Il manuale sicurezza e la truffa

Stamattina apro negozio e dopo una decina di minuti mi squilla il telefono, numero sconosciuto, ma rispondo comunque. Dall’altro capo del telefono una voce ferma mi dice:

“Sono Rizzi, dal Sindacato di Polizia, posso parlare col titolare?”

Vi riporto il breve dialogo che c’è stato:

Io: “Sono uno dei titolari, mi dica in cosa posso esserle utile.”

Rizzi: “Quindi lei è un titolare? Io la chiamo in collaborazione con il Sindacato di Polizia.”

Io: “Sì sono uno dei soci, mi dica cosa posso fare per lei signor Rizzi.”

Rizzi: “Signor Coltelli, la chiamo perché siamo in consegna con il Manuale della sicurezza realizzato insieme al Sindacato di Polizia, immagino lei lo conosca già visto il lavoro che fa, sarà buon amico delle forze dell’ordine, per ricevere il manuale basta che…”

Io, interrompendolo: “Oh che coincidenza, sono qui con il vicecommissario Rossi per una stima di oggetti trafugati.”

Rizzi: tu tu tu tu tu tu tu tu tu tu tu tu

Lo so, sembra impossibile ma nel 2022 è ancora pieno di truffe simili, dove con l’aiuto di un po’ di psicologia applicata riescono a convincere l’acquirente a comperare qualcosa di inutile per farsi amica la Polizia, o la Guardia di Finanza, o i Carabinieri ecc. E vi posso assicurare ogni anno ricevo almeno due telefonate simili, segno che esiste un bacino di persone che ci casca costantemente. Come sanno alcuni dei lettori di BUTAC ho un’attività commerciale che ha una sua storia, tra dodici anni festeggiamo i duecento anni di attività, sia mio nonno che mio padre mi hanno raccontato che questo genere di truffa ha cominciato a circolare dagli anni Settanta, più di cinquant’anni fa. E in cinquant’anni non voglio pensare a quanta gente ci sia cascata.

Il giochino è semplicissimo: una telefonata in cui viene offerto un abbonamento a una rivista dedicata a uno dei tanti corpi di polizia italiani, o appunto un “manuale sulla sicurezza”, o magari un calendario delle forze dell’ordine… una volta mi fu persino offerto di comperare un adesivo di “amico della polizia” cercando di convincermi che con quello sulla vetrina i ladri ci avrebbero pensato due volte prima di tentare la rapina. Le telefonate danno sempre a intendere che si stia parlando con un rappresentante dell’Autorità, e che negare l’acquisto ci metta in cattiva luce di fronte alle forze dell’ordine, causando magari problemi alla nostra attività. Una volta che diciamo sè è come quando autorizziamo un contratto telefonico. Oltretutto spesso quando l’utente a posteriori si rende conto di esser stato truffato se ne vergogna e difficilmente denuncia. Anche perché la cifra carpita di solito è nell’ordine di qualche centinaio di euro.

La telefonata è sempre molto veloce, vogliono strappare un sì in poco tempo, prima che ci fermiamo a riflettere. So di averne già parlato qui su BUTAC, ma continuerò a farlo finché potrò, specie per tentare di raccontarvi ogni volta come si è svolta la tentata truffa, sperando che prima o poi questa gentaglia si estingua del tutto (ma ci conto poco).

Non essendoci mai cascati, né io né i miei, non posso raccontare cosa succeda dopo che viene accettato l’abbonamento/consegna, ma basta cercare nella cronaca, specie sui quotidiani locali, per trovare i racconti di tanti che negli anni invece si sono fatti convincere e truffare. Sul Giornale Trentino, nel 2019, riportavano il caso di una dottoressa che, pur avendo immaginato l’imbroglio, ha scelto di andare avanti per poter denunciare gli autori della truffa:

Il medico è insospettito ma sta al gioco: vuole vederci chiaro. Così asseconda l’interlocutore e gli fornisce l’indirizzo. Nel pomeriggio, rapidissima, la mail arriva: lo scrivente spiega i termini dell’accordo e fornisce un codice Iban dove accreditare la somma richiesta. Il nome della dottoressa trentina (e qui sorgono altri dubbi) però è vistosamente sbagliato: il mittente deve averlo ricavato dall’indirizzo email, che ricorreva ad abbreviazioni del cognome. Per il resto, lo stile sembra credibile: il credito viene vantato da una azienda, diversa dalla prima, che si dice autorizzata alla riscossione su scala nazionale. Gli accorgimenti per fare cadere nella rete la vittima di turno sono piuttosto ben congegnati: prima la telefonata del sedicente vicecancelliere, poi l’email con codice Iban. Nel caso della dottoressa trentina però non funzionano. Una verifica al centralino dell’azienda che dice di vantare il credito le permette di scoprire che il numero è inesistente e ulteriori controlli su internet (con l’aiuto del figlio) fanno venire a galla una maxitruffa che a fine marzo del 2017 aveva visto 4 arresti e 25 indagati nel Milanese. Persone (risultate titolari di alcuni call center) che per mettere a segno i loro colpi arrivavano anche a spacciarsi per magistrati usando nomi di prestigio come quello di Ilda Boccassini. E che non esitavano a intimidire le loro vittime, soprattutto anziani, con minacce più o meno esplicite. Tra loro un imprenditore, che era arrivato a sborsare 165 mila euro.

La conclusione dell’articolo sul Giornale Trentino però mi fa sorridere:

Ciò che sorprende è che due anni dopo la stessa truffa (ignoti gli autori) sia ancora in atto.

Non sono due anni, ma più di cinquanta, che vanno avanti truffe simili, e la gente continua imperterrita a cascarci. Guarda caso pure la polizia di stato ha dovuto correre ai ripari con volantini come questo:

Non credo di poter aggiungere altro.

maicolengel at butac punto it

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