Affari Italiani non funziona, le sanzioni sì

Bufale fantastiche e dove trovarle

Martedì 6 settembre è uscito sul quotidiano on line Affari italiani un articolo così titolato:

Russia, le sanzioni non funzionano: lo conferma uno studio finlandese

Nel corpo del testo l’anonimo autore dell’articolo riporta che il quotidiano Spiegel ha citato uno studio dell’organizzazione finlandese Crea (Centre for Research on Energy and Clean Air) nel quale vengono sottolineati gli enormi guadagni fatti dalla Russia in questi mesi vendendo – principalmente a noi – le sue materie prime. In questi mesi il governo russo avrebbe incassato circa 158 miliardi di euro a fronte di un costo della guerra di circa 100 miliardi di euro (le stime sono sempre di Crea).

Fin qui quasi tutto bene, visto che l’articolo non è dello Spiegel bensì di Manager magazine. Comunque il problema è che né l’articolo citato da Affari italiani (disponibile qui) né lo studio citato dalla rivista tedesca (disponibile qui) affermano in alcun modo che le sanzioni non funzionino.

Il che spiega perché l’anonimo autore dell’articolo non abbia messo nessun link: sapeva benissimo che si trattava di una bufala clamorosa, ma per qualche click in più vale tutto. C’è da dire che anche che il giornalista tedesco poteva forse scegliere di linkare un articolo maggiormente esplicativo (come quello disponibile qui). Non cambia nulla dell’operazione falsificatoria di Affari italiani, ma visto che parliamo dell’argomento tanto vale cercare di essere il più chiari possibile.

Ma come mai, se è vero che la Russia ha guadagnato un sacco di soldi rispetto a quanti ne spende per la guerra, non è corretto dedurne che le sanzioni allora non funzionano? In primo luogo perché le sanzioni non colpiscono solo l’economia, ma anche la capacità russa di condurre la guerra: ad esempio non potendo rimpiazzare le perdite di armamento moderno, e dovendosi quindi affidare a mezzi obsoleti.

La perdita di tecnologie, che la Russia importava principalmente dall’Occidente, ha avuto un effetto drastico anche sulla sua industria manifatturiera (per un approfondimento su questi temi si rimanda a questo articolo). Esiste poi un report dell’Università di Yale, molto ben fatto, in cui vengono analizzati a fondo gli effetti a lungo termine delle sanzioni: trattandosi di un report di 118 pagine è complicato riassumerlo in poche righe, ma per chi avesse tempo di leggerlo ne vale decisamente la pena: lo potete scaricare gratuitamente qui.

Come ultima riflessione rispetto all’efficacia delle sanzioni, mi viene da pensare che il governo russo non sarebbe tanto interessato a farcele rimuovere, se non fossero veramente dannose. Dubito che minaccerebbero l’Europa di tagliare le forniture di gas – un’arma a doppio taglio che fa male anche a loro – solo per farci un dispetto: mi sembra molto più probabile che siano preoccupati per l’effetto a lungo termine che le sanzioni possono avere sull’economia russa.

In chiusura vorrei fare una riflessione strettamente personale: al di là della falsificazione fatta da Affari italiani, il report di Crea ci dice che noi europei abbiamo finanziato la maggioranza dei costi dell’invasione russa in Ucraina. A me pare sia un’enorme contraddizione fornire aiuto militare ed economico agli ucraini, sanzionare la Russia, ma nel contempo comprare le sue materie prime e permetterle di fare ciò che ha fatto in questi mesi. Chiudo l’articolo con questo video che vale più di mille parole.

Michele Armellini

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