L’editoriale di fine anno
Anche questo dicembre, qualche riflessione per chiudere il nostro anno

Questa fine anno per me è stata tutta un po’ in salita, per qualche problema di salute che mi ha accompagnato già da prima di Natale. Per questo avete trovato meno articoli del solito: avevo decisamente bisogno di una pausa per ricaricare le batterie. Pausa che probabilmente durerà ancora qualche giorno, visto che sono in convalescenza e sotto antibiotici.
Ma anche così sentivo il bisogno di chiudere l’anno con qualche considerazione, nata più dai social e dalle interazioni fuori dal blog che dagli articoli veri e propri.
Parliamo di scienza e di divulgazione scientifica. Negli anni BUTAC si è fatto molti amici in quel campo: persone che, per passione, cercano nuovi modi per spiegare ciò che semplice non è. Amici che passano le giornate a produrre contenuti pensati per portare nelle case di tutti quel minimo di cultura scientifica che dovrebbe difenderci da un futuro distopico. Un futuro che invece stiamo vedendo prendere forma negli Stati Uniti, dove un’amministrazione più creazionista che altro sta riportando in auge la demonizzazione della scienza a favore della pseudoscienza.
Il cenone di Natale, però, mi ha dimostrato che il problema è ormai diffuso anche da noi. Non ho mai avuto una famiglia antiscienza, eppure quest’anno a tavola ho sentito frasi come:
“Il mio amico farmacista mi ha detto che… e io mi fido, non ha motivo di mentirmi”
“Eh ma i vaccini anti-COVID oggi sappiamo che danni hanno fatto”
“Sono sordo per colpa degli antibiotici”
“Ma poi è vero che c’è il cambiamento climatico? Hai sentito che freddo?”
Frasi che, se fossi stato bene, avrebbero generato domande. Domande che non ho fatto, perché non ero nelle condizioni di sostenere una discussione animata con persone a cui voglio bene. Ma erano frasi che solo tre Natali fa nessuno dei miei parenti avrebbe pronunciato. E invece, complice un sistema mediatico sempre più piegato al sensazionalismo e alla pseudoinformazione, anche chi fino a pochi anni fa era convinto sostenitore della scienza oggi ha iniziato a vacillare.
La cosa che mi ha lasciato più allibito non è stata tanto che quelle frasi venissero pronunciate, ma il silenzio accondiscendente che le ha accolte. Senza parlare apertamente di complotti, sia mai: “No no, non siamo mica come i terrapiattisti eh, ma anche la storia della famiglia nel bosco dimostra come le cose non stiano come ci raccontano…” e tutti ad annuire.
Convinzioni dette con tono pacato. Non sussurrate con imbarazzo, né urlate per dimostrare di avere ragione. No, dette normalmente. Perché tanto “è sotto gli occhi di tutti quanto la scienza non sia affidabile”.
Questo cosa ci racconta? Che la pseudoscienza non arriva quasi mai urlando. Arriva con la voce dell’amico fidato, del professionista “che non avrebbe motivo di mentire”, del servizio visto distrattamente in TV mentre si sparecchia. Arriva come rassicurazione, non come provocazione. E quando arriva così, attecchisce.
È stato in quel momento che ho realizzato che una parte della guerra ibrida, quella di cui parliamo da tempo su BUTAC, la stiamo perdendo alla grande.
Poco prima di Natale avevo pubblicato un post sui social, questo:
Una cosa che pochi sanno è che molta pseudoscienza è figlia diretta della propaganda.
Perché? Perché nei Paesi dove il sistema sanitario è carente lo Stato spesso evita di contrastare i ciarlatani. A volte li tollera, altre li legittima apertamente.
E così spuntano la magica ambra baltica che “cura” la dentizione e le stramaledette grotte di sale, che non curano nulla e al massimo aiutano a scambiarsi influenze e bronchiti come figurine. Risultato: lo Stato se ne lava le mani e voi, grazie all’effetto placebo, siete convinti di esservi presi cura della vostra salute.
Nel frattempo vi martellano con l’idea che la medicina e la scienza “ufficiali” non bastino. E meno fiducia avete nella scienza, meno fiducia avete nelle istituzioni. Che guarda caso è uno degli obiettivi centrali della guerra ibrida.
Contrastare le troppe pseudoscienze che affollano il nostro Paese non è un dettaglio. Dovrebbe essere una priorità.
Ecco io credo che nel 2026 – se non vogliamo davvero consegnare il Paese nelle mani dei peggiori ciarlatani – dovremmo ripartire da qui, dalla consapevolezza che la maggior parte della pseudoscienza che ci sta invadendo non è un incidente di percorso, ma un sottoprodotto funzionale alle strategie portate avanti da chi ci vuole deboli e impreparati. Quando abitui le persone all’idea che la medicina ufficiale non basti, che la scienza sia incompleta, corrotta o sospetta, stai facendo molto più che promuovere una pseudoterapia. Stai erodendo fiducia. E una società che non si fida più della scienza è una società che non si fida più delle istituzioni. Questo non è un effetto collaterale, bensì un obiettivo.
