La svolta storica sulla fusione nucleare

Cerchiamo di fare chiarezza con l'aiuto degli amici di Nucleare & Ragione

Tante testate italiane nei giorni scorsi hanno parlato di svolta storica nel campo dell’energia nucleare, così ad esempio il Corriere della Sera:

Fusione nucleare, l’annuncio del dipartimento dell’Energia Usa: «Svolta storica: ricreate le condizioni di stelle e sole»

Toni entusiastici quasi ovunque, con un piccolo problema: molti degli articoli parlano dell’argomento senza che chi ne scrive si sia interfacciato con esperti del settore.

Noi di BUTAC da sempre abbiamo cercato di fare chiarezza sulla tematica nucleare, usando, di volta in volta, la voce di divulgatori che conoscono l’argomento meglio di quanto noi potremmo mai sperare.

Oggi sfruttiamo gli amici di Nucleare e Ragione, che sono riusciti in maniera succinta a spiegare molto bene i fatti e a fornire link d’approfondimento per chiunque sia interessato. Quanto segue è una trasposizione di quanto da loro riportato sui social network.


Nei giorni scorsi abbiamo assistito all’attesa conferenza stampa nella quale funzionari del Department of Energy del governo statunitense hanno annunciato i risultati della recentissima campagna sperimentale presso la National Ignition Facility (NIF) del Lawrence Livermore National Laboratory in California.

Di cosa si tratta?

Lo scorso lunedì 5 dicembre, per la prima volta nella storia, è stato possibile liberare più energia da reazioni di fusione nucleare rispetto a quella impiegata per innescarle. Un successo che ha suscitato un notevole interesse anche al di fuori della comunità scientifica, come dimostrano i titoli entusiastici dei principali organi di informazione.

Ci troviamo quindi alle soglie di una svolta epocale per quanto riguarda l’approvvigionamento energetico dell’umanità? Non proprio. Con l’aiuto del nostro esperto Alessandro Maffini vediamo di fare chiarezza.

Innanzitutto è utile ricordare che gli esperimenti come quelli della NIF si basano sul cosiddetto “confinamento inerziale”, uno dei due approcci alla fusione insieme al “confinamento magnetico” sfruttato da ITER, il reattore internazionale in costruzione in Francia che sarà operativo entro la fine del decennio.

Il processo di fusione inerziale è attuato da fasci di raggi laser o fasci di particelle accelerate focalizzati su una microsfera di alcuni millimetri di diametro contenente come combustibile una miscela di deuterio e trizio allo stato liquido. Tali fasci ad alta energia (qualche MJ per una durata di 10÷30 ns) riscaldano violentemente lo strato superficiale della microsfera provocando, per ablazione dello stesso, l’implosione del combustibile contenuto nella microsfera. La compressione adiabatica prodotta nel combustibile ne innalza la temperatura e la densità fino a raggiungere le condizioni di ignizione. L’inerzia dei nuclei D e T mantiene unito il combustibile per il tempo necessario allo sviluppo di un numero di reazioni di fusione sufficiente ad avere un bilancio energetico globale positivo. Terminata la spinta di compressione inerziale il numero di reazioni di fusione si riduce drasticamente fino all’annullamento mano mano che la miscela combustibile D-T si espande e si diluisce. In relazione alla via scelta per deporre sulla microsfera l’energia proveniente dal sistema pilota si distinguono i metodi di innesco diretto e indiretto

Alla NIF stati impiegati 192 fasci laser perfettamente collimati su un opportuno bersaglio per poter portare il combustibile nucleare (una sferetta millimetrica di deuterio e trizio) in condizioni di temperatura e pressione tali da innescare un gran numero di reazioni di fusione nucleare. Nell’esperimento di lunedì scorso l’energia contenuta negli impulsi laser è stata di circa 2.1 MJ, e l’energia liberata da reazioni nucleari (sotto forma di energia cinetica di neutroni e particelle alfa) è stata dell’ordine di 3 MJ.

Si è ottenuto un guadagno netto di energia dell’ordine di un MJ, quindi.

Il risultato in sé segna una pietra miliare nella storia pluridecennale delle ricerche sulla fusione nucleare, e come tale va giustamente celebrato. Se tuttavia si considera il risultato dell’esperimento ai fini dello sfruttamento energetico della fusione, la situazione appare decisamente meno rosea.

Qual è il problema?

Per produrre gli impulsi laser da 2 MJ che hanno innescato le reazioni di fusione occorre infatti consumare una quantità molto maggiore di energia elettrica, dell’ordine di 300 MJ. Questo succede perché i mastodontici sistemi laser usati alla NIF sono molto poco efficienti nel convertire energia elettrica in energia degli impulsi laser. Se osserviamo il bilancio energetico del processo nel suo complesso siamo ancora molto lontani da un guadagno netto, di almeno due ordini di grandezza. Tutto questo senza considerare che questi laser sono sistemi estremamente complessi e tipicamente lavorano effettuando un singolo sparo al giorno, mentre un reattore commerciale dovrebbe operare con almeno uno sparo al secondo.

Insomma, non stupisce che la stessa direttrice del Lawrence Livermore National Laboratory, Kimberly S. Budil, abbia stimato che sarà necessario ancora qualche decennio prima che la fusione inerziale possa essere considerata un’opzione percorribile per lo sfruttamento commerciale ai fini energetici. Come riportato sul New York Times:

…it will take quite a while before fusion becomes available on a widespread, practical scale, if ever. “Probably decades,” Kimberly S. Budil, the director of Lawrence Livermore, said during the Tuesday news conference. “Not six decades, I don’t think. I think not five decades, which is what we used to say. I think it’s moving into the foreground and probably, with concerted effort and investment, a few decades of research on the underlying technologies could put us in a position to build a power plant.”

Che tradotto:

…ci vorrà del tempo prima che la fusione diventi disponibile su scala pratica e diffusa, se mai. “Probabilmente decenni”, ha detto Kimberly S. Budil, la direttrice del Lawrence Livermore, durante la conferenza stampa di martedì. «Non sessant’anni, non credo. Non credo cinque decenni, che è quello che dicevamo. Penso che stia passando in primo piano e probabilmente, con sforzi e investimenti concertati, alcuni decenni di ricerca sulle tecnologie sottostanti potrebbero metterci nella posizione di costruire una centrale elettrica”.

Quindi, meno di cinquanta ma più di dieci anni.

Concludendo

Come spiegano i divulgatori di N&R sul loro sito c’è tanto materiale per approfondire, partendo dall’ABC per arrivare ai video e alle live sul loro canale YouTube. 

Per non farci mancare nulla vi linkiamo anche un lungo post dell’Avvocato dell’Atomo, Luca Romano, che ha approfondito a sua volta la questione fusione nucleare.

redazione at butac punto it

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