#NataleAdAltoImpatto: come scegliere bene a chi donare

Il tuo cuore non basta. Alcuni miti della beneficenza emotiva, smontati

Il Natale è il momento in cui l’emozione si impenna e il portafoglio si apre, spesso con la stessa leggerezza. In tanti di noi questo periodo porta con sé un desiderio quasi viscerale di fare del bene, di restituire qualcosa o di dare un senso più profondo a quel turbinio di luci e shopping che ci travolge. 

Il problema è che spesso doniamo di pancia. Siamo guidati dalla commozione per la pubblicità strappalacrime o dalla fiducia nel nome più noto, senza applicare alcun filtro di pensiero critico o verifica dei fatti. Un po’ come credere al primo titolo sensazionalistico che si legge, senza cliccare per controllare le fonti. 

L’idea guida, invece, è semplice ma radicale: ogni euro può fare moltissimo – oppure pochissimo – a seconda di come viene impiegato. 

Ecco perché non ha senso accontentarsi di un generico gesto di generosità. L’obiettivo deve essere quello di puntare a un “Natale ad alto impatto”: una scelta informata, basata sui dati e sui risultati, non sull’illusione. 

Diciamocelo chiaramente: non tutte le organizzazioni ottengono gli stessi risultati con le stesse risorse. Anzi, la forbice è enorme e, se l’obiettivo è massimizzare il bene che facciamo, bisogna tenere presente che la buona fede non basta. Questo ovviamente senza voler screditare le organizzazioni meno “efficaci”, che fanno un lavoro meritorio e a volte indispensabile; ma qui cerchiamo di fornire qualche consiglio a chi non sa a chi rivolgere la sua donazione e si chiede se ci sia un metodo di valutazione basato su fatti e dati.

Come spiega Fondazione Benefficienza, esistono enti che hanno un impatto anche 100 volte maggiore della media. La differenza non la fa la dimensione, né la notorietà del logo, ma il rapporto costo-efficacia. Non è solo quanto spendi, ma quanto beneficio ne ricavi: si misura nel rapporto tra il beneficio reale prodotto e le risorse spese. 

Donare in modo casuale o “col cuore” non basta, specialmente se consideriamo le fatiche economiche che molti di noi affrontano. La scelta dell’ente giusto non è un dettaglio, ma l’atto che moltiplica esponenzialmente il bene che possiamo fare. Per scegliere bene, però, dobbiamo smontare alcuni falsi miti della beneficenza. 

Donare vicino a casa

C’è chi pensa che sia “molto meglio donare vicino a casa”. Sicuramente aiutare il nostro quartiere è un atto tangibile ma, se il nostro obiettivo è massimizzare l’impatto, bisogna tenere in considerazione che nei Paesi a basso reddito, con le stesse risorse, possiamo avere un impatto positivo enormemente superiore in termini di vite protette od opportunità create, un effetto che non è minimamente paragonabile a quello che puoi ottenere nel nostro Paese.

Affidabilità = efficacia?

Altro mito diffuso è quello per cui le ONG famose sono le più affidabili. Ma affidabilità non è sempre sinonimo di efficacia. Spesso queste sono organizzazioni estremamente complesse, con un vasto numero di programmi, e quando questi programmi non sono costo-efficaci, l’impatto medio dell’organizzazione inevitabilmente ne risente. 

Meglio donare durante un’emergenza?

Purtroppo però i miti sulla beneficenza non finiscono qui. Molti credono sia meglio donare quando c’è un’emergenza. Sicuramente fatti catastrofici, guerre, alluvioni attirano l’attenzione, ma proprio a causa dell’urgenza e delle pressioni i fondi rischiano di essere usati in modo disorganizzato o ridondante. Un sostegno costante, basato sulla prevenzione, è invece più efficace di una donazione last minute perché consente un lavoro più approfondito e costante sul territorio.

Basta guardare i costi di struttura?

C’è poi l’illusione che per essere sicuri della bontà di un ente bastiguardare i costi di struttura. Ma è essenziale tenere in considerazione il fatto che un’organizzazione ha bisogno di staff qualificato, di uffici, di controlli e di report. Le spese di gestione non sono necessariamente un male, semmai sono l’indice di un ente serio e capace di rendicontare. Tuttavia, è sempre bene ricordare che costi di struttura non dicono nulla sull’effettivo impatto generato dall’organizzazione, questo quindi non li rende un termometro per decidere dove donare.

Puoi donare a quel bambino o quella famiglia?

Infine, l’illusione più emotiva, quella per cui “la donazione di un soggetto supporta una specifica persona”. Una realtà acuita dal mito dell’adozione a distanza. L’idea che il tuo euro arrivi direttamente a “quel” bambino o a “quella” famiglia è quasi sempre falsa. Nella maggior parte dei casi, i fondi vengono aggregati per finanziare progetti collettivi come ad esempio vaccinazioni, scuole, infrastrutture. Non c’è quasi mai un legame diretto, e credere il contrario illude il donatore invece di educarlo. 