E qui arriva un altro aneddoto. Sotto le feste BUTAC ha pubblicato sui social un video breve dedicato a una bufala che gira da così tanto tempo che la prima volta che l’abbiamo trattata ancora nemmeno avevamo un blog, la solita storiella di acqua e limone che assunti di prima mattina farebbero benissimo. Un reel apparentemente innocuo, sotto il quale invece sono arrivati una quantità sorprendente di commenti in difesa della pseudoscienza. Nulla di nuovo, qualche appassionato di acqua e limone l’abbiamo sempre incontrato sul nostro percorso, ma in questo caso sembravano più difese automatiche, generate da profili vuoti, recenti, senza storia, o peggio, da profili apertamente legati a posizioni filorusse.
Sotto il mio post social sulle pseudoscienze qualcuno ha avanzato dubbi sulla mia convinzione che la pseduoscienza sia figlia anche di questa specifica propaganda. Beh, non è che sia solo una mia convinzione, nel 2021 ad esempio su PLOS Biology è stato pubblicato un articolo dal titolo:
Anti-science kills: From Soviet embrace of pseudoscience to accelerated attacks on US biomedicine
Che tradotto:
L’antiscienza uccide: dall’abbraccio sovietico alla pseudoscienza agli attacchi accelerati alla biomedicina statunitense
L’autore, Peter J. Hotez, parte dal presupposto che la crescente diffidenza verso pratiche scientifiche consolidate (come l’uso delle mascherine durante la pandemia) non sia dovuta solo a ignoranza e analfabetismo funzionale. Secondo l’articolo, questa sfiducia è alimentata da tre grandi dinamiche interconnesse:
- Movimenti di cosiddetta “libertà medica” negli USA che promuovono l’idea che le misure sanitarie pubbliche siano una violazione delle libertà individuali (vi dice qualcosa? Spero di sì, perché movimenti identici, anche legati a specifici partiti politici, sono arrivati anche da noi). Queste narrative mettono in dubbio interventi scientifici comprovati con argomentazioni ideologiche più che basate su evidenze.
- Disinformazione orchestrata, inclusi attori stranieri come campagne filorusse e altre fonti esterne, che sfruttano temi sanitari e scientifici per erodere la fiducia nelle istituzioni. Le false narrazioni non parlano solo di politica o economia come molti pensano: si infilano nei discorsi legati alla salute e al benessere proprio perché lì trovano terreno fertile (e anche qui pensiamo ad esempio a quanta disinformazione è stata fatta parlando della “famiglia nel bosco” solo nelle ultime settimane).
- Legami con estremismi e gruppi marginali che amplificano questi messaggi anti-scienza con la retorica del sospetto, suggerendo che la “scienza ufficiale” sia inaffidabile, corrotta o parte di un complotto (e quelli sono appunto quelli che sono arrivati a commentare il nostro reel acqua e limone).
Il punto è semplice: la pseudoscienza non è solo una teoria bislacca vista in TV. È un cavallo di Troia perfetto. Non divide come la politica, non spaventa come la guerra, ma entra nelle case parlando di raffreddori, bambini e “morti improvvise”.
E arriviamo al cuore della questione. È urgente capire perché persone che fino a pochi anni fa non avrebbero mai messo in discussione vaccini, antibiotici o cambiamento climatico oggi lo facciano con disarmante tranquillità. Forse sbaglio a pensare di non essere “all’altezza” di certi contesti accademici della divulgazione. Perché quello che vedo ogni giorno, dalla mia finestra sulla disinformazione, è che qualcosa nel modo in cui comunichiamo la scienza e nel modo in cui i media la trattano si è rotto. E va riparato in fretta. Non solo per tutelare la salute delle persone, ma per contrastare chi ci ha dichiarato guerra.
Ecco, l’editoriale di fine anno a me è servito per ricordarmi perché sono ancora qui, perché credo valga ancora la pena perdere tempo a spiegare che no, il freddo non smentisce il cambiamento climatico e che “me l’ha detto un amico farmacista” non è una fonte.
Anche stanco, anche con la febbre, anche quando a tavola sono l’unico a storcere il naso.
A voi che siete arrivati fino a qui: GRAZIE!
maicolengel at butac punto it
Se ti è piaciuto l’articolo, sostienici su Patreon o su PayPal! Può bastare anche il costo di un caffè!
Un altro modo per sostenerci è acquistare uno dei libri consigliati sulla nostra pagina Amazon, la trovi qui.
BUTAC vi aspetta anche su Telegram con il canale con tutti gli aggiornamenti e il gruppo di discussione, segnalazione e quattro chiacchiere con la nostra community.