Interruzione di gravidanza e obiettori di coscienza

Purtroppo come avete notato BUTAC è stato fermo per qualche giorno, l’incontro a Montecitorio mi ha tenuto lontano dal pc per oltre 48 ore, e qui ci siamo un po’ bloccati. Le segnalazioni purtroppo (o per fortuna) non si sono fermate. Le due che mi avete segnalato di più sono di quelle che non avrei ritenuto necessario sbufalare visto che tutta la stampa ne ha parlato in termini più o meno corretti, ma evidentemente non leggete molto i giornali o amate sfidarci perché convinti che non tratteremo gli argomenti.

[message_box title=”NOTIZIA” color=”red”] Respinta da 23 ospedali per fare un aborto, l’intervento della CGIL sblocca il tutto. [/message_box]

[message_box title=”FATTI” color=”green”]Le indagini dei NAS non riscontrano alcuna violazione della legge 194.[/message_box]

interruzione

Questa ritengo sia abbastanza importante chiarirla, perché l’enfasi che ho visto usare da tante testate non è proprio quella corretta, non lo era nemmeno all’inizio, ma fare un po’ di precisazioni credo sia importante. Tutti partono da dichiarazioni ricavate da articoli di giornale, la donna in questione è anonima e anche io per parlare dei fatti devo basare le ricostruzioni sui testi pubblicati da tante testate giornalistiche nazionali.

A marzo 2017 fece scalpore questa notizia, raccontata qui nelle parole de La Repubblica:

… l’odissea di una donna di 41 padovana, che nel dicembre scorso per abortire si è rivolta a 23 ospedali del nordest, e ogni volta, ha ricevuto una risposta negativa. ‘No’ per l’obiezione di coscienza, ‘no’ per burocrazia. ‘No’ perché si avvicinano le vacanze di Natale. Un giro iniziato dall’ospedale di Padova, che infine è ripassato dal via. Ventitre no dopo, la donna è tornata nello stesso ospedale da cui era partita proprio grazie all’interessamento della Cgil.

Fonte della notizia per tutte le testate giornalistiche era una sola, il Gazzettino, che aveva riportato un’intervista fatta alla donna (o a dei consiglieri CGIL del Veneto, non è chiarissimo).

Libera professionista, già madre di due figli, come ha raccontato in un’intervista al Gazzettino uscita solo ieri, non voleva un terzo figlio e nonostante le precauzioni per non rimanere incinta, si è accorta a dicembre di aspettarne un altro. Giulia è al secondo mese abbondante. “Mai e poi mai mi sarei aspettata una nuova gravidanza. Non doveva succedere. Ho iniziato a fare qualche telefonata, inizialmente mi sono mossa pensando fosse relativamente semplice, contattando il mio ginecologo, l’ospedale di Padova. Mi sono accorta subito che tentennavano, da lì è iniziata un’odissea”.

Durante la settimana scorsa però le indagini dei NAS non hanno riscontrato elementi per procedere. Così riportava Il Mattino che aveva anche lui lanciato la notizia a marzo:

Ma le indagini condotte dai carabinieri del Nas non hanno riscontrato alcuna violazione della legge 194. Era il 15 dicembre del 2015, quando la 41enne si è rivolta a un consultorio per abortire. Da qui è stata mandata all’Azienda ospedaliera di Padova, dove il 23 dicembre è stata sottoposta a una visita ginecologica e le è stata fissata la data per l’IGV il 12 gennaio del 2016. Ed è a questo punto che la donna ha effettuato 23 telefonate (non ha contattato 23 centri come da lei dichiarato) in una decina di ospedali per cercare di ridurre i tempi per abortire. Ma alla fine la padovana, sposata e madre di due figli, il 12 gennaio dell’anno scorso si è sottoposta, come previsto, all’IGV in Azienda ospedaliera a Padova

Vorrei che venisse fatta una riflessione, che invece manca in quasi tutti gli articoli che ho letto. I fatti mi sembrano abbastanza chiari: una donna incinta ha chiesto di fare un IGV (anche se io sapevo l’acronimo essere IVG) a inizio dicembre, le è stato dato appuntamento 28 giorni dopo, al limite del tempo possibile per praticare l’IVG. La donna nel frattempo, probabilmente preoccupata da eventuali inconvenienti, ha cercato per 23 volte di trovare una data precedente ma senza successo, le  scusanti sono state varie, la donna se ne è lamentata fino a che è arrivata la data fissata. È possibile che la notizia sia stata usata in maniera sensazionalistica fin dall’inizio? Può essere, non avendo le generalità della donna in questione non possiamo sapere se il dettaglio dei 23 ospedali/chiamate sia stato detto veramente o sia frutto di qui pro quo, sappiamo bene che può succedere, rilasciare un’intervista a voce senza verifica prima della pubblicazione può essere rischioso.

Mi dispiace perché alla falsità della notizia è stata molta evidenza, con tantissime testate che attaccano al grido di NOTIZIA FALSA, senza che nessuno provi a fare un po’ di giornalismo vero, si riportano solo le parole del responsabile dell’ASL che ha, ovviamente, tutto l’interesse di difendere le strutture di sua competenza. Io non vorrei essere nei panni della donna (per fortuna anonima) per come viene trattata dai giornali, forse solo per colpa di un passaparola tra attori in gioco senza alcuna verifica successiva.

Non ritengo sia necessario aggiungere altro, la denuncia sull’episodio era errata, occorreva fare chiarezza.
maicolengel at butac punto it
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