Un metodo basato sui dati

Ok, smontati i miti, come ci orientiamo tra un numero così elevato di organizzazioni in Italia e in tutto il mondo? Serve un metodo oggettivo e, soprattutto, basato sui dati. 

La chiave di volta è seguire la metodologia del movimento delleffective altruism, a cui anche Fondazione Benefficienza si ispira. Non è beneficenza, è scienza della beneficenza. Anche un premio Nobel per l’Economia come Michael Kremer e numerosi scienziati e accademici hanno firmato una lettera aperta in cui invitano il pubblico a donare in modo efficace e ragionato. 

Per orientarsi, ci sono quattro criteri chiave da verificare: le prove di efficacia (l’ente misura e comunica l’impatto reale? Non “quanto abbiamo speso,” ma “cosa abbiamo ottenuto”), la trasparenza (pubblica report, bilanci e dati verificabili?), il costo per risultato (quanto costa ottenere un effetto concreto?) e, infine, sostenibilità e governance (l’ente ha una gestione indipendente, con fondi ben allocati e controlli interni solidi?). Fondazioni ed ETS come Benefficienza si occupano proprio di selezionare e monitorare solo gli enti che rispettano questi standard. 

Anche il linguaggio conta

In questo quadro è essenziale aggiungere però che la trasparenza non si misura solo nei numeri: anche il linguaggio conta. Quante volte abbiamo visto slogan emotivi, ma imprecisi, come “con 5 euro salvi una vita”?

Questo è un problema etico, perché rappresenta una semplificazione fuorviante. La fiducia nasce dalla coerenza tra parole e dati. Ecco perché è preferibile dire “con 5 euro proteggi due persone dal rischio malaria per due anni”, piuttosto che “con 5 euro salvi due vite”. In questo modo si educano le persone senza necessariamente illuderle. 

A Natale poi si moltiplicano i regali solidali: panettoni, braccialetti, candele che promettono di trasformare un acquisto in un gesto di generosità. E noi siamo felici di farli, ci sembrano utili, pieni di significato e ci tolgono dall’imbarazzo di non sapere cosa regalare a quello zio che non conosciamo benissimo o al nuovo fidanzato di nostra sorella. 

Il problema è che spesso il marketing amplifica l’impatto percepito, lasciando intendere che l’intero prezzo sostenga la causa. La realtà è che l’impatto netto effettivo sul progetto può essere molto ridotto. 

Esempi classici sono l’acquisto di “un braccialetto per la ricerca”. È fondamentale chiedersi: se gran parte del costo finale è assorbita dalla produzione, dal marketing e dalla spedizione del gadget, qual è l’impatto reale che ottiene la causa? Senza dati chiari sulla quota donata, il rischio è che la nostra generosità venga usata come mero slogan pubblicitario.

Quindi, dobbiamo evitare questi oggetti a tutti i costi? Non necessariamente. Se vuoi fare un regalo solidale che abbia un senso, devi verificare però tre criteri essenziali: la chiarezza sulla quota effettivamente donata, il progetto collegato a un ente valutato e trasparente e una comunicazione realistica, non miracolistica. Un regalo può fare effettivamente del bene e rendere felice tua nonna, ma solo se la generosità non è usata solo come slogan.

#NataleAdAltoImpatto: Against Malaria Foundation

Per capire di cosa parliamo quando parliamo di alto impatto, troviamo l’esempio perfetto in Against Malaria Foundation (AMF). 

AMF distribuisce zanzariere trattate con insetticida per proteggere milioni di persone in aree a rischio malaria. È considerata tra le più efficaci al mondo per una serie di ragioni: il suo impatto è misurabile con dati epidemiologici, garantisce una trasparenza totale sui fondi ricevuti e spesi e una rendicontazione pubblica e verificabile. Non a caso, l’organizzazione è consigliata da Benefficienza proprio per il suo altissimo rapporto costo-efficacia. 

Donare con il cuore è umano e bello. Ma donare con consapevolezza e rigore secondo noi è ancora meglio, perché moltiplica il bene che possiamo fare in modo esponenziale. 

Per questo, noi di BUTAC abbiamo deciso di aderire e sostenere la campagna #NataleAdAltoImpatto promossa dalla Fondazione Benefficienza. Vi invitiamo a fare come facciamo sempre: verificare. Sul sito di Benefficienza è possibile scoprire come vengono selezionati gli enti più efficaci e partecipare alla campagna: ogni euro destinato ad AMF è un piccolo gesto che fa una grande – e verificabile – differenza. Donando tramite il nostro link, potrai non solo massimizzare l’impatto della tua donazione, ma anche vedere in tempo reale quanti dei nostri follower hanno scelto di donare con rigore. 

Scegliamo di donare bene, non sono di donare. 

Redazione BUTAC