano particolarmente delicati? Uno dei problemi è che la Russia non si considerava parte in causa nel conflitto e dunque non si sentiva tenuta a rispettare gli accordi raggiunti; quindi non c’era alcuna garanzia che un eventuale accordo tra Kiev e i separatisti avrebbe portato al cessare delle ostilità e al ritiro delle truppe russe.

Il secondo problema è che Kyiv e Mosca interpretavano molto diversamente le tempistiche previste dagli accordi: gli ucraini pensavano che prima della concessione dell’autonomia e delle elezioni nel Donbass si sarebbero dovute ritirare le truppe russe e ripristinare il controllo delle frontiere. Naturalmente i rappresentanti del Donbass e la Russia interpretavano gli accordi esattamente al contrario.

La questione era particolarmente problematica perché non essendo specificato con chiarezza in cosa consistesse l’autonomia delle regioni separatiste, ognuna delle parti dava a questa un peso diverso: per Kyiv si trattava di concedere un limitato autogoverno, mentre per Mosca e i ribelli il Donbass avrebbe dovuto ricevere una larga autonomia e la capacità di determinare la politica interna ed estera dell’Ucraina. (Per un maggiore approfondimento di tutta la questione potete leggere qui).

Non essendosi trovata un’intesa tra queste due posizioni inconciliabili, gli accordi Minsk non hanno potuto essere implementati.

Quindi gli accordi di Minsk non hanno avuto alcun effetto?

Benché l’intesa raggiunta non sia stata sufficiente a risolvere definitivamente la situazione del Donbass, nondimeno aveva permesso una lenta ma continua de-escalation del conflitto. Possiamo apprezzare bene l’effetto degli accordi grazie a questo grafico dell’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i diritti umani (la fonte la trovate qui):

Come è possibile notare facilmente, dopo il momento più caldo del 2014-2015, proprio grazie agli accordi di Minsk si era venuta a configurare una progressiva diminuzione delle vittime civili a causa degli scontri, segno di una minore intensità del conflitto. Oltre al diminuire del numero delle vittime anche le violazioni del cessate il fuoco erano in costante e notevole diminuzione.

Come si vede dal grafico, a partire dal 2019 le violazioni del cessate il fuoco si sono dimezzate anno dopo anno. Gli accordi di Minsk a conti fatti non sono stati così inefficaci, se pensiamo a tutta la morte e la distruzione che imperversano oggi nel Donbass e nel resto dell’Ucraina.

Quindi? Di chi è la colpa del fallimento degli accordi?

Non è possibile attribuire la colpa specifica per il fallimento degli accordi di Minsk a una delle parti. I punti dell’intesa erano volutamente ambigui e vaghi, nella speranza che col tempo il conflitto avrebbe perso d’intensità e che questo avrebbe potuto permettere di stringere un accordo più forte e duraturo.

Se non è possibile trovare un “colpevole” rispetto alla mancata soluzione del problema del Donbass, non si può però tacere la responsabilità di Mosca nell’aver riacceso un conflitto che da anni stava diminuendo d’intensità.

Michele Armellini

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