Che male c’è a “migliorare” una foto con l’AI? Moltissimo
Gli amministratori di “Lo Sapevi?” hanno preso l'abitudine di utilizzare foto alterate dall’IA, questa volta la “vittima” è Anna Bissell
Raccontare in un post storie vere, ispirazionali e toccanti… per poi distruggere tutto accompagnandole a foto modificate con l’intelligenza artificiale, senza esplicitarlo.
Oggi, grazie a una vostra nuova segnalazione, affrontiamo questo fenomeno, sempre più diffuso sulle pagine social ma che sembra colpire particolarmente Facebook. Il post incriminato infatti arriva da una pagina che abbiamo già citato in passato, proprio per la sua brutta abitudine di modificare foto reali senza dichiararlo nelle descrizioni dei contenuti pubblicati. Dopo l’immagine del topo propolizzato, infatti, ci siamo (e vi siete) resi conto che gli amministratori di Lo Sapevi?, pagina Facebook da qualche migliaio di follower, hanno l’abitudine di utilizzare foto alterate dall’intelligenza artificiale, anche se basate su immagini reali; e a farne le spese questa volta è la memoria della povera Anna Sutherland Bissell.
Una donna sicuramente interessante, che come viene raccontato in toni entusiastici nella lunghissima spiegazione del post:
…rimase nella storia dell’imprenditoria americana come una delle prime donne ad aver ricoperto una posizione dirigenziale in una grande azienda. La sua storia è un esempio di coraggio, spirito d’iniziativa e responsabilità sociale – la prova che la leadership può basarsi sull’empatia e che il successo non deve essere costruito a scapito degli altri.
Tutto vero, tutto corretto. Un racconto che coinvolge i lettori e racconta un pezzo della storia dell’imprenditoria Made in U.S.A. Il problema infatti, lo avrete capito, è l’immagine “migliorata”.

Il tema inizialmente può sembrare poco rilevante. Che male c’è, potrebbe pensare qualcuno, ad abbellire una foto vintage, o non particolarmente attraente, come l’originale in questione?
In realtà i problemi sono molteplici, e non così irrilevanti.
Se le pagine usano strumenti AI per rendere le foto più virali (perché più colorate e nitide e quindi più accattivanti) e non lo dichiarano chiaramente, stanno manipolando la percezione del lettore, che in questo modo è portato a credere di vedere il passato “come se fosse oggi” o che, come nel caso del ratto dello scorso articolo, che la natura sia perfetta, pronta per essere Instagrammata.
Quindi, i lettori si abituano a vedere fotografie “impeccabili” del passato, perdendo così la loro capacità di analisi. Il rischio è che il giorno in cui una foto sarà modificata per ragioni ideologiche e non solo estetiche, il pubblico semplicemente non ci faccia caso.
Ma come possiamo riconoscere una foto “migliorata” dall’intelligenza artificiale?
Iniziamo dal dettaglio più subdolo: l’eccessiva pulizia. Molti software lavorano ossessivamente sulla grana e sulla pelle. Il risultato? L’immagine ottiene una uniformità innaturale. Nelle foto vintage, la grana è caotica e irregolare, i volti mostrano la texture reale. Nelle versioni “AI-izzate”, la pelle del viso e i capelli risultano troppo lisci, quasi plasticosi, per cui se la foto sembra troppo “perfetta” per la sua età, il sospetto è fondato.
Inoltre, dove l’originale mostra una zona sfocata o danneggiata, l’AI non recupera, ma inventa i dettagli per “completare” l’immagine, creando una narrazione visiva più netta e accattivante. Questo vale anche per le luci: le foto d’epoca, per limiti tecnici, avevano spesso un’illuminazione dura e direzionale. Nella foto di Anna Bissell invece, come in moltissime immagini contraffatte, notiamo ombre più morbide, luci diffuse e bagliori inesistenti.
Un altro tema riguarda i dettagli complessi: l’AI nel lavorarli crea contorni evidentemente troppo regolari, oppure la geometria viene leggermente distorta. L’originale, invece, è molto più caotico e impreciso.
Fate poi caso agli occhi di Anna nella versione modificata: hanno una nitidezza sospetta. Questo accade per l’abuso di sharpening, che rende gli dettagli e gli oggetti iper-dettagliati. Occhi, linee dei capelli e oggetti metallici (come le parti dell’aspirapolvere) nella foto modificata hanno una nitidezza che cozza con il resto del contesto storico. Sembrano essere state scattate con un moderno smartphone, pur essendo inserite in uno sfondo ottocentesco.
Infine, prestate sempre attenzione agli sfondi. Un effetto collaterale quando si usa l’IA è che spesso crea pattern ripetitivi nella texture dello sfondo. La vera grana della pellicola è sempre casuale, mentre una grana identica o un pattern costante è un segno quasi certo di manipolazione.
La somma di questi interventi tecnici e la frequenza dell’utilizzo dell’AI dimostrano un approccio editoriale: “Lo Sapevi?” non sta facendo restauro, sta solo cercando di viralizzare i suoi contenuti a scapito della realtà. L’ennesimo tentativo di vendere il falso perfetto al pubblico di Facebook.
Beatrice D’Ascenzi
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